La visione “cieca” della sperimentazione

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Un progetto di ricerca sulla corteccia visiva, che prevede l’utilizzo di sei macachi a cui sarà lesionata la vista, riapre il dibattito sulla sperimentazione animale

A Parma nello Stabulario universitario vivono sei macachi per il progetto di ricerca “Lightup – Turning the cortically blind brain to see” , voluto dall’Università di Torino e di Parma, per lo studio sulla corteccia visiva.

L’esperimento, che comporta l’uso dei macachi, condurrà all’asportazione chirurgica di aree della corteccia visiva rendendo gli animali clinicamente ciechi. Lo studio ha ottenuto un finanziamento europeo di oltre 2 milioni di euro. L’autorizzazione a tali esperimenti e il loro finanziamento hanno riportato al centro il discusso dibattito sulla sperimentazione animale che tocca le coscienze e la sensibilità di molti cittadini.

La Lav, da sempre in prima linea contro al vivisezione, ha lanciato in rete una petizione che in pochi giorni ha raggiunto oltre 40 mila firme.

I macachi, dunque, verranno prima sottoposti a un training durante il quale, quasi ogni giorno, per ore, verranno immobilizzati su delle sedie e costretti a riconoscere delle immagini. Dopo questa fase saranno resi ciechi. L’intervento al cervello, molto invasivo e dolorosoha già portato all’impianto di viti conficcate nel cranio e, in primavera, seguiranno operazioni chirurgiche più invasive. L’intera sperimentazione durerà 5 anni e avrà come obiettivo quello di validare procedure riabilitative che possano permettere il recupero della vista in pazienti ciechi in seguito a una lesione al cervello.

Lo studio sarà condotto contemporaneamente, e non dopo, anche su volontari umani a dimostrazione che i test sugli animali sono assolutamente inutili. La ricerca su nuove cure per persone ipovedenti ha compiuto passi importanti solo grazie alle sperimentazioni su malati umani consapevoli.

A detta della Lega Anti Vivisezione, infatti, si tratta di un’inutile crudeltà, che non garantisce alcun risultato. A prova di ciò i dati del National Center for Advancing Translational Sciences (NCATS), secondo cui  i test sugli animali falliscono nel 95% dei casi.

Intanto i ricercatori che lavorano al progetto hanno dichiarato: “Contrariamente a quanto riportato nel testo della petizione gli animali non verranno resi ciechi .Sarà invece prodotta una macchia cieca, circoscritta a una zona di pochi gradi del loro campo visivo e limitata a un solo lato. Come hanno dimostrato numerosi studi precedenti, questa operazione ha un impatto minimo e l’animale resterà in grado di vedere e spostarsi normalmente nell’ambiente, alimentarsi e interagire con i propri simili. Inoltre, il cervello non è un organo sensibile e non ha recettori per il dolore. Prima di proporre la riabilitazione ai pazienti, è necessario che i meccanismi neurali alla base del recupero della vista siano studiati sull’animale, e le procedure riabilitative valutate rispetto alla loro efficacia e sicurezza”.

Secondo i ricercatori, dunque, il cervello non ha recettori del dolore e di per sé non è un organo sensibile.  Di contro Michela Kuan, responsabile Lav Area Ricerca senza Animali, ha risposto: “Allora perché mai anestetizzare i pazienti negli interventi al cervello? Se fosse indolore, avremmo volontari che si sottopongono a operazioni a cranio aperto completamente svegli. In ogni caso, la procedura è stata classificata come una sperimentazione col più alto grado di dolore, come si può dire che non soffrono”.

Intanto, il 4 novembre scorso, Riccardo Trespidi, dottore in Medicina Generale a Verona e membro dell’associazione “Medicina non violenta”, si è incatenato dentro la biblioteca Meneghetti per protestare contro l’attuale sperimentazione sui macachi chiedendo di incontrare il rettore dell’Università.

Il grande filosofo Mahatma Gandhi dichiarò: “Di tutti i crimini neri che l’uomo commette contro Dio ed il Creato, la vivisezione è il più nero“.

Ebbene, oltre a doverci interrogare sul valore etico e sulla crudeltà della sperimentazione animale, dovremmo soffermarci e chiederci se gli esseri umani possano decidere della vita e della morte di altri esseri senzienti e, fino a che punto, tutto ciò diventa lecito in nome della scienza?

Alessandra Bernardo

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