Colombia, si incrina la pace
A poche settimane dalle elezioni locali, irrompe l’ala dissidente degli ex guerriglieri: è riarmo, stavolta con fini difensivi
Si riaccende la guerriglia. A tre anni dalla pace siglata a l’Avana, i dissidenti delle FARC si riarmano: questa volta, chiariscono, solo per difesa. Lo ha annunciato la scorsa settimana l’ex numero due delle Forze Armate Rivoluzionarie di Colombia, l’ex vicesegretario Luciano Marin Arango, meglio conosciuto come Ivan Marquez.
E non si può dire che sia una completa sorpresa. Durante la scorsa primavera, infatti, era emerso in modo sempre più forte il dissenso di una parte degli ex guerriglieri rispetto a quello che è stato il prosieguo all’accordo di pace: Marquez ed i suoi sostenitori avevano parlato più volte di “tradimento da parte del governo Colombiano”. Lo stesso Marquez, data la posizione occupata internamente alle FARC, era stato tra i principali fautori delle negoziazioni che hanno portato all’accordo di L’Avana.
La nuova uscita ha generato aspre critiche sia da parte del Presidente Ivan Duque – che non è mai stato un sostenitore della pace – sia degli esponenti governativi, sia da parte dello stesso Londoño, ex capo delle Farc ed oggi leader di Forze Alternative Rivoluzionarie del Comune (di nuovo FARC, in acronimo), il partito politico in cui si sono ricomposti gli ex leader della guerriglia.
Come prime misure del Governo di Ivan Duque, è stata posta una taglia di oltre 800 mila dollari sulla testa di Marquez e degli altri dissidenti che lo hanno affiancato nella riapparizione oltre a richiedere il disarmo anche degli uomini della scorta quando non operativi. Una decisione, questa, che ha irrigidito lo stesso Londoño, per il resto vicino alle posizioni governative.
Duque, che come abbiamo detto ha sempre fatto parte dei critici della negoziazione, ha accusato i dissidenti di “una vera e propria azione criminale che viola gli accordi presi”. Per il Presidente colombiano, in carica da Agosto 2018, gli ex guerriglieri sono tutt’ora legati al narcotraffico ed appoggiati dal Venezuela di Nicolas Maduro, storico nemico politico.
Ma ripercorriamo i fatti. Nel Novembre del 2016 le FARC guidate da Rodrigo Londoño Echeverri, nome di guerriglia Timochenko, si incontrano con l’ex presidente Manuel Santos nella capitale cubana, al cospetto di Raul Castro, per siglare un accordo di pace con il governo colombiano che metterà fine a 53 anni di lotta armata.
Il patto prevedeva l’immediato cessate il fuoco ed una graduale deposizione delle armi da parte dei guerriglieri che inizierà nel giugno successivo. Sul tavolo della negoziazione anche l’amnistia per i reati dei leader militanti e la possibilità di costituirsi partito politico con accesso a dieci posti in parlamento. Questi ultimi due elementi avevano suscitato le critiche di ampia parte della popolazione colombiana e dell’ex Presidente Uribe, contrari a condonare le colpe dei militanti. Critiche che non si sono mai sopite e che, in questi giorni, stanno diventando più aspre.
Questi i patti sulla carta. Negli ultimi tre anni, come era lecito aspettarsi, il processo non è decorso in modo lineare ed omogeneo. Sebbene Timochenko continui a parlare di un stragrande maggioranza delle FARC impegnata nel seguire il percorso stabilito senza remore e recriminazioni, fonti governative lasciano intendere che la guerriglia non sia mai del tutto sparita e stimano circa 2.300 dissidenti tuttora organizzati in piccoli gruppi rurali tra cui centinaia di nuove reclute.
Ma cosa ha spinto gli ex guerriglieri ad abbandonare i seggi in Senato e Congresso per tornare al riarmo? Secondo i dati registrati dalle FARC, dal 2016 sono stati assassinati 134 ex guerriglieri e 34 loro familiari, cui si aggiungono 11 sparizioni rimaste irrisolte e non indagate. Il governo, che tende ad ufficializzare cifre inferiori, assicura di aver creato una task force apposita per garantire la salvaguardia degli ex guerriglieri che adesso stanno tornando alla vita civile.
Nel il video in cui Marquez compare accompagnato da una ventina di militanti per proclamare la ripresa delle armi sono stati annunciati motivi ed azioni future. Questa volta, però, strategie ed obiettivi d’azione saranno diversi. Il riarmo è previsto per i soli casi di difesa: dalla dichiarazione dello stesso Marquez “Non ci saranno sequestri, attacchi a forze armate, ma difesa armata solamente in caso di aggressioni. Ci impegniamo ad un dialogo costante con imprenditori e contadini locali per il benessere delle comunità rurali e urbane”.
Il nuovo leader dei dissidenti, affiancato, tra gli altri, da altri due esponenti di spicco come Jesus Santrich e Hernan Velazquez, ha assicurato che la nuova lotta sarà dedicata ad estirpare “L’oligarchia corrotta e mafiosa che impedisce lo sviluppo del Paese”. Marquez ha già anticipato cercheranno un’alleanza con l’Esercito di Liberazione Nazionale, l’ELN, l’unica guerriglia attualmente ancora operativa.
La “crisi della pace”, se così può essere definita, arriva a ridosso delle elezioni locali di Ottobre: elemento che preme particolarmente sui calcoli personali di Londoño.