La bellezza del Giappone segreto
Una lettera d’amore al Giappone che non c’è più, che Alex Kerr riporta alla luce e ce lo consegna, arricchendoci
La continua esposizione a immagini dai luoghi più remoti del pianeta, effetto della globalizzazione mutuata dai social network, rende difficile immaginare che ci sia ancora qualcosa da scoprire, soprattutto pensando al Giappone, una delle mete turistiche più desiderate e visitate. Eppure, il Paese del Sol Levante ha una cultura millenaria ineffabile e complessa capace ancora di stupire con la sua magica e arcana bellezza, come accade leggendo il memoir di Alex Kerr, “La bellezza del Giappone segreto”, pubblicato in italiano da EDT con la traduzione dall’inglese di Bruno Amato.
La bellezza del Giappone segreto nasce come una raccolta di articoli scritti per una rivista giapponese. Quattordici tasselli che compongono un mosaico ricco e affascinante sull’evoluzione del Giappone, visto attraverso gli occhi di Alex Kerr, americano, accademico ed esperto di molte arti tradizionali giapponesi, il quale adotta una prospettiva ampia e oggettiva che coglie che cosa è andato perduto e lo riporta fedelmente.
Gli articoli sono raccolti in un libro per la prima volta nel 1993. Nel 1996 il libro viene tradotto dal giapponese in inglese, per poi essere pubblicato in italiano nel 1999. Oggi è edito da EDT con un arricchimento affascinate: ogni capitolo è accompagnato da un ideogramma dell’autore, esperto dell’antica arte calligrafica.
Il primo incontro di Kerr col Giappone avviene da bambino, quando si trasferisce nel Paese del sakura al seguito del padre militare. È il 1964, l’anno delle Olimpiadi di Tokyo. Ai tempi c’è ancora un grande scarto tra le aree urbane e quelle rurali e Kerr ha modo di vivere il vecchio autentico Giappone – con le donne sopra i quarant’anni che indossano il kimono, il rumore dei sandali geta per le strade, i tetti di tegole – prima che il Paese venga stravolto dalla modernità e “dalla polvere del mondo”.
Come dice il proverbio, puoi togliere il ragazzo dal Giappone, ma non il Giappone dal ragazzo e infatti Kerr si laurea in Studi giapponesi a Yale e in Studi cinesi a Oxford per poi tornare a vivere in Giappone. Nei successivi trent’anni dalla sua prima visita, egli gira il Paese in lungo e in largo, mentre ristruttura due case tradizionali, lavora per una fondazione scintoista dedita alla conservazione delle arti tradizionali, vende opere d’arte antica e ne colleziona. L’autore scava nell’anima di ognuna delle sacre arti giapponesi specializzandosi nella calligrafia, cerimonia del tè, teatro nō e kabuki e spiega con entusiasmo che cosa le rende così magiche.
La sua bravura sta nella capacità di esplorare aspetti poco conosciuti e affascinanti della cultura giapponese e delle sue tradizioni, che sono probabilmente poco noti agli stranieri e forse agli stessi giapponesi.
Leggere La bellezza del Giappone segreto equivale a prendere posto in una macchina del tempo per seguire le evoluzioni del Paese e lo stile di vita tradizionale: il glorioso passato, il boom dello sviluppo economico del dopoguerra, i cambiamenti spesso peggiorativi della modernità, che tende a rimpiazzare gli standard estetici del passato con dei simulacri impoveriti. La cultura del passato è stata soppiantata da un surrogato di cultura tradizionale che mischia forme antiche e gusti moderni in una polarizzazione tra un estremo di caos e uno di vuoto.
In vent’anni è cambiato anzitutto l’ambiente naturale che ha perso il suo fascino selvaggio. Secondo la tradizione scintoista c’è stata un’Età degli Dei quando le divinità abitavano sulle alture e tra gli alberi ed era un tabù costruire le case sui monti. Oggi invece le foreste secolari vengono abbattute per fare posto a file ordinate di cedri, gli alberi vengono potati a settembre per evitare che cadano le foglie. Il cemento delle strade ha coperto i fianchi delle montagne, i fiumi hanno gli argini di cemento invece che di pietra. In un Paese così burocratizzato sembra incredibile l’assenza di una regolamentazione sull’estetica degli edifici in costruzione che dovrebbero armonizzarsi col paesaggio circostante, sul numero di piloni lungo le autostrade, sulle linee elettriche da interrare. Segno di disinteresse per l’ecologia e paradossalmente per l’estetica, perché il pragmatico Giappone bada alla soluzione più economica.
Insieme all’autore, pagina dopo pagina, visitiamo case giapponesi tradizionali che sfatano il mito del pavimento fatto di tatami: fino al XII secolo i pavimenti delle abitazioni erano fatti di assi di legno, come si vede nelle antiche pitture e stampe e in alcuni templi zen di Kyoto. Scopriamo l’origine delle case da tè: spazi vuoti da contrapporre al caos del mondo. Il concetto di wabi della filosofia zen, il bonkei, l’arte di ricreare dei paesaggi in miniatura disponendo pietre dalla forma strana e piantine di bonsai su vassoi ricoperti di sabbia.
