Viaggio in treno alla scoperta dei Balcani, dal Montenegro alla Serbia
Dal Montenegro alla Serbia in treno alla scoperta di Bar, Podgorica, Belgrado. Reportage dai Balcani
Periodo del viaggio: 22.06.2018 – 24.06.2018
Sono una delle tante persone rimaste vittima del fascino del mezzo di trasporto simbolo della rivoluzione industriale: il treno. Non so bene perché mi piaccia tanto, probabilmente sono solo una nostalgica e viaggiare in treno mi riporta indietro nel tempo.
Appena il mio amico Gianluca, altro amante dello spostamento su binari, mi ha proposto questo tragitto non ci ho pensato un secondo, ho accettato subito senza nemmeno fare una veloce ricerca su internet. Esiste una linea ferroviaria che collega direttamente il Montenegro alla Serbia, partendo da una cittadina della costa montenegrina, Bar, fino alla capitale della Serbia, Belgrado.
I chilometri totali percorsi sono 476, la durata media è di 12 ore escludendo gli imprevisti, i quali credo siano piuttosto frequenti. Tra le numerose fermate lungo il tragitto c’è anche Podgorica, la capitale del Montenegro, da dove in teoria per chi arriva nel Paese in aereo è più comodo prendere il treno risparmiando qualche ora di viaggio. Noi da bravi fanatici abbiamo scelto di percorrere la tratta dall’inizio alla fine.
Arrivati all’aeroporto di Podgorica (uno dei più piccoli dove sia mai atterrata, il che mi ha suscitato simpatia) attendiamo il nostro autista che generosamente ci concede un veloce giro della capitale, molto stupito della nostra richiesta. Qui apro una piccola parentesi piuttosto drammatica: Podgorica nel secolo scorso è stata bombardata in diversi momenti, durante la seconda guerra mondiale (quando sono stati distrutti tutti i monumenti più antichi della città) e successivamente durante la guerre della ex-Jugoslavia.
Oggi è una città totalmente moderna, ricostruita secondo uno stile architettonico tipico dell’Europa dell’est comunista, vale a dire enormi palazzi squadrati in cemento. L’assenza di punti di interesse o storici ha costretto il nostro autista a improvvisare un giro un po’ a caso all’interno della città, indicandoci quelli che sono i punti di riferimento maggiori per gli abitanti: il centro commerciale, la grande fabbrica di alluminio, un altro centro commerciale.
Poi, sorridendo con tenera soddisfazione, ci ha indicato anche casa sua (aveva un giardino molto carino). Per ultimo ci ha portato di fronte la chiesa ortodossa della Resurrezione di Cristo, piuttosto scenica, anche considerando il confronto con l’architettura della città ben più povera di decorazioni e fronzoli.
Arrivati a Bar ci togliamo subito il pensiero e acquistiamo in stazione i biglietti del treno per il giorno seguente (circa 30 euro a testa), dopodiché ci concediamo un’ora di relax godendoci il mare cristallino su una spiaggia a ciottoli invasa da piccoli granchietti.
La sera scopriamo di aver malauguratamente prenotato un appartamento che affacciava proprio su una discoteca. Notte quasi totalmente insonne.
La mattina successiva, con il torpore di chi ha dormito 6 minuti, ci dirigiamo verso la stazione, e diamo inizio al nostro viaggio ferroviario.
Quando si tratta di affrontare percorsi lunghi mi piace chiacchierare con le persone con cui condivido la cabina, un po’ per ammazzare il tempo, un po’ per la curiosità di capire l’approccio e la mentalità dei locali. In questo caso però non abbiamo mai condiviso la cabina con nessun altro e una seconda difficoltà di comunicazione l’abbiamo riscontrata durante il primo imprevisto della giornata: un guasto al treno che precede il nostro ci costringe ad attendere che arrivino i soccorsi per spostare il mezzo.
Per capirlo abbiamo dovuto tentare di comunicare con una decina di persone prima di trovare un ragazzo che parlasse inglese. Non conosco nel dettaglio la qualità delle ferrovie nella zona dei Balcani, ma non mi ha fatto un’ottima impressione in quanto poco dopo si è guastato anche il nostro.
