Suonato (ma anche raccontato) il retape di Emilio Stella

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Il cantautore romano porta tutta la sua cultura popolare all’Auditorium Parco della Musica in occasione del Retape Festival

Emilio Stella
©Marta Bandino | Ghigliottina

Il Retape Festival fin dalla sua concezione pone come proprio obiettivo quello di portare davanti al suo pubblico la nuova generazione di musicisti e cantautori esclusivamente romani. Un festival diviso in più parti, ma che vede la più intima rappresentazione nel Retape Lab in scena sul “palco” del Teatro Studio Gianni Borgna.

Proprio su quel palco, l’ultimo ospite è forse una delle rappresentazioni più popolari e genuine di un cantautore romano. Parliamo di Emilio Stella.

Cantautore, ma a tratti anche narratore con qualche piccola nota da rapper, l’artista romano ha portato nella piccola sala dell’Auditorium tutta la sua romanità, fatta di scene popolari che non possono che strappare continui sorrisi tra i presenti.

Si apre con una nota un po’ critica nei confronti della politica, che attualmente governa il nostro paese, Paura del diverso.

Gli alieni siamo noi, segue a ruota come voler chiudere un piccolo inciso di critica sociale, non diretto a nessuno se non con l’intento forse di allargare il pensiero dei tanti presenti che affollano la sala.

La forza del cantautore romano però, come già detto, è la sua capacità di raccontare uno spaccato del popolo che a molti potrà sembrare banale, ma che in realtà non lo è. Vita di cantiere ci immerge in scene che sembra quasi di vivere dalle sedute dell’Auditorium per la chiarezza con cui sono raccontate. Lo stesso succede con Marcella, una figura così ben descritta che pare di conoscerla, nei suoi modi rozzi e teneri allo stesso tempo.

La chiarezza descrittiva però non è tutto, Emilio Stella fa dell’ironia uno dei suoi cavalli di battaglia, ed è così che lo spaccato delle sue case popolari non è così invivibile come può sembrare. Allo stesso modo le figure femminili di Marcella, La gattara e Leilalù risultano familiari e conosciute da sempre ai sensi di chi le ascolta.

Impossibile non riconoscere uno dei primi successi che hanno fatto girare il nome di Emilio Stella sul web, ironia e luoghi che forse possono apprezzare solo i romani che vivono il litorale laziale, ma, poco importa, il motivo “se Ostia non è Rio, Capocotta non è Kingston” già nel 2014 aveva fatto breccia nei cuori e orecchie di molti.

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Un momento che mostra tutta la sensibilità del cantautore, dopo le note reggae arriva una piccola dedica alla nipote presente in sala, La pecora fa ‘mbè. Dopo aver raccolto i favori della piccola fan, il concerto corre verso la sua fine ma non mancano le ultime perle.

Passando per la dedica alla sua città, Roma, con la canzone nata sui versi di Er pinto del collettivo i Poeti del Trullo, E io te amo, e per le origini calabresi della famiglia con, appunto, Terre di Calabria e la prima parte si chiude con Fusa e confusa.

Una condizione salutare non delle migliori permette solo un pezzo nella fase di “bis”, ma Vorrei essere libero conquista definitivamente gli animi dei presenti, catturati soprattutto dalla carica emotiva che Emilio riesce a dare dal palco.

Un cantautore, ma anche un narratore, un cantastorie così come a Roma non si vedeva o sentiva da tanto. Una serata piacevole che ha trasportato il pubblico da Capocotta a Don Bosco, affrontando il traffico, ma apprezzandone ogni angolo. Roma e la romanità hanno un loro forte rappresentante.

Testo di Cristiano Tofani
Foto di Marta Bandino

La scaletta del concerto:

Paura del diverso

Gli alieni siamo noi

Vita di cantiere

Pesa più un ricordo di un vinile

Le birre

Alle case popolari

Marcella

La gattara

Leilalù

La storia delle donne passate

Festa

Capocotta non è Kingston

La pecora fa mbe

Attenti al cool

E io te amo

Terra di Calabria

Fusa e confusa

Vorrei essere libero

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