“Sulle spalle” di Nadia Murad c’è un popolo che chiede giustizia
Ad Oslo la consegna del Nobel per la Pace 2018 a Nadia Murad e a Denis Mukwege, nel giorno in cui si celebrano i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani
Nadia Murad è diventata il volto sofferente di una battaglia per la libertà. Quella del suo popolo, gli yazidi, stanziati nel nord dell’Iraq e oggi sparsi per il mondo a causa delle persecuzioni ad opera dell’Isis.
L’incubo inizia nel 2014 quando la città di Sinjar, dove Nadia vive con la sua famiglia, viene depredata e saccheggiata da militanti del sedicente stato islamico. Nadia, dopo un periodo di violenze fisiche e psicologiche riesce a scappare e a rifugiarsi in Germania, non è così però per molti dei suoi parenti e amici che rimangono in quelle terre martoriate. Donne e bambine come schiave sessuali, gli uomini uccisi o resi soldati contro la loro volontà.
Questa storia di dolore e violenza viene portata sul grande schermo dalla regista Alexandria Bombach con il film “Sulle sue spalle“. L’unica arma che Nadia ha e che viene enfatizzata lungo il corso della pellicola è quella della testimonianza diretta di chi ha vissuto gli scempi di un genocidio sul quale il mondo gira lo sguardo.
La giovane donna diventa attivista per necessità e inizia a girare il mondo, dal Canada, alla Grecia sino ad arrivare nei palazzi dell’ONU (di cui per altro diventerà Ambasciatrice) solo con la sua viva voce. I media di tutto il mondo iniziano a interessarsi alla storia, al racconto orale della Murad che con il suo volto scavato dai soprusi non si ferma e continua ad arringare piazza e palazzi del parlamento per cercare di mettere sotto ai riflettori il dramma degli yazidi e per far sì che questa storia non venga messa nel dimenticatoio.
Al suo fianco molti fedeli amici e sostenitori che sorreggono il suo esile corpo e spirito dagli urti provocati dai molteplici racconti in pubblico della sua storia nei quattro anni di battaglia senza sosta (il film ci pone davanti anche il voyeurismo dei media e dei giornalisti che chiedono insistentemente di raccontare gli stupri o le violenze subite come donna). Tra cui Amal Alamuddin Clooney che la sostiene come avvocato e donna.
“Sulle sue spalle” anche contro la volontà di Nadia che sognava di aprire un salone di bellezza nella sua città natale e invece si ritrova catapultata nel mondo occidentale che la obbliga a cronometrare i propri racconti e a cadenzare la propria oratoria nella speranza di essere ascoltata da qualcuno che metta in cima alla lista delle priorità la disgregazione di un popolo sparso per il mondo e desideroso di tornare a casa.
Nella sala Biografilm del Cinema Colosseo di Milano, dove è stata proiettata l’anteprima del film, erano presenti, seduti accanto a noi, degli studenti yazidi accolti per proseguire i propri studi dall’Università Bicocca. Un applauso anticipa il racconto della loro storia e uno sguardo che vale come un abbraccio ne chiude la proiezione.
Nadia Murad è stata insignita del premio Nobel per la Pace 2018 insieme a Denis Mukwege (medico e attivista congolese) “per i loro sforzi volti a porre fine all’uso della violenza sessuale come arma di guerra e conflitto armato“. Oggi 10 dicembre 2018 verrà assegnato loro il Premio a Oslo, oggi inoltre l’anniversario dei 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani.