Rossana Rossanda, compagna e ragazza del secolo scorso
Una ragazza di 94 anni, di sinistra, europeista e dalla parte degli ultimi. È da Rossana Rossanda che si dovrebbe ripartire
“Sono nata a Pola, in una terra di frontiera. Sono venuta su in una famiglia che aveva un’idea della convivenza non nazionalista. Negli anni Venti e Trenta, prima che me ne andassi via, si parlava tedesco, sloveno, italiano, in una quotidianità plurilingue, ancora priva di tensioni etniche“. Con queste parole, Rossana Rossanda si presenta in un’intervista: classe 1924, allieva del filosofo Antonio Banfi all’Università Statale, nominata da Palmiro Togliatti responsabile della politica culturale del Partito Comunista Italiano e tra i fondatori de “Il Manifesto”.
“Cosa vuole che siano le radici. Non ci penso. La vera identità uno la sceglie, il resto è caos“. Poche parole che ognuno dovrebbe far proprie. Partecipa alla Resistenza da partigiana, ha conosciuto e vissuto il fascismo. Di sinistra e comunista (si iscrive, infatti, al PCI alla fine della Seconda Guerra Mondiale), oggi è molto preoccupata. Certo è che se la sinistra italiana, oggi, vuole ritornare a essere sinistra, deve (ri)partire proprio dai valori tramandati da Rossana. “Io sono stata tra i primi a criticare l’Unione Sovietica e per questo sono stata espulsa dal Pci, insieme agli altri compagni fondatori de ‘Il Manifesto’. Fu un provvedimento giusto perché ormai non eravamo più d’accordo su niente. E poi non cademmo nel vuoto, ma nelle braccia del Movimento in un periodo di grande fermento sociale. Questo non toglie che quell’espulsione fu una delle mie grandi perdite. Tutta la mia vita ne è stata scandita. A cinque anni persi la mia casa di Pola, una bella villa con giardino, perché mio padre, che faceva il notaio e aveva investito tutti i suoi denari nelle cave di pietra istriane, fu travolto dalla crisi del 1929.
La mia vera strada era quella di storica dell’arte, un interesse che mi sembrò totale finché non vinse quello per la politica. Più tardi, nel 1963, mi pesò molto non fare più la funzionaria di partito a Milano ma la parlamentare a Roma. Non era il posto per me. Intanto avevo perso due genitori ancora giovani. Sono una donna del Nord, ho fatto un lavoro da uomo e non mi piace mettere le viscere per terra. Ma non sono fredda, ho sempre frequentato le passioni. E le delusioni.
Sa quando mi vennero i capelli bianchi? Nel 1956, durante l’invasione sovietica dell’Ungheria. Tutta quella vicenda si è coagulata nella mia mente attraverso una foto che mostrava un funzionario impiccato a un fanale, il volto scomposto, e sotto di lui alcuni operai della fabbrica in rivolta che ridevano. Mi dissi: ci odiano. Non i padroni, i nostri ci odiano. Avevo 32 anni e mi ritrovai di colpo sbiancata.
Non sono stata bella e non mi ci sono mai sentita. Del resto i modelli della mia giovinezza erano Greta Garbo e Norma Shearer, mentre io ero grassottella e con i capelli dritti. Due matrimoni. Il primo con Rodolfo, figlio del filosofo Antonio Banfi, mio maestro. Siamo stati sposati vent’anni, un po’ separati in casa ma molto amici. Ora è morto ed è stato un grande dispiacere. Quando avevo 40 anni ho poi incontrato Karol“, ha raccontato in un’intervista. Descritti da Rossana Rossanda come due uomini che le hanno lasciato fare e si aspettavano facesse quello che voleva, Karol era un uomo sopravvissuto alla guerra e a qualche tempo di prigionia: “l’essere sopravvissuto gli ha procurato un senso irreparabile di colpa“, ha raccontato Rossana. Sulle sue spalle, anche la deportazione di sua madre e sua sorella, presenti “al buio della sua memoria, dal momento che sapeva che erano finite ad Auschwitz, ma nient’altro“.
Un “padre all’antica” che, laureatosi a Vienna, parlava latino e greco, e una madre con cui era in sintonia. “(…) Divenni comunista all’insaputa dei miei, soprattutto di mio padre. Quando lo scoprì si rivolse a me con durezza. Gli dissi che l’avrei rifatto cento volte. Avevo un tono cattivo, provocatorio. Mi guardò con stupore. Replicò freddamente: fino a quando non sarai indipendente dimentica il comunismo“, racconta. Nel 1929, la crisi colpì anche la sua famiglia, parte dell’impero austro-ungarico.
