La Francia alza la testa con i “gilet gialli”
Le fasce più deboli della popolazione francese contestano il presidente Macron per via dei rincari su gasolio e benzina, che indeboliscono il potere d’acquisto
Il secondo atto della mobilitazione dei “gilet gialli”, sabato scorso, ha visto altre 100 mila persone radunarsi in tutta la Francia per barricare strade, rallentare il traffico e creare posti di blocco. A Parigi, sugli Champs Elysèes, sono stati 8 mila gli individui delusi dalla presidenza di Emmanuel Macron che sono tornati a protestare contro l’aumento del prezzo di benzina e diesel e, in generale, contro l’abbassamento del potere d’acquisto che la popolazione francese sta vivendo in questi ultimi anni.
E mentre a Lione, Marsiglia, Montpellier, Lilla e Tolosa le manifestazioni si sono svolte tranquillamente, nella capitale il clima è stato più teso – in virtù della sua vicinanza al nucleo istituzionale e, quindi, politico. In realtà solamente una minoranza si è presentata alla parata violentemente – una minoranza, tra l’altro, di presunti infiltrati – incendiando barricate e suscitando la reazione della polizia che ha risolto la giornata con lacrimogeni e 34 fermati.
La manifestazione dei gilet gialli, i giubbini catarifrangenti da utilizzare dagli automobilisti in caso di incidente, era iniziata sabato 17 novembre. Più di 280 mila persone si erano riversate in strade, superstrade e autostrade rallentando e bloccando la viabilità in oltre 2.000 punti di incontro in Francia. La protesta era andata avanti per tutta la scorsa settimana – anche se con numeri in costante diminuzione – trasformandosi, in alcuni casi, in tragedia: due persone decedute e 700 feriti, oltre 500 i fermi. Gli episodi fatali sono stati, comunque, effetti collaterali dovuti a panico e situazioni di caos – dunque episodi non pianificati o designati contro vittime specifiche. Nel corso dei giorni, inoltre, la protesta ha varcato i confini nazionali per replicarsi anche in Vallonia, la regione francese del vicino Belgio.
Ma chi sono e cosa chiedono i gilet gialli? In questa prima fase si tratta di un movimento spontaneo, nato dal consenso di cittadini di diversa estrazione politica ma proveniente dalla classe media. Non hanno legami partitici e chiedono al Governo di essere ascoltati rispetto alle difficoltà economiche della popolazione, derivate dalle strategie riformiste di Macron e del suo Primo ministro, Eduard Philippe.
I gilet gialli sono espressione della Francia che ha difficoltà ad arrivare a fine mese, la Francia della disoccupazione vissuta in prima persona, in famiglia. La Francia che definisce come proprio nemico le élite politiche ed economiche e, attorno a questo nemico, crea consenso. Un consenso organizzato sui social network, destrutturato, forse, ma diffuso. In strada, il sentimento è di frustrazione e abbandono: pensieri come “Qui non c’è un capo, siamo il Popolo” oppure “Pensa (Macron) più all’Europa che al popolo francese” e “Ci insulta, ci degrada, ci umilia (sempre Macron) sono comuni e frequenti nelle giornate dei “gilet” hanno accompagnato queste giornate.
Il movimento protesta contro la diminuzione del potere di acquisto e quelle che vengono definite le «politiche anti-auto» di Macron. Esplode, quindi, l’indignazione per l’aumento di benzina e gasolio – ma anche contro la decisione di abbassare i limiti di velocità, aumentare i dispositivi per controllarne il rispetto e investire nel finanziamento di auto ibride ed elettriche. Tutte misure, secondo i manifestanti, che peserebbero sulle tasche dei cittadini.
Nell’ultimo anno il prezzo del gasolio era già salito del 23% e quello della benzina del 15%: nonostante questo, per Gennaio 2019 sono previste tasse che faranno aumentare i prezzi di gasolio e benzina rispettivamente di 6,5 e 2,9 centesimi al litro. Sebbene il nuovo piano sia stato presentato dal Governo come facente parte di misure volte ad una conversione ecologica per il trasporto sostenibile, gli effetti economico-finanziari sulla popolazione non sarebbero a basso impatto.
Ulteriori rincari così come la necessità di un acquisto di auto ibride a stretto giro peserebbero soprattutto sulle fasce più deboli. E sui cittadini delle aree rurali, che più di altri si vedono costretti a ricorrere all’automobile nella loro quotidianità – anche a causa della carenza di infrastrutture (una problematica non sentita a Parigi, per esempio). Automobile che non rappresenta più un lusso o un surplus, ma uno strumento necessario. La Francia dei gilet è l’espressione della Francia più debole, quella che non ha trovato posto tra le riforme dell’era Macron.
Sindacati e classe politica, al momento, hanno preso le distanze. Le uniche due parti che hanno sostenuto questa nuova ondata di dissenso sono il “Front National” di Le Pen e la “Francia Ribelle” di Melenchon, due partiti agli antipodi pronti a capitalizzare questo malcontento. E per il Presidente Macron, primo destinatario delle proteste, il commento è poco più che lapidario: “Gli autori degli attacchi si devono vergognare – ha detto lo sabato – nella Repubblica non c’è spazio per la violenza”.
Eppure la Repubblica non può permettersi di liquidare così la realtà dei gilet gialli che, senza un’ideologia specifica ma spinti dall’insoddisfazione, facilmente potranno catalizzare i sentimenti di frustrazione e odio di altri strati della popolazione. Come è già avvenuto altrove.