Venezuela, in bilico la presidenza Maduro
L’opposizione confida nell’appoggio internazionale per disconoscere il presidente chavista e guidare l’Esecutivo ad interim
Il secondo mandato di Nicolás Maduro come Presidente del Venezuela inizia nel più controverso dei modi – in piena continuità, del resto, con la crisi politica che da anni affligge il Paese. Proteste, comizi e manifestazioni contro ma anche a favore dello stesso Maduro caratterizzano l’alba del 2019 venezuelano: nella capitale Caracas – come nelle principali città dei diversi stati come Aragua, Mérida, Barinas, Miranda, Táchira, Lara, Zulia, Vargas, Carabobo, Anzoátegui, Monagas e Bolívar – la popolazione si è riunita per esprimere il proprio dissenso verso quella che ritiene un’usurpazione e una dittatura, per le modalità con cui lo scorso Maggio Maduro ha vinto le elezioni che (in linea teorica) lo vedrebbero Presidente per altri sei anni. Alla parata dell’opposizione ha risposto prontamente quella di appoggio alle posizioni ufficiali del chavismo.
Immediatamente dopo l’insediamento, Juan Guaidò – Presidente del Parlamento (Assemblea Nazionale), capo dell’opposizione e militante del Partito Volontà Popolare – ha sfidato il leader chavista dichiarandosi pronto ad assumere il ruolo di Presidente dell’esecutivo ad interim. Un nuovo atto di protesta verso le elezioni dello scorso Maggio, quando Maduro si era imposto con il 70% dei voti ma fu accusato di brogli e di aver condotto una campagna elettorale all’insegna di intimidazioni, minacce ed arresti – tanto che l’affluenza alle urne era stata di appena il 46%.
Una sfida che è costata a Guaidò anche alcune ore di fermo, senza ufficiale motivazione: a seguito di un comizio, dieci giorni fa, in cui aveva incitato alla mobilitazione di massa, era stato arrestato per venire rilasciato in poco tempo. La mossa di Guaidò, che troverebbe una base di legittimazione nell’Articolo 233 della Costituzione, secondo cui il Presidente del Parlamento può guidare l’esecutivo qualora il Presidente eletto non entri in funzione, ha trovato ampio appoggio nel panorama internazionale oltre che in patria.
Stati Uniti, Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Uruguay e Ecuador hanno disconosciuto la presidenza di Maduro, così come l’Unione europea. Anche l’Organizzazione degli Stati Americani (OEA) disconosce ufficialmente la conferma del chavista che, invece, non perde l’appoggio di Vladimir Putin: proprio in questi giorni, infatti, la Russia ha rivisto la pianificazione del credito verso il Venezuela, ristrutturandola per la terza volta. Nel 2011 il Venezuela ha ricevuto 4 milioni di dollari di investimenti industriali, adesso si prospetta un ulteriore dilazione delle scadenze.
La crisi politica, lo ricordiamo, si protrae da anni – parallelamente a quella socioeconomica. Il Venezuela sta soffrendo una grave iperinflazione. Per un Paese che aveva fatto del petrolio il suo punto di forza, la caduta dei prezzi del 2014 ha segnato un fortissimo freno alla capacità di importazione ed un relativo e proporzionale aumento dei costi nazionali.
Potere di acquisto ridotto al minimo, infrastrutture insufficienti, e costante aumento della criminalità sono il sostrato quotidiano che si aggiunge alla grave crisi politica della Nazione di cui dicevamo. Di conseguenza, la popolazione ha trovato nell’emigrazione una via di fuga: il centro America ma anche la Spagna sono le mete cui fanno maggiormente ricorso gli oltre 3 milioni di venezuelani che, si stima da dati nazionali, hanno abbandonato il Paese negli ultimi anni. Il chavismo di Maduro, fino ad oggi, non ha trovato soluzioni né alla questione economica né a quella politica.
Sovvertire la Presidenza, comunque, non sembra un’opzione immediata: lo stesso Guaidò ne è consapevole, tanto che ha solamente paventato tale ipotesi – quando avrebbe potuto già concretizzarla, così come preteso e chiesto da buona parte dell’opposizione. Innanzitutto, sarà necessario definire una Legge di Transizione cui il Parlamento sta effettivamente lavorando. Inoltre, ma non secondario, sarà importante trovare l’appoggio o quantomeno un coinvolgimento delle Forze Armate: Guaidò e l’opposizione sanno bene che i militari hanno largamente sostenuto il chavismo nel corso degli anni.
Per funzionari statali e militari che intendano appoggiare il nuovo corso è pronta un’amnistia: l’appello ha iniziato a sortire i primi effetti, visto che lunedì scorso 27 componenti della Guardia Nazionale sono insorti disconoscendo il potere di Maduro. “Il Governo di transizione si potrà realizzare grazie alla collaborazione del popolo venezuelano, della comunità internazionale e dell’Arma Nazionale” ha spiegato Guaidò in questi giorni. Se transizione ci sarà, dovrà portare a nuove elezioni “libere e trasparenti” ha promesso l’opposizione.
Una svolta è attesa in questi giorni: l’Assemblea Nazionale ha indetto una mobilitazione per mercoledì 23 Gennaio, anniversario della liberazione dalla dittatura di Perez Jimenez nel 1958, e non è escluso che possa essere il momento giusto per dismettere Maduro ed iniziare la transizione.