Israele, la strada di Netanyahu è sempre più in salita

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A seguito delle accuse di corruzione, frode e violazione di obblighi fiduciari, Benjamin Netanyahu rischia di non conquistare il suo quarto mandato consecutivo

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Il Primo ministro israelino benjamin Netanyahu (immagine via Twitter)

“Queste inchieste sono un castello di carte destinato a crollare”, così ha cercato di difendersi dalle accuse il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu detto Bibi, il primo nella storia di Israele ad essere incriminato mentre è ancora in carica.

Premier ininterrottamente dal 1996 al 1999 e dal 31 marzo 2009 a oggi, Netanyahu è stato incriminato dall’Avvocato generale di Stato, Avichay Mandelblit, dopo mesi di indagini da parte della polizia coordinate da Roni Alsheich; tutto resta condizionato a un’audizione in cui avrà la possibilità di difendersi prima della decisione definitiva. Non è stata accolta, invece, la richiesta fatta dal Likud (il suo partito) alla Corte Suprema di rinviare l’annuncio della decisione a dopo le elezioni parlamentari che si terranno il 9 aprile, per il rispetto del principio di uguaglianza di fronte alla legge e del diritto dell’opinione pubblica di conoscere fatti così importanti. A questo proposito, i fedelissimi del premier hanno parlato di “complotto e bullismo” e di “interferenza sul voto”.

Denominato Caso 1000, Netanyahu viene accusato di abuso di fiducia: si tratterebbe di regali costosi (come sigari e bottiglie di champagne rosé) che il Presidente ha ricevuto da importanti uomini d’affari – tra cui il produttore hollywoodiano Arnon Milchan – in cambio di favori. Mentre gli investigatori hanno calcolato un totale di un milione di Shekel in nove anni, i suoi avvocati difensori continuano a ripetere si sia trattato di doni volontari.

Nel Caso 2000, invece, a essere incriminata è una registrazione risalente al 2014 che vede protagonisti lo stesso Netanyahu e Arnon Mozes, proprietario del colosso editoriale che pubblica il giornale “Yedioth Ahronoth”, per molti anni il più venduto in Israele e, oggi, tanto odiato dal premier a seguito del sostegno mostrato a Shimon Peres durante le elezioni del 1996: in cambio di articoli ed editoriali benevoli, il premier aveva garantito il sabotaggio del giornale rivale, “Israel HaYom”, un tempo suo sostenitore.

Si trattava di una sorta di armistizio, garanzia per entrambi della permanenza al vertice. I difensori del Presidente invitano a leggere Yedioth Ahronoth” per vedere quanto poche siano le pagine scritte per elogiare il Primo Ministro e ricordano come la legge per impedire la diffusione di giornali gratuiti, come lo stesso “Israel HaYom” non sia passata in Parlamento grazie all’opposizione di Netanyahu. Il nastro con la conversazione segreta è stato recuperato durante una perquisizione avvenuta in casa di Ari Harow, consigliere del premier, indagato per reati finanziari e diffuso dal telegiornale del Canale 2.

Definite come una “caccia alle streghe”, le indagini nei suoi confronti riguardano anche il Caso 4000, per cui è accusato di frode e corruzione. Si tratta di una presunta intesa tra Netanyahu (Ministro delle Telecomunicazioni ad interim tra il 2014 e il 2017) e Shaul Elovitch, allora azionista del colosso “Bezeq”, per il quale ha ottenuto regolamenti favorevoli che gli hanno garantito più di 200 milioni di dollari in cambio di articoli favorevoli pubblicati dal sito Walla, sotto il suo controllo, dedicati al premier e alla sua famiglia. Il cambio di linea di Walla ha avuto un importante impatto sulle elezioni del 2015, quando Elovitch ebbe il via libera per procedere alla fusione di Bezeq con l’azienda “Yes”. Anche il direttore generale del ministero, Shlomo Fiber, collaboratore del premier, ha guadagnato circa un milione di Shekel in quanto azionista della Yes e rischia, così, un’incriminazione per corruzione. All’interno delle carte dell’inchiesta ci sono le telefonate tra la moglie Netanyahu e l’amministratore delegato del gruppo.

Oltre 60 sono i testimoni che hanno contribuito alle indagini. Ad oggi, sono stati scagionati la moglie e il figlio del premier, l’una indagata per cene di lusso e altre spese effettuate a carico dei contribuenti, l’altro apparso nel Caso 2000.