Nel 1963, venne eletta alla Camera dei Deputati; nel 1968, invece, pubblicò “L’anno degli studenti“, coloro che, infatti, irruppero sulla scena politica del tempo e ne mutarono l’aspetto ponendo nuove domande e nuovi problemi. Nonostante il parere contrario di Enrico Berlinguer, venne radiata dal PCI dopo il XII Congresso nazionale svoltosi a Bologna (“quando mi hanno escluso, non avevano torto: non ero d’accordo su niente“, ha affermato a proposito).
Con Aldo Natoli, Luciana Castellina, Valentino Parlato, Lucio Magri e Luigi Pintor, Rossana diede vita a “Il Manifesto“, partito e, in seguito, quotidiano con cui si voleva mettere in discussione la cultura politica del PCI e un mezzo per “uscire da sinistra” dallo stalinismo (“non credo di essere stata mai stalinista. Non ho mai calpestato il prossimo“, ha dichiarato). Nel 1972, “Il Manifesto” ottenne lo 0,8% dei voti e si unì al Partito di Unità Proletaria, assieme alle parti di PSIUP e MPL che non confluirono nel PCI o PSI dopo la sconfitta del 1972, creando il PdUP per il Comunismo, di cui fu cofondatrice.
Il 26 novembre 2012 lascerà il giornale per un forte dissenso con il gruppo redazionale: “con il giornale che ho fondato non c’è più dialogo. Non voglio condividere più la responsabilità di quanto viene scritto. Ho diritto di esprimermi dove e quando voglio senza dover partecipare a un progetto politico che non è il mio“. Nonostante l’abbandono della politica attiva, ha continuato a dedicarsi al giornalismo e alla letteratura senza, però, lasciare definitivamente il dibattito politico e le riflessioni sui movimenti femminista/operaio italiani.
A proposito dell’Italia del 2008, ha scritto, con Valentino Parlato, in un editoriale del 6 giugno del medesimo anno: “L’Italia va incontro ai tempi più oscuri da quando è nata la Repubblica. Ha mandato spensieratamente a Palazzo Chigi un governo di fascistoidi, bugiardi e corruttori. Fascistoidi non solo perché siamo il solo Paese in Europa la cui Camera è presieduta da un ex missino e la capitale idem, ma perché il peggio della destra – razzismo, superomismo, arroganza, disprezzo per la democrazia, vaghe idee ma ostili alla Costituzione, populismo, ‘noi tireremo dritto’, balle tipo trecentomila fucili pronti a sparare, il ricatto come metodo dei rapporti – sta dilagando senza fare scandalo, come se un po’ di fascismo quotidiano fosse ovvio e comunque disinnescato. E poi, bugiardi, una cosa dicono oggi e ritirano domani, nella persuasione che basti affermarla due volte ergendo il petto perché sia vera. E corruttore il loro leader, scampato alla giustizia solo in grazia alle prescrizioni perseguite dai suoi avvocati, il più vanesio e ridicolo dei capi di stato del continente – e non è che ne manchino (…)“. Era il 2008 o il 2018?
Rossana Rossanda vive in Francia per molti anni. Una scelta che risale a quando suo marito Karol ha avuto problemi tali che lo hanno bloccato nella vista e nei movimenti. “Dopo essere stata, a torto o a ragione, qualcuno nel proprio Paese, non essere nessuno all’estero dà una grande tranquillità, soprattutto in una fase di grande confusione nelle idee. Del resto, il mio ideale quando ero giovane era di vivere zitta in una biblioteca! Poi ho tenuto centinaia di comizi, ma mai senza una certa angoscia e senza leggere l’esitazione anche sui visi degli ascoltatori. Di questi episodi è seminata tutta la mia Lombardia, anche se pian piano si impara una certa sfacciataggine. In verità, credevo che si potesse cambiare la società e quindi la situazione del Paese. E questo avevo scelto di tentare, il che mi ha permesso di andare abbastanza baldanzosamente a parlare a destra e a sinistra.
Ma gli anni della speranza si sono chiusi nel decennio Ottanta, via via diminuendo, e adesso non saprei onestamente come dire, alle piccole folle di operai o contadini che mi verrebbero forse a sentire, che non è possibile migliorare il mondo senza un grande sforzo di analisi e di cambiamento. Quindi ripararsi nell’essere nessuno è anche una facilitazione“. Quando, nel 2011, ha accompagnato Lucio Magri (da lei descritto come una persona “spaventosamente felice“) in Svizzera per morire volontariamente, ha dichiarato di essere stata rimproverata da molti compagni per i quali significava sostenerne ancora più fortemente la scelta.
