Grecia, secolarizzazione della Repubblica più vicina?
Il Paese ellenico si sta preparando a una storica separazione tra Stato e Chiesa: pronto un accordo graduale, che dovrà essere confermato dal Sinodo
Il governo di Alexīs Tsipras potrebbe passare alla storia per aver conseguito la secolarizzazione dello Stato, visto che in questi giorni ha messo le basi per lo scisma con la Chiesa ortodossa, il cui peso sulla res publica è imponente da sempre, sia in termini socio-culturali che economico-finanziari. Il Primo ministro greco e l’arcivescovo di Atene, Geronimo II, hanno stilato un primo programma, da presentare davanti al Santo Sinodo per definitiva approvazione.
Punti chiave dell’accordo riguardano l’uscita di quasi 10 mila tra preti, monaci, vescovi e diaconi dalle casse dello Stato e la ridefinizione della gestione dei beni demaniali: tutti i terreni contesi tra pubblico e gerarchie ecclesiastiche rientreranno in un fondo condiviso ed i profitti ripartiti a metà. Per questa ragione verrà istituito un nuovo Fondo che sarà gestito da un comitato composto da cinque membri composto da due rappresentanti della Chiesa, due rappresentanti statali e un incaricato congiunto.
I preti, che fino ad oggi erano nell’organico dei dipendenti pubblici e ricevevano lo stipendio direttamente dal ministero del tesoro, usciranno dal funzionariato statale e verranno pagati dalla Chiesa. Almeno in questa prima fase, comunque, il governo provvederà ad elargire un sussidio a quest’ultima da dedicare alle retribuzioni, di circa 200 milioni di euro annuali e non variabile rispetto al numero delle unità. Questo accordo mette un primo punto ad una serie di tentativi iniziati nel 1952.
“Quello che abbiamo firmato oggi è un accordo storico”, ha detto a caldo Tsipras. Sulla stessa lunghezza d’onda è stato Geronimo: “È la testimonianza che possiamo arrivare a un’intesa finale con grande rispetto reciproco”.
Eppure, in Grecia, quest’intesa ha lasciato diversi insoddisfatti sia tra i clerici che tra le fila politiche. Anche tra gli esponenti di Syriza, partito del premier, non è mancato chi abbia fatto notare che mentre si mantiene lo stipendio di 10 mila prelati, negli ospedali pubblici il numero di medici sia inferiore. Da parte sua, il clero recrimina per i diversi diritti di cui godeva quando faceva parte della classe funzionaria statale. Contraria anche la Chiesa di Creta, che si è espressa contro l’iniziativa di Governo e clero greci.
Questo passaggio nel rapporto tra Stato e Chiesa rappresenta, evidentemente, una svolta epocale per la Grecia. Svolta che potrebbe avere ulteriori sviluppi. Tuttavia, la religione ortodossa è riconosciuta come predominante, sebbene esista la libertà di culto, ed è seguita dal 90% della popolazione. Non ci saranno cambiamenti, infatti, rispetto alla presenza della pratica religiosa nella sfera sociale: presenza che rimarrà forte. Nelle scuole, ad esempio, la religione continuerà ad essere insegnata e la preghiera praticata quotidianamente, così come crocifissi e immagini sacre non verranno tolti da uffici pubblici e legislativi. Per alcune cariche statali, inoltre, potrà ancora essere richiesto di dichiarare il proprio orientamento religioso (nonostante sia illegale).
La convocazione del Sinodo dovrebbe avvenire questa settimana. Se i punti dell’accordo verranno sostenuti, la Grecia si preparerà ad una riforma Costituzionale per definire la neutralità religiosa della Repubblica.