Crisi dell’Esecutivo: il Paese ha definitivamente due governi?
È evidente, ormai, la crisi che sta deteriorando l’alleanza tra la Lega e il Movimento 5 Stelle. Sono aperte le scommesse sulla durata dell’Esecutivo
“Litigano su Siri, legge di bilancio, Rai, Libia, immigrazione, Roma, litigano su tutto. C’è una cosa che però li mette sempre d’accordo: spartirsi le poltrone. Con ritorno alle Province pronti 2500 nuovi incarichi“. A parlare è l’opposizione, Andrea Marcucci, precisamente, presidente dei senatori PD, a proposito della divisione dell’Esecutivo sulla questione Province. Una delle tante divisioni, vista la crisi che sta attraversando il nostro governo.
Quasi un anno fa, la Lega e il Movimento 5 Stelle hanno dato vita al “governo gialloverde”: ad oggi i punti di scontro superano quelli di incontro. Nonostante, infatti, continuino a rassicurare gli elettori che “non si rischia la crisi di governo”, come hanno dimostrato anche Annalisa Cuzzocrea e Matteo Pucciarelli in un’analisi pubblicata su “La Repubblica” del 6 maggio 2019, sta diventando un’ardua impresa impedirla. Il caso Siri, la castrazione chimica, il condono e il Salva Roma sono solo alcune delle questioni su cui il governo non riesce ad accordarsi.
Quello che vede protagonista Armando Siri, il leghista nominato sottosegretario alle infrastrutture e indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta antimafia, è l’ultimo dei casi divisori: da un lato, Matteo Salvini continua a sostenere ancora più fermamente Siri, dichiarando che “possono continuare con tutto il fango, la verità verrà fuori. Possibile che dopo tutti questi giorni e queste polemiche i magistrati non abbiano ancora trovato il tempo di ascoltare Siri?”, poiché è risaputo che le indagini e il “fango” sono ben accetti solo sugli altri.
Dall’altro, il Blog delle Stelle chiede alla Lega “di tirare fuori le p…e su Siri e farlo dimettere“. Il linguaggio forbito, questo sconosciuto. A questo proposito Salvini si dichiara “stufo degli insulti e delle critiche” che “dall’opposizione sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no” e chiede, così, al M5S “di pesare le parole“. Visti i soliti toni dell’attuale Ministro dell’Interno, non si può non rimanere impressionati da tale richiesta.
E poco dopo, infatti, non si smentisce: “A chi mi attacca dico: tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. È l’ultimo avviso“. E minacciando, chiede di non minacciare. Giuseppe Conte, invece, ha precisato di non aver mai “accettato di fare l’arbitro, ma il Presidente del Consiglio“. La vicenda ha, in ogni caso, colpito anche l’elettorato: secondo i sondaggi, il 62% degli italiani ritiene gravi le accuse nei confronti di Siri, mentre il 44% degli stessi pensa che la vicenda abbia messo in discussione la credibilità della Lega e la lotta alla corruzione e alla criminalità di cui si dice promotrice.
È stato il condono fiscale l’argomento genitore di tutti gli scontri successivi, quando, dunque, Di Maio ha parlato di una “manina” autrice di alcune formule presenti nel testo e non previste inizialmente, quali l’estensione del condono all’IVA e all’imposta sui capitali detenuti all’estero, la depenalizzazione del riciclaggio e dell’autoriciclaggio. “All’articolo 9 del decreto fiscale c’è una parte che non avevamo concordato. Una sorta di scudo per i capitali all’estero e una non punibilità per chi evade”, aveva dichiarato. In quell’occasione, la Lega aveva smentito, mentre Conte aveva minacciato le dimissioni causate, dunque, dallo scontro delle due fazioni alleate.
Grande protagonista della crisi dell’alleanza è la Tav: per Salvini è un dovere farla, per il Movimento grillino, no. La Lega, inoltre, è favorevole al ripristino delle Province, considerate uno spreco dal Movimento. “Leggiamo che la Lega continua a parlare di una bozza sulle Province. È vero, la bozza esiste, è della Lega e noi non la condividevamo ieri né la condividiamo oggi. Le Province vanno abolite. Gli sprechi vanno tagliati. Punto“, avevano affermato alcune fonti del Movimento alle quali la Lega aveva risposto accusandolo di “cambiare idea ogni giorno su tutto“.
