Legge 194: il diritto all’aborto è libertà e deve essere sempre difeso?
La legge sull’aborto, anche 40 anni dopo, continua ancora a dividere. Da un lato il Movimento “ProVita”, dall’altro coloro che ritengono l’interruzione di gravidanza un diritto imprescindibile oltre che una grande conquista delle donne
Era il 2017 quando il Comitato per i diritti umani dell’ONU esternava preoccupazione “sia per le difficoltà di accesso agli aborti legali in Italia a causa dell’alto numero di medici che si rifiutano di praticare interruzione di gravidanza per motivi di coscienza“, quanto per “il numero significativo di aborti clandestini“.
Un anno dopo, la situazione sembra non essere cambiata. il nostro Paese continua a violare il diritto alla salute di molte donne e a dividersi sulla stessa legge 194. Con la quale, si pose fine alla pratica dell’aborto clandestino e alle inevitabili discriminazioni sociali ed economiche. Prima della legge in questione, infatti, le donne con maggiori possibilità economiche potevano rivolgersi a dei medici, chiamati “cucchiai d’oro” (che facevano pagare eccessive parcelle cliniche per l’intervento), o a cliniche oltre confine. Le meno ricche, invece, non avevano altra scelta che mettersi nelle mani delle “mammane“.
“Una legge importante che ha salvato la vita a tante donne e che dobbiamo difendere“, ha affermato Laura Boldrini, ex Presidente della Camera e deputata Leu. In risposta ai movimenti “ProVita” che ne chiedono l’abrogazione definendola la “norma dell’inganno“. “Io ho firmato l’appello Save194 e spero che lo facciano tante e tanti parlamentari di ogni schieramento politico“, ha, inoltre, aggiunto Boldrini su Twitter. Oggi, tutto sembra indicare che si stia vivendo un periodo decisamente buio, sia a livello politico che sociale.La recente scelta del Consiglio comunale di fare di Verona la “città della vita” sembra essere l’ennesimo segnale.
Con 21 voti a favore e 6 contro, infatti, è stata approvata fa la mozione 434 con la quale sarà possibile finanziare associazioni cattoliche a scopo di lucro che hanno come obiettivo quello di promuovere iniziative contro l’aborto. Inoltre la maggioranza ha cercato, senza successo, di far mettere all’ordine del giorno l’altra mozione che prevede la sepoltura automatica dei feti abortiti anche contro la volontà della donna coinvolta. Le “ancelle” presenti alla protestare sono state sgomberate dall’aula e una cinquantina di persone sono state a lungo trattenute nell’androne del consiglio comunale prima che gli venissero restituiti i documenti.
Il testo, infine, formalizza un servizio per l’adozione prenatale a distanza di madri in difficoltà, tentate di non accogliere il proprio bambino. Il progetto Chiara pensato, invece, per le mamme disagiate e quello nominato Culla Segreta per favorire adozioni in anonimato dei bambini che altrimenti verrebbero abortiti. A seguito della decisione presa dal Consiglio comunale della città scaligera “Non una di meno” ha organizzato una manifestazione a difesa della legge 194 e in segno di protesta contro la mozione anti-aborto.
Un breve excursus storico
Il dibattito politico per rendere legale l’aborto inizia nel 1971. Il 22 maggio 1978, la legge 194 viene approvata dal Parlamento dopo molti anni di mobilitazioni e lotte sociali, politiche ed etiche, da parte del Partito Radicale e del CISA (Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto). L’idea, in quel periodo, era contrastare la pratica dell’aborto clandestino creando consultori e organizzando viaggi all’estero, in cliniche inglesi e olandesi in cui alle donne venivano garantiti interventi medici a prezzi contenuti e con mezzi tecnologicamente più evoluti. La vera svolta, però, si avrà solo nel 1976 quando le mobilitazioni e le petizioni (oltre 700.00 firme raccolte) portarono alla depenalizzazione del reato di aborto.
