La Thailandia, l’amore e un viaggio nella Storia. Ecco Papaya Salad di Elisa Macellari
Papaya Salad, graphic novel di Elisa Macellari pubblicata da BAO, è un libro “esotico”, da sbucciare e assaggiare pagina dopo pagina per scoprire una piccola grande storia di resilienza
Sul sito della BAO Papaya Salad viene descritta come una dichiarazione d’amore alla vita. Non potrebbe esserci definizione più calzante per quest’opera prima di Elisa Macellari, illustratrice italo-tailandese che si cimenta con una storia familiare dal carattere agrodolce. Protagonista di questa graphic novel dal retrogusto proustiano è Sompong, prozio dell’autrice che ritrova attraverso il sapore della papaya salad i ricordi di gioventù, conducendo così il lettore in un viaggio a ritroso nel suo passato.
Perché hai scelto una ricetta tradizionale rendendola il fil rouge di tutta la storia?
L’idea è venuta fuori partendo dal concetto sociologico di “salad bowl”, un termine che si usa per indicare una mescolanza di culture che convivono insieme pur mantenendo la propria qualità identitaria. Tropicalizzando l’insalata è nato il titolo della graphic novel. La papaya salad, che è un piatto diffusissimo nel Sud-est asiatico, rappresenta bene questo insieme di ingredienti con sapori molto diversi, dal sapido al dolce, dal piccante all’aspro in un unico piatto. Mi sembra una bella metafora per parlare della vita di Sompong, partito dalla Thailandia e arrivato in Europa all’alba della Seconda guerra mondiale. L’insalata di papaya si prepara con il frutto acerbo, e anche questa è una buona immagine pensando al giovane protagonista che inizia la sua avventura.
Quello che colpisce di Papaya Salad è il suo perfetto equilibrio tra il raccontare una storia intima e famigliare e la Storia mondiale. Come sei riuscita a raggiungere un tale controllo di narrazione e toni e quanto ha influito aver avuto come protagonista un personaggio così positivo, equilibrato e a tratti quasi “zen”?
Il personaggio di Sompong è idealizzato. Lui era il mio prozio, che ho incontrato per la prima volta a quattro anni. Molte parti del suo carattere le ho conosciute, ma tante altre, per esempio quelle nei momenti di sofferenza, non le ho mai viste, quindi posso solo cercare di immaginarle. La sua resilienza è una risposta di sopravvivenza ad una sorte avversa. Ogni volta che sceglie una strada capita qualcosa molto più grande di lui che cambia i suoi piani e diventa la Storia con la esse maiuscola. Nella narrazione diventa un ping pong di eventi in cui Sompong continua a rimbalzare senza mai uscire dal campo. Ho cercato di lasciare sempre aperta la partita.
I colori della graphic novel sono estremamente avvolgenti, con questo rosa / arancio che attraversa le tavole inondandole di una luce quasi magica e regalando davvero la sensazione di star “sbucciando” un frutto esotico pagina dopo pagina. Che tipo di sensazioni volevi trasmettere attraverso l’uso di questi colori così precisi e identificativi della storia?
Volevo proprio che si sentisse il sole tropicale in tutte le pagine. Il protagonista si porta sempre dentro la Thailandia e quel rosa è un colore molto ricorrente nel suo Paese. L’ingrediente che apre ogni capitolo dà il sapore generale sia alla narrazione che a livello cromatico. La prima parte dell’infanzia è in relazione alla papaya acerba, quindi ci sono molti verdi, poi c’è il peperoncino e l’adolescenza di Sompong si riscalda di rosso, l’innamoramento è lo zucchero di palma con un sapore ocra e così via, fino ad arrivare alla salsa di pesce in cui tutto si tinge di un bluastro che ricorda un mare oscuro nel momento di prigionia sulla nave.
Papaya Salad è sì un romanzo famigliare ma, allo stesso tempo, è una bellissima storia di speranza e di fede. Sompong è testimone di alcune delle pagine più nere della Storia contemporanea eppure continua il suo viaggio, come spinto da una fede incrollabile e nella certezza che ci sia sempre un elemento di ineluttabilità nella vita di ognuno di noi. Quanto di ciò è un risultato derivato della religione buddhista, che di fatto poi appare viva più che mai in alcune tavole del libro?
L’atteggiamento di Sompong è comune a molti thailandesi, che poi in effetti sono per la maggior parte buddisti. Se le cose vanno male si accettano nel loro stato presente e si trova sempre una opportunità per tirare fuori qualità non ancora sviluppate. E poi la fede si intreccia con elementi di animismo e superstizione che convivono in tradizioni e folklore ancora oggi molto sentite. Questi due mondi a volte vanno in contraddizione eppure sono la struttura portante della Thailandia.
Il libro è anche un’ode al viaggio, quale mezzo per scoprire se stessi e forse anche riscoprirsi a distanza di anni. La tua dedica iniziale afferma che a prescindere dai venti che ti sospingono, “c’è sempre una buona ragione per viaggiare”. Sompong ha trovato quello cercava alla fine del suo peregrinare? E come si inserisce Papaya Salad nel tuo viaggio personale?
Il viaggio lo intendo in senso molto generico. Siamo tutti in viaggio in qualche modo, alla ricerca di qualcosa, di noi stessi. Basta non rimanere immobili, altrimenti si rischia di sprofondare nelle sabbie mobili. Il viaggio fisico e geografico insegna molto, ci porta a relativizzare il proprio punto di vista e ad aprirsi a nuove possibilità. Sompong è partito con questo pensiero e non so se ha trovato quello che cercava, ma in fondo a volte è più significativo il percorso che la meta. Credo che nella sua esperienza sia stato così. Nella mia vita invece, Papaya Salad è stato un punto di svolta, di cambiamento, una specie di marker. La lavorazione è stata molto intensa sia dal punto di vista professionale che emotivo. Dopo aver concluso il libro sono tornata a Bangkok, nella stessa casa disegnata nel fumetto in cui ancora vive la mia prozia. Alla fine della mia permanenza ho appreso che la prossima volta che tornerò la casa non ci sarà più. L’età avanza e la città sta cambiando. Inizia un nuovo capitolo.
Gli ingredienti della papaya salad e il procedimento sono ben spiegati all’interno del libro ma esiste, come per tutti i piatti, un ingrediente segreto?
Si, l’equilibrio.
Papaya Salad
di Elisa Macellari
BAO, 2018
pp.232, €21