“Gioco come sono”: Gigi Datome si racconta in un libro

Tempo di lettura 5 minuti
Abbiamo intervistato la stella del basket azzurro Gigi Datome e il giornalista Francesco Carotti: insieme hanno scritto “Gioco come sono”, autoritratto “senza peli sulla lingua” del campione sardo

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La copertina di “Gioco come sono”, autoritratto di Gigi Datome

Luigi “Gigi” Datome, una stella della pallacanestro italiana che dalla Sardegna, passando per Siena, Scafati, Roma e NBA, è approdata in Turchia alla corte di Željko Obradović nel Fenerbahçe, dove ha conquistato uno dei trofei più ambiti, l’Eurolega. Un talento cristallino che ha sempre dimostrato un’umiltà davvero rara, sul parquet, nella vita personale e in “Gioco come sono” (Rizzoli, 2019), libro scritto a quattro mani con l’amico Francesco Carotti.

Eppure non è stato proprio semplice convincerti a buttar giù i tuoi pensieri…

Gigi Datome: È vero, partire non è stato affatto facile. Lo scrive anche Francesco nella sua introduzione: l’idea del libro nel bel mezzo della carriera non mi andava a genio. Invece la formula che abbiamo trovato, suggeritaci dal comune amico Michele Dalai, mi ha convinto che si poteva fare, e piano piano mi sono proprio divertito e impegnato molto perché potesse venire fuori qualcosa di scorrevole ma profondo nella sua semplicità.

In “Gioco come sono” racconti, attraverso uno schema preciso ma assolutamente libero, la tua vita, come ti sei avvicinato alla palla a spicchi, e il rapporto con tutti i tuoi coach, dalla Santa Croce in poi. Senza svelare troppo ai lettori, puoi dirti soddisfatto del rapporto avuto con ognuno di loro?

Come in ogni lavoro è difficile che il tuo capo ti vada sempre a genio. Tante volte, proprio per rispetto della separazione dei ruoli, non ho mai approfondito più di tanto i rapporti umani, limitandomi al campo, alla pallacanestro. Nel bene e nel male però devo dire che ogni allenatore mi ha lasciato qualcosa, sia tecnicamente che umanamente. Anche dalle esperienze peggiori ho sempre cercato di portare a casa una lezione e nel libro le racconto.

Nella tua carriera hai avuto periodi bellissimi, e altrettanti negativi, ma quello che traspare sfogliando le pagine del libro è che le persone a te più care ti siano sempre state vicine, soprattutto nei momenti di difficoltà. Un aneddoto in particolare?

Di aneddoti nel libro ce ne sono diversi e tanti legati sia alla famiglia che agli amici. Sono il mio punto di riferimento, la mia certezza nella precarietà della nostra vita in cui le emozioni sono dettate anche da una palla che gira sul ferro ed entra o esce. Sapere che famiglia ed amici ci sono sempre per me è fondamentale.

Nell’articolo che abbiamo pubblicato abbiamo fatto delle domande anche al co-autore di “Gioco come sono”, Francesco Carotti. Amicizia, grande stima reciproca, ma prima di tutto questo avete avuto bisogno di “conoscervi meglio”!

Come in tutte le vere amicizie che si rispettano. Non siamo amici solo perché ci piace divertirci insieme, c’è una grande comunione di vedute, di valori e di esperienze che negli anni ci hanno fatto avvicinare sempre di più. Anche il libro ci ha avvicinato ulteriormente, non avrei potuto scriverlo con nessun altro.


Francesco, ci siamo conosciuti ormai tanti anni fa, quando tu eri al Corriere dello Sport e io ero un giovanissimo reporter alle prime armi. E proprio in quel periodo, era il 2008, un altrettanto giovane Gigi Datome approdava alla Virtus Roma. Che ricordi hai del 21enne che qualche anno dopo avrebbe accarezzato il sogno di riportare lo scudetto nella capitale?

Francesco Carotti: È passato un po’ di tempo, in effetti. I ricordi sono ancora vividi, i flashback li ho ben presenti in testa. Fu una scelta precisa di Dejan Bodiroga, che lo volle con sé, perché rimase colpito quando ci giocò contro l’anno precedente. Gigi arrivò dopo un tira e molla estenuante con Siena, ma a settembre in preseason si presentò in parterre in una amichevole contro la Stella Rossa. Era timido, ma sicuro dei suoi mezzi, educato e riservato. Un ragazzo con la testa sulle spalle che già allora dava chiara la sensazione di avere una famiglia solida alle spalle e dei valori. Come racconto anche nella intro del libro non fu amore a prima vista, tutt’altro, ma solo lentamente il nostro rapporto andò per il verso giusto. Ricordo un ragazzo che teneva tantissimo a ciò che faceva e da giovane soffriva molto il fatto di non avere una chance per dimostrare il suo valore. Cosa che accade oggi a tanti giovani della nostra pallacanestro che spesso passano stagioni a marcire in panchina.

Per scrivere “Gioco come sono” Datome si è affidato a dieci oggetti per lui significativi, grazie ai quali ha trovato ispirazione per raccontarsi in modo intelligente e, in molti passaggi, divertendosi. Il tutto è collegato al basket, ma ciò che lo rende davvero speciale è quello che lui dà non solo in campo.

Il basket è il miglior attore non protagonista del libro. C’è sempre, è lì, ma non è la cosa più importante. Quello che invece è al centro di tutto è proprio Gigi. Le sue abitudini, i suoi pensieri, le sue giornate e il suo modo di essere se stesso. Lo conosco ormai da tanti anni e, da ragazzo timido e riservato, devo confessare che si è aperto veramente molto. Si è raccontato senza veli né peli sulla lingua e questo mi rende davvero orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto.

Spesso un atleta, di qualsiasi sport si parli, tende ad essere individualista. Pensi che Gigi, anzi, Luigi, come lo chiama la madre, possa essere definito come uno dei giocatori al contrario più generosi che tu abbia mai visto nel tuo lavoro di giornalista di pallacanestro?

Non posso e non devo essere io a dirlo, perché ovviamente potrei sembrare di parte. Posso però testimoniare come Gigi si comportava quando facevo il giornalista, rispettando sempre i segreti dello spogliatoio al di là dell’amicizia che c’era fra noi, e allo stesso tempo l’importanza che Gigi ha avuto nei miei anni da team manager quando era capitano della squadra che ha sfiorato lo scudetto. Sono piccole cose, quelle che fanno la differenza, proprio in quelle Gigi è bravissimo, perché spesso e volentieri sa calarsi nei panni di chi ha di fronte e cerca di fare il massimo per il gruppo e per la squadra. Penso, non me ne voglia nessuno, che oggi Gigi sia il prototipo del capitano, sia per la Nazionale che per un club, e le parole pesanti che dice di lui un mostro sacro come Obradović nella prefazione del libro penso siano la testimonianza di ciò che sto dicendo.

Interviste a cura di Graziano Rossi

Gioco come sono
Luigi Datome con Francesco Carotti
Rizzoli, 2019
pp 272, € 17

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