Amministrative Turchia, si torna al voto
Accettato il ricorso di Erdogan per “irregolarità”: il socialdemocratico Imamoglu cercherà la riconferma a fine Giugno
Le amministrative turche di fine Marzo segneranno l’inizio della fine per la Turchia di Erdogan e del suo AKP? Di fine è sicuramente prematuro parlare: il Partito di Giustizia e Sviluppo (AKP) si è comunque confermato nella maggioranza dei comuni del Paese con il 51% delle preferenze, ma è altrettanto vero che ha perso diverse roccaforti, un chiaro segnale di dissenso nei confronti di un’egemonia decennale.
A questo segnale il Presidente Recep Tayyp Erdogan si è affrettato a rispondere nel più totalitario dei modi: facendo ricorso al Consiglio Elettorale – vincendolo – per indire un nuovo turno elettorale per eleggere il sindaco di Istanbul. L’AKP, di stampo islamico conservatore, è alla maggioranza dal 2002 con un trend indiscusso ma con il recente turno amministrativo ha perso 7 di 12 dei più grandi centri cittadini oltre a Smirne, Ankara e Antalya ma, soprattutto, ha visto Istanbul voltargli le spalle.
Seppure di un soffio – parliamo di meno di 14 mila preferenze (48,79% vs 48,62%) – è stato il socialdemocratico Partito Popolare Repubblicano (CHP) a prevalere con Ekrem Imamoglu sul candidato conservatore e fedelissimo di Erdogan Binali Yldirim. Il risultato della città dei due continenti, dove Erdogan è stato anche primo cittadino negli anni novanta per un mandato, è emblematico e rappresentativo per il clima politico turco. Sembra, quindi, che la Turchia inizi a pagare lo scotto di decenni di governo autoritario e di anni di una crisi socio-economica che non accenna a rallentare: disoccupazione al 13,5% ed un’inflazione altissima che riduce il potere di acquisto soprattutto sui beni alimentari.
Con Yldirim già in carica da un mese, la decisione del Consiglio Elettorale ha dato ragione al ricorso dell’AKP, che aveva denunciato illegalità nelle urne di Istanbul in quanto centinaia di membri delle varie commissioni elettorali non erano stati scelti tra i funzionari pubblici, come prevede la normativa vigente. A questo punto, secondo tale criterio, dovrebbero essere ripetute anche le elezioni municipali: invece non ce ne sarà bisogno, considerato che il partito vincente a livello locale è l’AKP.
E’ proprio su questo punto si è giocato il contrattacco del CHP, che ha richiesto un nuovo turno anche per municipi e distretti. La prima reazione dell’opposizione era stata di disappunto: “La nostra democrazia ha subito un duro colpo di Stato” – la denuncia del vicepresidente del CHP Onursal Adiguzel – “La giustizia è stata massacrata” – il CHP aveva comunque deciso di non boicottare le nuove elezioni con l’idea di cavalcare l’onda di popolarità e consenso.
A metà della scorsa settimana, invece, la decisione di passare alla controreazione, spingendo sugli stessi argomenti di Erdogan – accettati dal Consiglio proprio per rimarcare la contraddizione in essere. Inoltre, il CHP richiede anche le dimissioni in blocco dei membri della Commissione Elettorale Suprema, che aveva supervisionato le amministrative, per aver permesso lo svolgimento del turno con figure non idonee. Una contromossa che, al momento, non ha trovato seguito.
Per Erdogan, invece, l’annullamento del voto di Istanbul è un “Passo importante per rafforzare la nostra democrazia”. La piazza si è fatta sentire nell’immediato con una pacifica protesta al ritmo di stoviglie, posate e coperchi e al grido di “Vogliamo una Turchia laica”.
Fortemente critica la posizione dell’Unione europea e della comunità internazionale. Per la Francia si tratta di dittatura, il Ministro degli Esteri tedesco, Mass, ha definito “Incomprensibile” la decisione del Consiglio Elettorale turco ed il belga Verhofstadt, a capo dei liberali a Strasburgo, sottolinea la “difficoltà di un dialogo con l’Unione”. Sulla stessa linea il Consiglio d’Europa la definisce “Non in linea con i principi di libere elezioni“.
Il 23 Giugno Istanbul torna al voto: la strategia del CHP delle prossime settimane sarà quella di far convergere tra le proprie fila i voti delle più piccole realtà politiche, per cui si stimano circa 225 mila consensi in più. Per il momento, questa strada verrà seguita sicuramente dal Partito Comunista, che ha annunciato di chiedere ai propri elettori l’appoggio ad Imamoglu. Il nuovo turno, soprattutto, varrà l’occasione per capire se si tratta di un vero risveglio delle coscienze che potrà segnare l’inizio della fine dell’era Erdogan.