Messico, il governo Obrador si infrange sull’alta burocrazia
Partenza in salita per AMLO, che trova l’ostruzione del Potere Giudiziario per la “legge sulle retribuzioni”
È ufficialmente iniziata l’era di Andrés Manuel López Obrador. Lo scorso 1° dicembre in Messico si è insediato il nuovo Presidente, eletto lo scorso Luglio con il 53% delle preferenze ed ora alla guida del Paese grazie all’alleanza con il Partito del Lavoro. L’avvio è stato subito teso: le più alte cariche statali non hanno gradito la sua prima mossa legislativa, peraltro anticipata e promessa in campagna elettorale.
Nell’occhio del ciclone la proposta di legge approvata la scorsa settimana con 246 voti a favore (111 i contrari), sulla definizione di un tetto salariale per i funzionari pubblici. La Legge sulle Retribuzioni, redatta dall’esponente di Morena Pablo Gomez, è stata sospesa dalla Corte Suprema di Giustizia lo scorso fine settimana, dopo giorni di tensioni e malcontento espressi proprio tra gli alti esponenti degli organi giudiziari (tra loro, 600 magistrati). Il ricorso, fino a questo momento vincente, è stato portato avanti dall’opposizione del Partito Rivoluzionario (PRI) e del Partito Nazionalista (PAN), forze centriste e conservatrici. Per contrastare la neonata legge, PRI e PAN si sono appellati alla Costituzione, che negli articoli 127 e 94 parla di “retribuzioni adeguate a carica e responsabilità” e al divieto di diminuire il salario dei magistrati durante l’incarico.
L’attuazione della legge, quindi, potrebbe essere spostata di almeno 6 mesi. C’è da notare che la “Legge sulle Retribuzioni” richiama, da parte sua, una violazione costituzionale in merito all’obbligo di non eccedere il salario presidenziale per nessun’altra carica. Secondo la nuova norma, il tetto salariale sarebbe fissato a 108 mila pesos, circa 5600 dollari, in conseguenza del taglio che Obrador ha applicato al suo stesso stipendio. Mentre, al momento, alcune figure arrivano a guadagnare anche 270 mila pesos.
La nuova norma rientrerebbe in un piano preannunciato di austerità pubblica: durante la campagna elettorale, infatti, AMLO aveva promesso di risparmiare sugli eccedenti compensi dei funzionari pubblici, prevedendo un progressivo risparmio di 132 miliardi pesos durante il suo mandato. Per mantenere le promesse, sta trovando un forte ostruzionismo.
Tra l’altro, in questi ultimi giorni il Potere Giudiziario aveva cercato di limitare i danni, proponendo un compromesso al Legislativo: invece di una riforma imposta dal governo, avevano proposto una soluzione interna ed autoregolamentata. Infatti, era stato definito un piano di ristrutturazione per far fronte a richieste di trasparenza e meritocrazia. Tra le proposte del piano, spiccano il divieto per i giudici di nominare parenti fino al quarto grado e quello di influenzare, in generale, le nomine. Previsto anche un cambiamento per accedere alla carriera giudiziaria: per titoli, esami e riconoscimenti, esplicati su regolare registro pubblico.
Una mossa, questa, che non ha soddisfatto Presidente e maggioranza. All’indomani dell’approvazione della legge, Lopez Obrador aveva parlato di “Giustizia lavorativa. Abbassare lo stipendio di chi sta in alto per fare in modo che aumentino gli stipendi di chi sta in basso”. Adesso, davanti al muro alzato dal Potere Giudiziario, accusa quest’ultimo di “Non capire lo stato attuale del Messico. Non si può – ha continuato – avere un governo ricco se il suo popolo è povero”. Fermo e determinato anche il coordinatore di MORENA alla Camera, Mario Delgado Carrillo: “Il piano di austerità andrà avanti – ha sostenuto – facessero anche resistenza, porremo un tetto alle retribuzioni dei funzionari”.
Stipendi e spese della burocrazia della Repubblica, comunque, non sono le uniche emergenze del Paese.
Altro problema critico che Obrador dovrà affrontare è il livello di violenza nel Paese, che nel 2018 è arrivato a contare 29 mila assassinii. La prima idea del neo Presidente era quella di eliminare la presenza delle forze armate dalle strade, strategia militare-centrica decisa dal precedente governo. Specificando di non avere intenzione di promuovere uno stato di polizia o una dittatura, Obrador, invece, ha fatto un passo indietro ritenendo di non poter fare a meno, attualmente, del supporto dei militari. Sul caldissimo tema dell’emigrazione, che tanto influisce sui rapporti con i vicini Stati Uniti, il nuovo governo vorrebbe proporre un piano di cooperazione con Canada e USA per investire in America centrale, creando posti di lavoro e disincentivando, in parte, il fenomeno migratorio.