Il reddito di cittadinanza continua a dividere il Paese: funzionerà?
Dal 1° aprile 2019 alcune categorie di cittadini potranno beneficiare del reddito di cittadinanza, tra molti dubbi e molteplici domande ad oggi prive di risposte
“Il reddito era nel contratto di governo, dovevamo cambiare rotta. (…) Il reddito sarà pilastro portante e vigilerò con tutti gli strumenti a disposizione affinché questo progetto non sia deturpato da furbizie, abusi e storture di sorta“. In un’aria di eterna campagna elettorale, ancora giocata sulla pelle dei più deboli, il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte (un tempo “avvocato del popolo”, oggi “garante del patto sociale tra Stato e cittadini”) presenta, così, il reddito di cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia dell’attuale governo.
Chiamato impropriamente “reddito di cittadinanza” (a beneficiarne, infatti, non saranno tutti i cittadini), nel corso del tempo ha subito numerose modifiche a causa dell’incompatibilità presenti tra ciò che promesso e la realtà. Descritto come un mezzo di contrasto alla povertà e di inclusione lavorativa, i requisiti iniziali che dovevano presentare i cittadini per esserne destinatari erano la maggiore età, lo stato di disoccupato o inoccupato, la pensione inferiore alla soglia di povertà prevista (780 euro), l’appartenenza a un nucleo familiare, l’iscrizione dei disoccupati a un Centro per l’impiego e a corsi di qualificazione o riqualificazione professionale, l’obbligo di accettazione di una delle prime tre offerte di lavoro proposte e l’impossibilità di recedere da un contratto, senza giusta causa, due volte in un anno.
Oggi, a causa delle modifiche apportate al profilo inizialmente previsto, sono molti i cittadini rimasti con l’amaro in bocca. Gli individui destinatari del reddito di cittadinanza, infatti, devono essere italiani, europei e residenti in Italia da almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in via continuativa. È necessario, inoltre, che siano in possesso di un Isee non superiore a 9.360 euro, il patrimonio immobiliare diverso dalla prima abitazione non deve superare 30 mila euro annui, 6 mila euro per quello finanziario, 20 mila euro per le famiglie con persone disabili. Nessun componente del nucleo deve essere intestatario a qualunque titolo o avere la disponibilità di autoveicoli immatricolati per la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta del reddito, mentre le auto in possesso non devono essere di grossa cilindrata (sopra i 1600 cc); il limite previsto per le moto è di 250 cc e non devono essere state immatricolate nei due anni antecedenti la richiesta del sussidio. Il reddito per cui il governo ha stanziato 5894 milioni (contro i 6.110 della versione precedente) sarà destinato per il 47% ai nuclei familiari del Centro-Nord, per il 53% del Sud; tra le famiglie, il 50% presenta dei minori, il 17% uno o più anziani, il 15√ invalidi civili. Le famiglie straniere che possono ambire all’assegno sono il 12% del totale (saranno destinatarie, dunque, di 951 milioni). Per le famiglie, i coniugi risultano essere appartenenti allo stesso nucleo se risiedono nella stessa abitazione, anche se separati, mentre il figlio maggiorenne non convivente ne è parte fino a 26 anni, non sposato e privo di figli. I nuclei di un solo componente riceveranno 780 euro, quelli composti da due adulti e due figli minorenni fino a 1.180 euro, una famiglia composta da due adulti, un figlio minorenne e uno maggiorenne fino a 1.280 euro e, infine, 1.330 euro per i nuclei di due adulti, un figlio maggiorenne e due minorenni.
Definita da Beppe Grillo come “la più grande manovra finanziaria di questo Paese” (l’avrà affermato da comico o da politico?), a febbraio saranno pubblicate le indicazioni per richiedere il reddito e, dunque, il modulo da compilare (le documentazioni saranno inviabili per via telematica, o tramite sportello postale o Caf), a marzo sarà avviato il sito internet per ricevere le domande, e, infine, ad aprile partirà l’erogazione dello stesso attraverso una carta prepagata di Poste Italiane. In seguito alla verifica dei requisiti dei cittadini da parte dell’Inps, questi saranno contattati dai Centri per l’impiego per concordare il Patto per il lavoro o per la formazione. Rifiutata la prima proposta di lavoro (che entro i primi dodici mesi può arrivare nel raggio di 100 km), il cittadino ne riceverà una seconda (nel raggio di 250 km) o una terza (da tutta Italia). A questo proposito, secondo un sondaggio del Centro studi di Unimpresa, c’è il rischio che esploda il lavoro nero: come spiegato nello stesso, infatti, con un reddito mensile inferiore a mille euro, il lavoratore potrebbe “accettare” il licenziamento da parte del datore di lavoro e percepire il reddito, continuando a lavorare con un salario frutto del lavoro nero e regolare. I datori, invece, risparmierebbero dal 30 al 60% sul costo del lavoro, ricevendo, però, la stessa prestazione lavorativa.