Mentre il M5S si dichiarava “garante della coesione nazionale“, affermando di non essere d’accordo “se autonomia vuol dire avere scuole di serie A e serie B, sanità di serie A e serie B, cittadini di serie A e serie B”, la Lega lavorava sulle richieste di autonomia della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna.
A novembre del 2018, arriva il ddl anticorruzione, dove i 5 Stelle inseriscono il blocco della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Giulia Bongiorno tenta di impedirlo senza riuscirci, mentre il Guardasigilli prova a preparare una riforma organica del processo. Se la Flat Tax, inoltre, è considerata irrealizzabile dal Movimento, di certo non si può dire lo stesso per la Lega.
L’eterna campagna elettorale è ciò che sicuramente accomuna i due partiti: parlando alla pancia della popolazione e cavalcando l’onda del più becero malcontento e dell’ingiustificabile paura generata, dal nulla, dagli stessi, Salvini sta vincendo con i suoi “porti chiusi”. Ad agosto, infatti, la nave Diciotti, dopo aver salvato 177 migranti, non è stata lodata per il lavoro fatto ma trattenuta per giorni presso il porto di Catania. Dietro l’impedimento dello sbarco c’è Matteo Salvini che, secondo il Tribunale dei Ministri di Catania, è sottoponibile ad un processo che, però, non si è mai tenuto.
In quell’occasione, Danilo Toninelli, il pentastellato a capo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rivendicava una responsabilità comune del governo, mentre Alessandro Di Battista (M5S) consigliava (ma solo inizialmente) di rinunciare all’immunità. Il Presidente della Camera, Roberto Fico, dichiarava: “Se mai arrivasse a me una richiesta della magistratura nei miei confronti per qualsiasi questione, pregherei la Camera di mia appartenenza di dare l’autorizzazione senza se e senza ma”. Sono tutti pienamente coinvolti, nonostante si sentano assolti.
Se Salvini approva la politica venezuelana di Juan Guaidó, il Movimento 5 Stelle non ne riconosce la legittimità (in ogni caso, il governo italiano non riesce a prendere una posizione). Se Salvini prende parte al convegno di Verona sulla “famiglia tradizionale”, il Movimento accusa l’evento di medievalismo; mentre quest’ultimo, inoltre, inserisce nel decreto crescita il “Salva Roma” (riguardante il passaggio al ministero di un prestito obbligazionario), la Lega lo vanifica. Se la castrazione chimica “a difesa delle donne”, prevista per stupratori e pedofili, trova terreno fertile nella Lega, non si può dire lo stesso per il Movimento. Se Di Maio, per il salvataggio di Alitalia, punta su Ferrovie e Delta (senza l’aiuto di Atlantia), la Lega si affida alla società dei Benetton.
Mancando pochi giorni, ormai, alle elezioni europee, si è nel pieno dei sondaggi. Secondo la Supermedia Agi/Youtrend, effettuata sulla base dei dati raccolti da alcuni istituti di sondaggi, la Lega si attesta al 32,3% dei consensi, mentre il Movimento 5 Stelle al 22,3%. Il consenso all’attuale governo resta elevato (80%) e, tra Salvini e Di Maio, il più apprezzato risulta il primo (48% contro 32%). Così come con Siri, non si è cosi neanche nella condanna di Marcello De Vito, presidente del consiglio comunale di Roma, accusato di aver ricevuto tangenti per favorire il progetto di costruzione del nuovo stadio di Roma (e la nota “onestà” pentastellata tanto urlata?): solo il 70% del popolo riconosce la gravità della situazione. La crisi di governo apre, inoltre, le scommesse sulla durata dello stesso: il 21% crede nella durata dell’Esecutivo fino alla fine della magistratura, il 27% vede la sua fine dopo le Europee e, infine, il 19% in quest’anno.
La sete di potere è tutto questo: allearsi con chi si prometteva sempre non si avrebbe mai avuto nulla a che fare. Criminalizzare chi non sposa (giustamente) le politiche dell’Esecutivo, continuando a fare, onestamente e dignitosamente, il proprio lavoro e assolvere chi commette reati e, perché no, autoassolversi quando così conviene. E, infine, autodistruggersi, lentamente, con la mancata consapevolezza del conto che la storia, un giorno, sicuramente presenterà.
Giorgia Cecca