Tralasciando i dettagli “tecnici” ferroviari, il tragitto offre paesaggi molto suggestivi. Poco dopo la partenza si può godere del panorama sulle acque celesti del Lago di Scutari, successivamente si passa attraverso le Alpi Dinariche che in quest’area sono caratterizzate dalla presenza di gole e canyon.
Si attraversano in totale 254 tunnel e 435 ponti, ma la ciliegina sulla torta è il Viadotto del Mala Rijeka, il più alto viadotto ferroviario del mondo (198 metri di altezza sul fiume). Altra bellezza naturale è il fiume Morača, il quale purtroppo è stato teatro di una strage ferroviaria nel 2006, la più grave nella storia del Paese. La natura del terreno è talmente impervia che per effettuare i soccorsi dovettero utilizzare corde e rampini da arrampicata. Fortunatamente l’abbiamo scoperto solo mesi dopo.
La prima stazione dopo aver superato il confine serbo è quella di Vrbnica. Qui la polizia ha giustamente controllato i nostri passaporti, ma per farlo li ha portati via sparendo per più di dieci minuti. Sono stati attimi di tensione dove ci immaginavamo già scenari pieni di complotti internazionali degni dei migliori film di Hitchcock.
Le prime due disavventure accadute durante il viaggio ci portano alla terza della giornata. A causa dei guasti il treno ha accumulato oltre 3 ore di ritardo, perciò invece di arrivare a destinazione alle 19.59, giungiamo alle 23.10, ma non alla stazione centrale, bensì a quella precedente (o presunta tale!).
Infatti usciti dalla stazione ci ritroviamo in mezzo al nulla, una strada a due corsie che attraversandola portava a quello che al buio assomigliava a un bosco. A peggiorare le cose c’erano diversi fattori: i telefoni non funzionavano, tanto meno connessioni o gps, e con noi c’erano due o tre gruppi di turisti che già stavano andando nel panico.
Quelli del luogo, manco a dirlo, si sono volatilizzati nelle macchine dei loro amici/parenti nel giro di un minuto, quindi non abbiamo avuto il tempo di realizzare che avremmo potuto chiedere loro informazioni. Rientriamo in stazione cercando aiuto, troviamo il capostazione proprio mentre stava per tornare verso casa (chiudendo tutto). Bene, il signore parla solo serbo.
Abbiamo la conferma che la nostra buona stella si è presa un periodo di ferie. Con molta fatica e tanti gesti riusciamo a fargli intuire che abbiamo bisogno di un passaggio, e ammetto che è stato estremamente gentile in quanto ha chiamato lui la società di taxi chiedendo di venirci a prendere (noi non sapevamo nemmeno dove ci trovassimo). Finalmente arriva il nostro taxi, ma scelgo di trascurare i dettagli della qualità della guida perché ancora oggi cerco di dimenticarmene.
Belgrado si è rivelata una città meravigliosa, in alcuni punti del centro storico estremamente curata. Andando verso la periferia gli scenari sono ben diversi, ma non per questo meno affascinanti. La parte più suggestiva probabilmente è quella della Fortezza, dove oltre a vedere il cuore storico della città si può ammirare una magnifica vista sul Danubio e sulla Sava, proprio nel punto in cui i due fiumi si incontrano.
Il quartiere più poetico è Skadarlija, dal sapore europeo e bohémien, ricco di coloratissimi ristorantini e locali che propongono cucine di tutti i tipi a prezzi più alti rispetto al resto della città, ma comunque contenuti.
Altro luogo che abbiamo apprezzato molto è il mercato centrale “Zeleni Venac”, il più antico della città, che ha dato il nome all’intero quartiere in cui si trova. Il nome significa “Ghirlanda Verde”, e pare che si chiami così perché un tempo c’era un kafana (una sorta di bar/bistrò) sulla porta del quale il proprietario vi appese una ghirlanda. Oggi c’è un McDonald’s.
Il nostro viaggio termina qui, c’era molto altro da vedere e fare ma il tempo a disposizione era poco. È stata una toccata e fuga estremamente emozionante nonostante i piccoli inconvenienti incontrati.
D’altronde, per un viaggiatore incallito, che avventura sarebbe senza imprevisti da affrontare?
Testo e foto di Francesca Romana Abbonato