Il popolo senza testa. I morti in fondo al mare
Sulla necessità e sull’urgenza di un ribaltamento di prospettiva circa l’analisi dell’attuale situazione politica e ancor di più sociale, partendo dall’ultima tragedia nel Mediterraneo che ha visto la morte di 117 esseri umani e dallo sgombero del CARA di Castelnuovo di Porto
Ci risiamo. Ci troviamo ancora una volta a contare: 117 esseri umani hanno perso la vita nella notte del 19 gennaio, a circa 45 km a est di Tripoli, nella SAR di competenza libica: solo tre sopravvissuti dei 120 a bordo del gommone che si è inabissato nelle acque del Mar Mediterraneo. Ci risiamo con i rimpalli di responsabilità, di competenze, con gli “avresti dovuto“, “avrebbero dovuto“: toccava a Malta, alla Libia, alla Francia, all’Europa, toccava a te, non di certo a me. Ci risiamo con i cat fighting nei salotti televisivi, con gli ormai nefasti e consueti porti chiusi, con i soccorritori venduti alla mercé del pubblico come trafficanti di esseri umani e con i veri aguzzini, dei Caronte di anime in cerca di una nuova vita, spacciati per militari che fanno il proprio dovere.
E ci risiamo con i commenti agghiaccianti, con i leoni da tastiera che, atteggiandosi a padri eterni, urlano “Non fossero partiti, non sarebbero morti, a noi non deve interessare. Avete rotto“, “Ma sti cazzi, ma chi li ha fatti partì?Non cominciare a cagare il cazzo con la guerra, lì non c’è nessuna guerra. Porti chiusi” (Per altre delizie affini, leggete i commenti raccolti dalla pagina Facebook “Abolizione del suffragio universale” qui sotto).
Tutti coloro che si esprimono in siffatta maniera, neanche a sottolinearlo, sono in linea quindi con le misure messe in campo dall’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini e con il suo famigerato Decreto Sicurezza. Tutti questi individui acclameranno dunque al fatto che, dati alla mano, il rapporto tra gli arrivi in Italia e i morti dal 2016 a oggi è aumentato: 2,11 nel 2018, 1,78 nel 2017 e 1,40 nel 2016 (e non serve un genio della matematica per eseguire questi calcoli, ve lo assicuro), nonostante gli sbarchi siano diminuiti. Tutti questi individui applaudiranno al fatto che oltre 37 mila richieste di asilo, solo nel 2018, sono state rigettate.
Avranno sicuramente gonfiato il petto e baciato la foto del Capo del Viminale anche ieri quando è stato sgomberato il secondo CARA d’Italia, quello di Castelnuovo di Porto, a nord della Capitale, con l’ausilio dell’Esercito. Oltre 300 migranti dovranno abbandonare entro sabato il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo dove, come anche ribadito dal sindaco Riccardo Travaglini, molti minori avevano intrapreso un percorso scolastico, finalizzato all’integrazione nella società. Le donne e i bambini sono stati separati dagli uomini per essere smistati nei CAS di altre regioni. Per non parlare dei titolari di protezione umanitaria che, a causa del decreto Salvini, hanno perso lo status di prima accoglienza e rischiano di trovarsi un mezzo alla strada (alla faccia della sicurezza). Infine sono senza occupazione anche quanti lavoravano nel centro, chiaramente, ossia italiani.
Questo teatro degli orrori è la nostra realtà; e più andiamo avanti più credo che attaccare il fomentatore d’odio per eccellenza non porti da nessuna parte, se non a una sovraesposizione mediatica dello stesso. Occorre dunque mutare prospettiva, attuare una vera e propria virata per dare vita a riflessioni pragmatiche e quindi, perché no, a un cambiamento che sia degno di nota e che non rimanga incastrato nelle maglie della Rete.
Il primo passo è riconoscere placidamente che se questo Governo è al potere è perché la maggioranza degli italiani lo ha votato. Una maggioranza rumorosa, che nel chiasso diffonde la propria rabbia e la propria frustrazione, la ricerca di un capro espiatorio ai propri fallimenti, alla propria infelicità. Nel caos può dire qualsiasi cosa, qualsiasi oscenità, qualsiasi cattiveria, tanto si perderà, sfumando nell’anonimato. Nessuno gli recriminerà il fatto di essere stato crudele, abietto, perché si sente privo di responsabilità e soprattutto (a questo punto le colpe non possono che ricadere in una direzione), legittimato a farlo.
È come quando si è consapevoli di essere stonati: se ti danno un microfono in mano fai scena muta, mentre durante un concerto allo stadio urli a squarciagola perché sai perfettamente che nessuno saprà mai che non hai preso una nota. È la disinibizione dell’ignoranza e della pochezza d’animo che ci sta rovinando, il silenzioso e viscido svincolarsi da quanto ci accade intorno, da tutto ciò che facciamo finta non ci riguardi.
Non siamo nella serie tv Westworld – Dove tutto è concesso, non siamo ospiti che possono uccidere e stuprare chiunque perché tanto hanno pagato e perché in quel mondo rimarranno impuni. Non comprendere che il germe del virus è alla radice e non sulle cime delle fronde ci fa perdere in partenza. Occorre quindi combattere con gli strali in una direzione ma soprattutto non dimenticarsi che la vera potenza di fuoco di questo scempio, dei morti in mare, degli esseri umani relegati a essere reietti della società sono le migliaia di teste di un popolo, ormai senza testa:
Il popolo, spesso meschino e vigliacco e insensato, i politici non si azzardano mai a criticarlo, non lo rimproverano, né gli rinfacciano come si è comportato, anzi, invariabilmente lo esaltano, per quanto poco sia degno di essere esaltato in nessun paese. Ma è stato eretto a intoccabile e ormai è come gli antichi monarchi dispotici e assoluti. Come loro presiede la prerogativa della velleità impune, non risponde di ciò che vota né di chi elegge, di ciò che sostiene, di ciò che tace e consente oppure di ciò che impone e acclama. Ce colpa aveva del franchismo in Spagna, come del fascismo in Italia e del nazionalsocialismo in Germania, in Austria, in Ungheria e in Croazia? Che colpa aveva dello stalinismo in Russia e del maoismo in Cina? Nessuna, mai; il popolo è sempre vittima e non viene mai punito (certo non si punisce da sé; di sé ha compassione e pietà). Il popolo non è che il successore di certi re arbitrari e volubili, solo che ha un milione di teste, come dire che è senza testa. Ciascuna di quelle teste si guarda allo specchio con indulgenza e si giustifica con un’alzata di spalle: “Ah, io non sapevo. Io sono stato manipolato, persuaso, mi hanno ingannato e fuorviato. Che cosa potevo saperne io povera donna, povero ingenuo che sono”. La complicità del popolo è così largamente suddivisa che sfuma e si diluisce, e nell’anonimato i colpevoli hanno piena facoltà di commettere nuovi delitti, non appena sia passato qualche anno e nessuno ricordi più quelli di prima”.
(Javier Marìas, “Berta Isla”, 2018, Einaudi)