“Quando inizieremo a dare il reddito, da aprile di quest’anno, le imprese si rivolgeranno a un Centro per l’impiego o a un destinatario del reddito o a un’agenzia privata o a un navigator, per assumere quella persona“, ha dichiarato Luigi Di Maio, Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, ministro dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche sociali. Saranno introdotti 10 mila operatori: 4 mila addetti stabili a carico delle regioni per i Centri per l’impiego affinchè venga consentita la gestione della formazione e del reinserimento lavorativo delle persone, e delle richieste provenienti dalle imprese, 6 mila navigator, precari, con contratto di collaborazione biennale in capo ad Anpal Servizi S.p.A. (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro). Questi ultimi saranno dipendenti del Ministero del Lavoro, dovranno possedere una laurea magistrale in economia o in scienze politiche, giurisprudenza, sociologia, psicologia o scienze della formazione, un’esperienza di due anni di lavoro o di servizio civile. Riceveranno una formazione sul campo e avranno il compito orientare e valutare le competenze professionali di chi si presenta allo sportello, di leggere come si muove il mercato territorialmente e di incrociare le domande e le offerte di lavoro, le imprese e i beneficiari del reddito. Come affermato da Mimmo Parisi, docente italo-americano di demografia (“italo-pugliese” per Di Maio), scelto per la guida dell’Anpal, i 6 mila assunti entro maggio, potranno essere impiegati in altro in futuro. Il fondo previsto in legge di bilancio per la riforma dei Centri per l’impiego era di 2 miliardi, oggi sono 1,7 i miliardi effettivi tra il 2019 e il 2020. I precari Anpal, quindi, si preparano a una mobilitazione permanente a partire dal 13 febbraio: per la loro stabilizzazione, infatti, il decreto prevede solo un milione all’anno, che garantirebbe la trasformazione in tempo indeterminato di venti contratti.
Considerata, nel 23° Rapporto sull’economia globale e l’Italia di Mario Deaglio e altri economisti, promosso dal Centro Einaudi e da Ubi Banca, come “una misura di difficile implementazione, con pochi effetti“, dal momento che se sei milioni sono i beneficiari, “serviranno sei milioni di pratiche, con relativa immissione di dati” (ce la faranno a stare nei tempi?), anche Cristina Grieco, coordinatrice della Commissione istruzione e lavoro della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, si dice preoccupata. “Tutti gli assessori al lavoro che hanno incontrato il Ministro Luigi Di Maio hanno manifestato una forte preoccupazione su tempi, personale e modalità organizzative che caratterizzeranno la fase alternativa del decreto sul reddito di cittadinanza”, ha affermato. Molteplici sono i problemi che si presentano, ciò che si teme è il caos e le disparità tra le regioni, visti i tempi non uguali per tutti. Saranno necessari, infatti, il rafforzamento dei Centri per l’impiego (urge un piano nazionale per lo sviluppo dei servizi per il lavoro a cui facciano da contraltare i piani regionali), la procedura di spiegazione dell’iter amministrativo dei concorsi sull’assunzione del personale, il chiarimento del ruolo del navigator e degli uffici in cui lavoreranno e dei tempi più brevi sulla formazione del Cpi, dato il ritardo accumulato. I dubbi, inoltre, sorgono anche sulle infrastrutture tecnologiche e informatiche, e sull’attività di controllo e di vigilanza. I beneficiari non potranno spendere i soldi ricevuti per attività ludiche ma solo per acquisti di beni di prima necessità; in caso contrario, sono previste sanzioni, tra cui il carcere. Non potranno essere destinatari dell’assegno coloro che non sottoscrivono il Patto per il lavoro o per l’inclusione sociale, che non partecipano alle attività formative e non presentano una giustificazione valida, coloro che rifiutano la terza (e ultima) offerta di lavoro, che non aggiornano le autorità competenti sulle eventuali variazioni del proprio nucleo o forniscono dati falsi.
Se da un lato, quindi, l’entusiasmo dei pentastellati è palpabile, dall’altro, sorgono sempre più perplessità e domande. Sul reddito di cittadinanza, Romano Prodi ha rilasciato alcune dichiarazioni in una conferenza stampa a Bruxelles: riconoscendo la presenza di aiutare i più poveri in tutte le società democratiche, ritiene che il problema sia “vedere le modalità, gli strumenti, le priorità con cui viene adottato; e qui delle riserve ci sono“. L’economista dell’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica, Giampaolo Galli, pone domande più tecniche che politiche: come può rimanere invariata la platea dei beneficiari alla diminuzione delle risorse? Come ha dichiarato, con 7,5 miliardi si potrebbero dare “non più di 125 euro al mese a testa. Anche tenendo conto che i 780 euro promessi sarebbero solo un’integrazione per chi ha già altre fonti di reddito, è facile calcolare che le risorse sarebbero interamente esaurite se ci fossero anche solo 801 mila persone meritevoli dell’intero sussidio di 780 euro”.
