Cambiamento climatico: quel mezzo grado che fa la differenza
Le temperature globali continuano ad aumentare: è quanto emerge dal recente rapporto del Met Office britannico, che spiega i rischi e l’urgenza di limitare le emissioni di gas pericolosi
Gli obiettivi fissati nell’accordo di Parigi del 2015, in cui 197 paesi si sono impegnati a contenere il surriscaldamento globale nel limite dei 2 °C entro il 2020, sembrano non poter essere raggiunti. L’anno 2018, infatti, è stato registrato come quello più caldo di sempre (con 0,91 ± 0,1° C al di sopra della media), superando il 2016 ritenuto, fino a allora, il più torrido dal periodo pre-industriale.
A lanciare l’ultimo allarme, l’ennesimo, è il Met Office britannico, una delle agenzie meteorologiche e climatiche più importanti nel mondo, secondo cui le osservazioni per i prossimi cinque anni renderebbero il decennio dal 2014 al 2023 il più caldo dall’inizio delle registrazioni risalenti al 1850.
Il responsabile delle previsioni a lungo termine del Met Office, Adam Scaife ha infatti ricordato che “Il 2015 è stato il primo anno in cui le temperature superficiali medie annuali globali hanno raggiunto più 1,0° C rispetto ai livelli preindustriali e i tre anni seguenti sono rimasti tutti vicini a questo livello. Si prevede che, tra oggi e il 2023, la temperatura media globale rimarrà elevata, rendendo potenzialmente il decennio dal 2014 il più caldo in oltre 150 anni di dati”.
Ebbene, se gli accordi di Parigi non saranno rispettati il Pianeta sarà destinato a una vera e propria catastrofe climatica. Gli esperti, infatti, sottolineano quanto l’innalzamento delle temperature di mezzo grado possa fare un’enorme differenza in termini di conseguenze sull’ambiente e sulle popolazioni. I team di ricerca prevedono che a +1,5 °C, la copertura di ghiaccio del mare Artico si manterrebbe anche d’estate, a +2 °C la probabilità di estati senza ghiaccio saranno 10 volte maggiori, mettendo così a repentaglio l’habitat di orsi polari, balene e molte altre specie di animali. A esserne maggiormente colpite sarebbero, comunque, tutte le specie di animali e piante, compresi gli insetti, con i ruoli fondamentali negli ecosistemi del mondo.
I modelli previsionali quinquennali 2019-2023 indicano che un più intenso riscaldamento globale riguarderà probabilmente gran parte del pianeta, in particolare le terre emerse e le alte latitudini settentrionali.
Adam Scaife precisa che “le previsioni suggeriscono un rapido riscaldamento a livello globale, ma l’Accordo di Parigi non è ancora in pericolo. Osservando i singoli anni in quella previsione che ora possiamo vedere per la prima volta, c’è il rischio di un temporaneo, e ripeto temporaneo, superamento della soglia più bassa di 1,5° C stabilita nell’Accordo sul clima di Parigi, quella stessa soglia che a ottobre un rapporto speciale dell’Ipcc ha invitato a non superare assolutamente se non vogliamo innescare effetti disastrosi sul clima planetario”.
È necessario, dunque, un grande sforzo per ridurre le emissioni di carbonio e gas serra per impedire che il Pianeta superi quei limiti che lo porterebbero a un punto di non ritorno.
Anna Jones, chimico dell’atmosfera del British Antarctic Survey, ha affermato: “La previsione del Met Office non è, purtroppo, una sorpresa. Le temperature medie in tutto il mondo sono al massimo storico e, per un certo numero di anni, sono state trainate prevalentemente dall’aumento delle concentrazioni di gas serra, come il biossido di carbonio, che derivano dal nostro utilizzo continuo di combustibili fossili. Fino a quando non ridurremo le emissioni di gas serra, potremo aspettarci di vedere tendenze al rialzo delle temperature medie globali”.
Ebbene, la riduzione delle emissioni di gas serra e le misure di adattamento climatico dovrebbero essere una priorità globale per evitare che il riscaldamento globale diventi una vera minaccia per la sopravvivenza di specie umane e animali sul nostro Pianeta.