Sottoposta a voto referendario il 17 maggio 1981, viene confermato nuovamente il diritto ad abortire. Come si può leggere in qualsiasi manuale di diritto privato, dal concepimento al terzo mese di gravidanza, a prevalere è l’interesse della donna. Che può determinare, in modo autoresponsabile, il proseguimento della gravidanza tenendo conto del pericolo per la sua salute psichica e/o fisica. Nei primi 90 giorni di gestazione, la legge consente alla donna di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza (ivg) in strutture pubbliche. Tra il quarto e il quinto mese può farlo per motivi di natura terapeutica. Dopo i 90 giorni, vi è una valutazione nel caso concreto di grave pericolo per la vita della donna o di patologie (rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro) che potrebbero determinare un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Nonostante la chiarezza del diritto, in Italia i ginecologi obiettori che non praticano l’ivg prevista dalla legge sono ancora molti, circa il 70%. Come affermano le Nazioni Unite “lo Stato dovrebbe adottare misure necessarie per garantire il libero e tempestivo accesso ai servizi di aborto legale”. Le donne in Italia, però, incontrano notevoli difficoltà nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza. È evidente la violazione del loro diritto alla salute.
È fondamentale ricordare, in questo senso, come nel 1975 il tema della regolamentazione dell’aborto ha ricevuto l’attenzione dei media in seguito all’arresto del Segretario Gianfranco Spadaccia (Partito Radicale), della Segretaria Adele Faccio (CISA) e della militante radicale Emma Bonino, per aver praticato aborti. Negli ultimi anni il testimone è passato nelle mani dell’Associazione Luca Coscioni, in prima linea nella difesa delle libertà civili e che, recentemente, ha realizzato un video tutorial per una corretta informazione sull’ivg. La campagna è in 6 lingue (italiano, arabo, spagnolo, inglese, romeno e francese) ed è diffusa sui social con l’hashtag #LiberaDiScegliere. Fine dell’excursus storico.
Viene, quindi, da chiedersi se quello italiano è davvero uno Stato laico? Inammissibile l’influenza della Chiesa in tema di diritti, e non solo. L’Ordine dei medici di Torino ha scritto a Papa Francesco dopo le sue dichiarazioni in tema di aborto. “Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare? (..) Vi domando: è giusto far fuori una vita umana per risolvere un problema? È giusto affittare un sicario per risolvere un problema?“, ha affermato il pontefice in piazza San Pietro, in cui si sono elevati dei “no” tra i fedeli.
Affermazioni gravi e irrispettose. “Come medici rispettiamo e non giudichiamo ogni decisione delle persone. Alcuni di noi mettono a disposizione la loro professionalità per garantire che la scelta, sempre dolorosa, della donna o delle coppie non sia gravata dall’abbandono dell’assistenza sanitaria. Vogliamo credere che il termine ‘sicari‘ non sia espressione del Suo sentimento nei confronti dei medici e tanto meno di chi è chiamato ad applicare la legge“, ha risposto Guido Giustetto Presidente dell’Ordine dei medici di Torino.
Surreali le dichiarazioni di qualche mese fa, quando, in modo del tutto irragionevole, il Papa ha paragonato l’aborto all’Aktion T4 del nazismo: “Il secolo scorso tutto il mondo era scandalizzato per quello che facevano i nazisti per curare la purezza della razza. Oggi facciamo lo stesso ma con i guanti bianchi: è di moda, abituale, quando in gravidanza si vede che forse il bambino non sta bene: la prima offerta è lo mandiamo via“. “L’omicidio dei bambini, aggiunge Francesco, è figlio della”cultura dello scarto”. Gli attacchi del Papa non sono gli unici provenienti dal mondo ecclesiastico: “Ha più morti innocenti sulla coscienza Totò Riina o Emma Bonino?“, ha scritto su Facebook Don Francesco Pieri. Avrà compreso, in seguito, la gravità delle sue offese?
Giorgia Cecca