Cuba conferma se stessa

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La vittoria del “Sí” apre alla proprietà privata e al mercato internazionale ma conferma il sistema socialista del regime castrista

cubaCuba conferma se stessa. Chiamata alle urne referendarie per esprimersi sulla nuova Costituzione, la popolazione si è espressa in massa per il “”, approvando un testo che mantiene il carattere socialista e monopartitico del Paese. L’approvazione è arrivata da quasi l’87% dei votanti, mentre i “no” si sono fermati al 9% e il dissenso degli astenuti ha raggiunto il 2,5%.

Per la tradizione castrista, è stato un successo. Miguel Diaz-Canel, Presidente dallo scorso aprile, ha salutato così i risultati del voto: “Sono orgoglioso di essere parte di questo popolo coraggioso ed eroico. Un popolo così merita sempre la vittoria. È un grande omaggio – ha aggiunto – ai nostri padri Martí, Fidel e Raul Castro”.

La nuova Costituzione non cambia la sostanza del Paese caraibico, dicevamo, ma apporta alcune differenze rispetto a quella del 1976 che, di fatto, sostituisce. Cambiamenti strategici soprattutto in ambito economico. Il nuovo testo è il risultato di una serie di riforme portate avanti da Raul Castro tra il 2012 ed il 2016, volte ad adattare i contenuti di una società socialista alle necessità globali dell’epoca attuale.

In primis, cambia l’organizzazione statale: nasce la figura di Primo Ministro, mentre il Presidente non potrà confermare l’incarico oltre il secondo mandato (non si verificheranno più epoche presidenziali alla Fidel, quindi) e non potrà essere nominato capo dello Stato chi ha oltre 65 anni (Raul Castro non avrebbe trovato spazio). Per decentrare il potere, inoltre, verranno creati dei governi provinciali.

In campo economico, le novità più importanti sono rappresentate dall’introduzione della proprietà privata e dalla possibilità di investimenti stranieri, che permette, per la prima volta, di aprire il mercato a realtà estere. Per quanto riguarda il concetto di “proprietà”, la Costituzione contempla sette tipologie: la prima è quella definita come socialista, intesa di tutto il popolo, dove lo Stato agisce in rappresentanza e ne beneficia come proprietario; quella cooperativa, sostenuta nel lavoro collettivo dei suoi soci proprietari e nell’esercizio efficace dei principi del cooperativismo; la proprietà delle organizzazioni politiche, delle masse e dei social network; la proprietà privata, appunto, che viene esercitata su determinati mezzi di produzione da parte di persone fisiche o persone giuridiche cubane o straniere; il sistema di proprietà misto, formato dalla combinazione di due o più forme di proprietà. Esistono, inoltre, le proprietà di istituzioni e forme associative e personali: entrambi senza fini produttivi e di lucro.

In ambito sociale, Cuba continua a non dimostrarsi al passo con i tempi: la possibilità di matrimoni gay, presente nella prima bozza del testo referendario, è scomparso dopo mesi di discussioni parlamentari e l’argomento è stato procrastinato a data indefinita. Il carattere socialista del paese caraibico, invece, è ribadito come “irrevocabile” e il Partito Comunista è ancora riconosciuto come “forza politica dirigente della società e dello Stato”.

Il governo, dicevamo, ha salutato con orgoglio l’approvazione in massa del testo riformato, ma l’opposizione non ha avuto vita facile. Premesso che a Cuba sono vietate campagne elettorali ufficiali, il sistema statale a Gennaio ha spinto molto per il “Sí” – mentre i partitari del dissenso e gli attivisti contro il regime hanno subito arresti, censure e perquisizioni nelle settimane precedenti la votazione. Questo, secondo le informazioni dell’Osservatorio Cubano dei Diritti Umani.

Come si diceva, Cuba riconferma se stessa.

Il testo sarà proclamato dal Parlamento probabilmente in aprile, per essere pubblicato ed entrare ufficialmente in vigore.

Sara Gullace

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