Incontriamo manufatti che esprimono una visione del mondo peculiare, come l’hossu, una specie di scacciamosche taoista simbolo della necessità di allontanare le preoccupazioni della vita. E poi piatti Imari, casse tansu, accessori di bambù lavorato e pergamene emakimono.
L’elenco delle scoperte da camera delle meraviglie è lungo.
É davvero sorprendente l’ossessione del Giappone per i segreti. Tutto nasce dai templi scintoisti dove anticamente una pietra o uno specchio venivano investiti di poteri mistici e perciò preclusi alla vista dei fedeli.
Ci sono i Buddha hibutsu, ossia “nascosti”, da mostrare ai fedeli alcuni una o due volte l’anno, altri a distanza di decenni e persino di secoli.
L’area più segreta di tutte è quella intorno alla città di Nara dove l’antico scintoismo e il buddismo esoterico nacquero. Nei suoi dintorni, lungo la strada per raggiungere il tempio Murō-ji, nel nulla più totale, c’è un Buddha di 15 metri scolpito nella roccia alla maniera tipica cinese.
Nel Buddismo esoterico sono i mandala, che parlano attraverso un linguaggio fatto di simboli. Lo stesso territorio è un mandala. Ad esempio l’isola di Shikoku con il suo anello sacro di 88 templi è un mandala al cui centro c’è la valle di Iya.
Proprio la scoperta della valle di Iya è stata la storia più avvincente del libro di Kerr. Si tratta della gola più profonda del Giappone, un posto quasi segreto, sconosciuto ai più, non toccato dalla civiltà moderna. Situata sull’isola di Shikoku, la più piccola delle quattro isole principali del Giappone.
Iya è l’unico insediamento su un’altura. L’autore si ricorda come qui nel 1971 i lavoratori dei campi indossavano ancora gli indumenti impermeabili fatti di paglia intrecciata come quelli che si vedono nel film di samurai. Nelle case di Iya si essiccava il tabacco e questo ha reso le pareti di colore nero lucido, come laccate.
Kerr sente così forte il richiamo del luogo da comprare una casa e ristrutturarla insieme agli abitanti del luogo con cui ha stretto amicizia. La chiamerà chiiori (la casa del flauto).
La ristrutturazione della casa gli permette di imbastire il primo profondo viaggio nella cultura, nelle tradizioni locali e di rilevare gli influssi tailandesi e polinesiani di cui risente la concezione dello spazio abitativo nipponico. Inoltre Chiiori è il suo tentativo di salvare l’arte e la cultura originali.
Il racconto di Kerr è fatto anche di incontri straordinari: dal montatore di pergamene e paraventi Kusaka, al celebre onnagata (attore maschio) del kabuki Bando Tamasaburō (autore della postfazione del libro), al maestro di Ikebana Toshiro Kawase, all’esteta David Kidd, grande collezionista d’arte, che gli ha insegnato a leggere i “segreti” custoditi in ogni opera d’arte.
Dopo tanta bellezza è condivisibile l’insofferenza di Kerr nei confronti della deriva moderna del Giappone che ha coinciso con l’occidentalizzazione e tendenza a sbarazzarsi del vecchio per fare posto al nuovo: città con una selva di cavi e di insegne al neon, le rumorose e numerose sale da pachinko (una specie di flipper verticale).
È una cultura che ha il senso del bello ma non ha il senso del brutto. L’estetica tradizionale e i suoi capolavori sono confinati nei musei e nei parchi a tema. Città come Kyoto stanno decadendo per essere rimpiazzate da copie.
“Il Giappone è come un’ostrica. L’ostrica non ama corpi estranei: se il più piccolo granello di sabbia penetra nel suo guscio, l’ostrica trova l’intrusione intollerabile e produce una sostanza, la madreperla, che deposita uno strato dopo l’altro sulla superficie della particella“.
Dalla ricca aneddotica di Kerr si scopre che è impossibile accedere ad un ristorante di grido se non si è stati presentati da qualcuno del luogo. Lo stesso autore dopo 18 anni di vita a Kyoto è stato invitato per la prima volta a casa di una delle più antiche famiglie del posto. Coltivare l’isolamento è una caratteristica storica del Giappone, come l’avversione ai cambiamenti repentini che rende difficile l’influenza esterna, e questo porta all’assenza dal dibattito pubblico di questioni come l’Aids, l’ecologia, i diritti umani.
Il Giappone ritratto da Alex Kerr è un Paese dai forti contrasti, capace di sprigionare un misterioso richiamo. Una lettura piacevole e rivelatrice che conquista con l’entusiasmo erudito e mai pedante dell’autore.
“Solo il sogno più perfetto si avvicina alla realtà” Toshiro Kawase
La bellezza del Giappone segreto
Autore: Alex Kerr
Traduttore: Bruno Amato
Casa Editrice: EDT
Collana: La Piccola Biblioteca di Ulisse
Pagine: 340