“Ogni cittadino deve capire che l’intento è di abbattere la destra e portare su la sinistra con la distribuzione al pubblico di accuse ridicole. State tranquilli, supererò tutto”, ha dichiarato Bibi, accusando la sinistra di “esercitare pressioni sul Procuratore genere Avichai Mandelblit per prendere la decisione di incriminarmi”. Se, da un lato, il Likud lo descrive come vittima di una “persecuzione” e lo reputa innocente fino alla sentenza del tribunale, dall’altro l’opposizione chiede le sue dimissioni, chiedendo di porre “fine a questa vergogna”.

“Il posto che più si addice oggi a Netanyahu è il carcere. I reati che gli sono imputati sono di una gravità senza precedenti nella storia d’Israele. Lui si crede davvero al di sopra della legge”, ha affermato Ayman Odeh, leader della Lista Araba Unita. “Non è nella condizione di fare il Presidente del Consiglio, e neanche di presentarsi alle elezioni”, ha scritto, invece, su Twitter Shelly Yachimovich, figura importante tra i laburisti. Molti degli elettori di destra parlano di un complotto che vede coinvolti la polizia, Mandelblit e le istituzioni giudiziarie.

Gli analisti cercano di capire come questa grave situazione possa influire sulle elezioni del 9 aprile. Secondo i sondaggi, il Likud perderebbe quattro seggi e a cedere sarebbero le piccole formazioni di destra, facendo venir meno i numeri necessari per formare una coalizione. In questa campagna elettorale dai toni forti pronti a delegittimare chiunque sia favorevole alla sua incriminazione, avversario assoluto è sicuramente il partito centrista, “Blue and White” formato dall’ex capo di Stato maggiore, Benny Gantz e Yair Lapid, che, secondo un sondaggio di FM103, potrebbero ottenere 37 dei 120 seggi alla Knesset contro i 25 del Likud. Questi ultimi si alternerebbero come premier per due anni e mezzo ciascuno, cercando di attuare i pilastri della loro campagna elettorale quali la sicurezza, l’unità e la lotta alla corruzione.

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Sulla sinistra Moshe Yaalon, a destra Benjamin Netanyahu

“Il solo pensiero che un primo ministro con un rinvio a giudizio possa mantenere l’incarico in Israele è ridicolo per me”, ha dichiarato Gantz. “Ora non è più un problema di destra, centro o sinistra. Ora il problema è la difesa del nostro sistema democratico da un primo ministro che attacca frontalmente la magistratura e che sta trasformando le elezioni del 9 aprile in un referendum su se stesso, come se vincere le elezioni fosse un salvacondotto per non rispondere nell’unica sede deputata, il tribunale, alle gravi imputazioni formalizzate”, ha affermato, invece, Lapid.

Moshe Yaalon, ex ministro della Difesa, sarebbe pronto a coalizzarsi con il Likud ma senza Netanyahu, mentre in una seconda fase si rivolgerebbe ai laburisti. Per l’Unione dei partiti di destra sono previsti buoni risultati: si tratta di una coalizione che comprende anche Potere ebraico, un piccolo partito della destra radicale vicino alle politiche xenofobe del rabbino Meir Kahane, il cui movimento fu messo fuori legge nel 1994 e giudicato come terrorista dagli USA. Dichiaratosi pronto ad accettare i voti di Potere ebraico e di altri partiti di estrema destra, il premier ha, così, perso il sostegno degli elettori di centro e di destra che condannano la posizione degli eredi di Kahane. In ogni caso, se l’atto di accusa venisse confermato, molti dei suoi alleati potrebbero venir meno in una fase successiva, portando, dunque, a nuove elezioni generali.

Pur non prevedendo la legge israeliana le dimissioni del Primo Ministro in caso di incriminazione a meno che non ci sia l’intervento della Corte Suprema, se venisse condannato definitivamente rischierebbe fino a 10 anni di carcere e una multa per le accuse di corruzione, fino a 3 anni per quelle di frode e violazione della fiducia.

Tanto sostenuto da Vladimir Putin e Donald Trump (“questo legame con i leader del mondo non è scontato”, ha dichiarato a proposito), quanto contestato da una fetta di popolo: molte sono le persone (sia a favore che contrarie al governo) che hanno chiesto le sue dimissioni per le strade di Tel Aviv. “Netanyahu, Israele è imbarazzata”, “corrotto, vattene a casa” e “solo i corrotti temono i tribunali” gli slogan, utilizzati anche a Gerusalemme dove alcuni cittadini si sono riuniti davanti alla residenza del Capo del Governo.

Giorgia Cecca

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