Un mito chiamato Michael Schumacher. Tanti auguri Kaiser
Compie 51 anni l’uomo che più di tutti ha impresso il suo nome nell’albo d’oro e nella storia della Formula 1: Michael Schumacher
Il pilota tedesco ha dominato il mondo delle corse con indosso una tuta rossa con sopra cucito il cavallino rampate. Insieme a Ross Brawn e a Jean Todt ha scritto pagine importanti non solo della storia della Ferrari ma della massima serie automobilistica.
Per molti giovani che si stanno appassionando alla F1 grazie alle gesta di Lewis Hamilton, Max Verstappen e Sebastian Vettel, quello del tedesco è solo un nome ricorrente. Lo sentono spesso associare al quattro volte campione del mondo, che di Schumi era un pupillo.
I tifosi del cavallino hanno accolto con gioia il suo arrivo, perché, ogni qualvolta “Seb” taglia il traguardo per primo e si presenta sul podio, al partire dell’inno tedesco, dalle loro guance scende una lacrima o parte un sussulto al cuore. La mente vola inevitabilmente là, a quel pilota di rosso vestito capace di annientare compagni ed avversari, chiudendo trionfalmente campionati già a metà stagione. Per loro, questo è un ideale passaggio di consegne, che troverà la sua definitiva consacrazione solo quando il pilota di Heppenheim eguaglierà il suo maestro laureandosi campione del mondo.
Ma per chi come me l’ha visto correre, Schumacher era molto di più. In una Formula 1 che non godeva nel nostro Paese della copertura mediatica e tecnologica di ora, era il premio personale per essersi alzati dal letto ben prima che il sole sorgesse.
Il pilota di Hurth ha corso in un’epoca in cui non c’era il DRS, l’aerodinamica era importante ma non vitale, c’era il rifornimento di carburante e la libertà nel poter scegliere le gomme nelle diverse fasi di gara. Dove la squadra, intesa nella sua interezza, dal Presidente fino all’ultimo dei meccanici aveva una sua importanza. Ed è così, con il gioco di squadra che lui, che era la punta di diamante di questo sistema, dopo ben 21 anni di assenza è riuscito a riportare a Maranello il titolo piloti.
Quello è stato solo l’inizio. Ogni anno, da quel giorno, c’era l’ansia, al gran premio di Australia a Melbourne di vedere se, nonostante i molti successi, questo grande campione si presentasse all’avvio di un nuovo campionato con la voglia di sempre. Con indosso la tuta della Ferrari l’ha fatto fino al giorno del suo ritiro.
I tifosi della Rossa lo hanno amato profondamente anche quando, nel 2010, decise di tornare in Formula 1 sposando la causa della neonata scuderia Mercedes, che puntava sulle qualità di Schumacher per costruire una squadra che nel tempo avesse potuto competere per il campionato. I fan della rossa hanno compreso che a spingere il loro idolo a tornare era l’amore incondizionato che aveva per questo sport e per le emozioni che sapeva dargli.
La Formula 1 intesa nella sua globalità non ha fatto mancare alla famiglia Schumacher la sua vicinanza dal 29 dicembre 2013, quando a Meribel in Francia, Michael sciando battè violentemente la testa vivendo i successivi anni nel riserbo più totale.
I miti a volte devono avere il sacrosanto diritto di essere ricordati al meglio ed è per questo che gli appassionati del mondo delle corse forse ancora oggi pensando a lui lo vedranno in volo, coi pugni ben chiusi, nella classica posa che amava assumere quando festeggiava i suoi trionfi dal gradino più alto del podio. Perché Michael Schumacher da Hurth è per gli appassionati un supereroe, il classico racconto da fare ai nipotini in età avanzata.
Auguri Michael, a nome di tutti gli appassionati ti ringrazio per le emozioni che sei stato in grado di farci vivere nell’arco della tua carriera.
Andrea Pulcini
Andrea Pulcini