“Un’esperienza terribile. Però è una scelta che rispetto, e capisco. Vivere per vivere non ha molto senso. Se non ci fosse Karol non avrei alcun interesse a vivere“, ha confessato, sostenendo che non le pareva decente lasciarlo solo. “(…) non era disposto ad accettare una vita qualsiasi, con il cadere di tutto quello che più gli era stato a cuore. Troppi ex comunisti si rassegnano senza difficoltà a diventare ex democristiani o qualcosa di simile. Lucio aveva investito nella scelta politica tutto e quando ha perduto tutto (anche sul piano degli affetti personali) non ha sopportato di vivere in modo qualunque. E, perché no?, io penso che si possa disporre della propria vita. Ne aveva perduto il senso più di quanto sia successo a me“. Prima donna in Italia chiamata da Togliatti a dirigere la Casa della Cultura di Milano, si definisce appartenente alla cultura del secolo scorso che non considera tutta pessima: “(…) è stato il secolo dei fascismi, ma anche quello in cui delle masse hanno messo fuori la testa, fuori per la prima volta“.
Non solo “L’anno degli studenti”, tra i suoi scritti “Un viaggio inutile” (in cui racconta, inviata dal suo partito, il viaggio in Spagna finalizzato alla ricomposizione dei fili dell’opposizione), “Questo corpo che mi abita” (dove il corpo diventa un modo per riflettere sul tempo del declino) e “La ragazza del secolo scorso” (con cui arriva vicina alla vittoria del Premio Strega). Tra le sue conoscenze, Sartre (suo maestro, lo definisce come “un raro caso di francese disponibile, aperto“), Foucault ed Helene (moglie di Louis Althusser). “Sai, Rossana è la donna più intelligente che io abbia mai conosciuto e che ti capiterà di conoscere al mondo, lasciamola lavorare“, ha dichiarato Gabriel García Márquez.
Ritornata in Italia dopo 12 anni, parla di un Paese irriconoscibile e senza spina dorsale: “fa paura vedere cosa sta diventando“. Europeista, ritiene che la sinistra italiana abbia perso l’idea della difesa dei più deboli. “Prima era nel suo DNA. Ora non lo pensa più nessuno”, ha, infatti, affermato. Tra le sinistre valide, guarda a Sanchez e Podemos in Spagna.
Oggi, non sa per chi votare ma è certa che il suo voto alle europee sarà pro Europa e contro i pericoli fascisti: “io il fascismo me lo ricordo bene, perciò mi fa paura“. Colpevolizza, inoltre, la sinistra per l’ascesa al potere della destra salviniana dal momento che ha perso il contatto con il popolo e deluso le speranze. “Di Maio e Salvini sono entrambi populisti, ma in maniera diversa, perché nel governo prevalgono soprattutto le idee del leghista. I Cinquestelle non riesco a prenderli sul serio” e, proprio in questi ultimi, non vi riconosce niente di sinistra considerandoli, inoltre, il niente. Rossana Rossanda, colei che ha fatto e conosciuto la vera sinistra.
Durante il programma televisivo “Propaganda Live“, Diego Bianchi ha trasmesso la straordinaria intervista che ha realizzato a Rossana. In circa 14 minuti, si è analizzata lucidamente la crisi politica e sociale del nostro Paese: “Nessuno fa un esame di se stesso. Nessuno si chiede come siamo arrivati a questo. La sinistra non si interroga o lo fa e non ce lo dice“, ha dichiarato Rossanda.
Una sinistra, la nostra, che di fatto non ha proposto niente di diverso da quello che fa la destra: il PD, ad esempio, ha la colpa di non battersi neanche più per i diritti dei migranti e delle donne. “La legge 194 oggi forse non verrebbe più votata“. Ritiene il decreto approvato da Mattarella come inimmaginabile. “Gli stessi diritti che noi vorremmo per noi non li possiamo dare ai migranti“, ha dichiarato, ritenendolo insopportabile. E ha continuato: “la battuta di Salvini ‘prima gli italiani’ è qualcosa di intollerabile. Perché prima gli italiani? Che cosa hanno di meglio gli italiani? Cosa c’entra con le idee che hanno fatto l’Italia? Il fatto che la sinistra italiana non ha avuto il coraggio di votare lo ius soli è veramente insopportabile. ‘Bisogna essere italiani non solo per essere nati qui’, ma per che cosa allora? Non vorrei andare a frugare e trovare che ci sono le facce ariane e quelle non ariane, cioè ritrovare qualche cosa di molto vecchio“.
Un’importante intervista che termina con un’emozionante riflessione sul termine “compagno”: “caro compagno, è difficile dire questa parola. Non capiscono più in che senso lo dicevamo. È una bella parola ed è un bel rapporto quello fra compagni che è qualcosa di simile e diverso da amici. Amici è una cosa più interiore, compagni è anche la proiezione pubblica, civile di un rapporto in cui si può anche non essere amici ma si conviene di lavorare assieme. E questo è importante, mi pare“.
Ha dichiarato che, “prima di andare – come si usa dire – all’altro mondo”, vorrebbe scrivere una parola di ringraziamento a coloro che ha incontrato e a cui deve di più. Oggi e sempre, siamo noi a ringraziare Rossana Rossanda, immensa compagna.
Giorgia Cecca