Nonostante l’articolo sulle disposizioni finanziarie preveda che, esaurite le risorse dell’anno, con un decreto del ministro dell’Economia si può ristabilire la compatibilità finanziaria, non sarebbe in ogni modo sufficiente: come dimostra l’economista, l’aumento delle domande provocherà, in ogni caso, la riduzione del sussidio per tutti, anche per coloro che inizialmente sono stati beneficiari della somma piena. È la tempistica, invece, a preoccupare CGIL e FP, dal momento che “rischia di non mettere i Centri per l’impiego nelle condizioni di poter accompagnare al lavoro centinaia di migliaia di disoccupati, così come previsto dal provvedimento recentemente approvato. La carenza di organico attuale già rende difficile, e in alcuni casi impossibile, assolvere alle competenze preesistenti. La previsione delle assunzioni dei 4 mila dipendenti, come da legge di bilancio, rischia di rendere operativi i Centri con grande ritardo e, allo stesso tempo, poco chiaro risulta l’inserimento dei cosiddetti ‘navigator’ nei contesti organizzativi regionali“, come hanno affermato. La Consulta dei CAF, invece, ha dimostrato come presso i loro sportelli “sono per ora arrivate molte richieste di chiarimento sulle procedure, anche sui cambi di residenza e sugli effetti di divorzi e separazioni“. L’inciviltà non è nuova a questo Paese.
Ad oggi, il numero delle famiglie che potranno richiedere il reddito è sceso nuovamente: sono un milione e 248 mila rispetto al milione e 778 mila che vivono in condizioni di povertà assoluta (il 30% in meno, dunque). Così, i 5 milioni di poveri destinatari del reddito spesso richiamati da Di Maio sembrano non esistere più, poiché ridotti a 3 milioni e mezzo. Il costo del reddito, inoltre, è di 7,1 miliardi nel 2019, 8 miliardi nel 2020, 8,3 miliardi nel 2021, salvo che non ci siano ulteriori modifiche.
“Oggi mio padre sarebbe molto contento di vedere quest’idea realizzata. Lui era convinto che se si poteva immaginare qualcosa lo si poteva anche fare. Noi dobbiamo immaginare le cose che stanno cambiando e come possiamo gestirle”, ha detto Davide Casaleggio, durante l’evento organizzato dal Movimento 5 Stelle sul reddito di cittadinanza. “Quando parliamo di rivoluzione nel mondo del lavoro non parlavamo solo di un’erogazione di soldi a chi è in difficoltà ma anche di un percorso nuovo in cui lo Stato ti aiuta perchè sei in difficoltà. Il reddito si basa su un principio: in Italia oggi c’è chi non ha nulla, d’ora in poi chi non ha niente avrà almeno 780 euro”, ha dichiarato, invece, Di Maio. “Parlavo di questo principio quando abbiamo detto aboliamo la povertà“, ha concluso. Le “norme anti-divano“, come le ha definite il Movimento, “quelle che non consentono a nessuno di poter abusare del reddito“, sono state presentate nel corso dell’evento, attraverso delle “slide“: un binocolo con cui “guardare al futuro con speranza” e un salvadanaio a forma di porcellino rosa per indicare il limite di 6 mila euro previsto per il patrimonio finanziario. Immancabile anche la famosa famiglia Rossi sin dai problemi matematici assegnatici a scuola: genitori disoccupati, reddito zero, un mutuo sulla casa e due figli studenti di 19 e 12 anni, divenuti felici grazie al reddito di cittadinanza. Giorgio Bianchi, invece, si ritrova dietro le sbarre: single, ha 38 anni, è disoccupato e tanto furbo da aver dichiarato il falso. Un divieto sul divano, infine, per dire “no” al rifiuto facile e ingiustificato delle proposte di lavoro. Nella presentazione del reddito di cittadinanza, lo staff ha utilizzato anche l’immagine rappresentante una giovane coppia già utilizzata per pubblicizzare, in precedenza, cliniche odontoiatriche e salute intima: rimossa poco dopo, ha lasciato comunque il segno.
Quando Matteo Renzi, su Facebook, aveva utilizzato lo stesso mezzo per presentare la Legge di Stabilità e la riforma della “Buona Scuola”, Luigi Di Maio aveva risposto così risposto via Twitter:
Le slide sono belle ogni anno, ma alla fine le manovre sono sempre una truffa.
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) October 15, 2016
Lo pensa ancora?
Giorgia Cecca