Stella, ovvero un amore ai tempi della Germania nazista
Una storia d’amore ai tempi in cui un’intera nazione aveva ceduto la sua umanità e si era trasformata in belva
Il romanzo prende il via in Svizzera. Friedrich, all’inizio della narrazione, è solo un bambino che presto conosce l’anaffettività dei suoi genitori e la ferocia degli esseri umani.
Una madre che riversa su di lui le sue ambizioni artistiche frustrate e che si arrabbia, invece che compatirlo o consolarlo, quando a seguito di un incidente perde la capacità di distinguere i colori.
Un padre che non c’è mai ma che gli ha insegnato che bisogna prendersi cura degli altri e l’importanza e la dignità della verità.
Una cuoca amorevole che lo cresce a suon di panzerotti (l’equivalente svizzero ovviamente!).
A circa vent’anni, in un afflato di indipendenza, decide di partire.
Adolf Hitler è già al potere e cominciano a circolare voci di furgoni che di notte caricano intere famiglie di ebrei per portarle non si sa dove. Lui, che con le disponibilità economiche della sua famiglia potrebbe andare ovunque, decide di infilarsi proprio a Berlino: vuole verificare cosa c’è di fondato e cosa di infondato in quelle voci, vuole conoscere la verità.
Ad un corso d’arte conosce Kristin, bella bionda vivace. E ovviamente se ne innamora.
Sullo sfondo una Berlino un po’ cupa, strade poco frequentate, militari e controlli, alberghi di lusso e bunker antiaerei, locali malfamati in cui suonano musica proibita e in cui si ritrovano compagnie ambigue.
Vive l’amore con Kristin, come tutti i primi grandi amori, in maniera pressoché totalizzante e accecante. Si sente amato e questo lo appaga. Può permettersi un elevato tenore di vita nonostante il razionamento. Qualche svastica in giro ma non tracce di furgoni.
Arriva il momento in cui la bolla della sua ingenuità si infrange bruscamente: Kristin, dopo giorni in cui era sparita e non dava notizie di sé, torna da lui con la testa rasata, lividi ovunque, ferite e altre tracce di tortura. Kristin non è il suo vero nome. Il suo nome è Stella.
Ci sono aspetti di questo romanzo apprezzabili: la narrazione della prima parte con la costruzione del personaggio di Friedrich; lo stile che, a inizio capitolo, fa ricorso a brevi testi introduttivi in cui si fa il punto (brevemente, quasi per titoli di giornale) di quello che sta avvenendo in quel momento in Germania, in Europa, nel mondo, includendo anche fatti di cronaca e di politica ed elementi apparentemente meno rilevanti; l’inserimento di estratti di testimonianze reali (anche se ci vuole un po’ affinché acquisiscano senso nella narrazione generale). Di sicuro gli eventi narrati e lo spiraglio su alcuni personaggi hanno saputo rendere l’idea della terribile deriva di una nazione che ha ceduto la sua umanità e si è trasformata in belva.
Altri aspetti del romanzo però non sono convincenti. Tra la prima e la seconda parte, per esempio, tra il Friedrich bambino e il giovane adulto, tra la Svizzera e Berlino, c’è uno scarto che l’autore non colma: non c’è sviluppo nel personaggio, non c’è una maturazione, non un’evoluzione significativa. Si può pensare inizialmente che sia una sorta di romanzo di formazione ma il personaggio “non si forma”, esce da una bolla ma non matura. Di fronte alla verità, quella stessa verità che con tanta ingenuità è andato a cercare, semplicemente rimane immobile prima e volta la schiena poi.
Nel complesso è tutto narrativamente un po’ troppo superficiale: dal pretesto per andare a Berlino, ai personaggi che Friedrich incontra. Friedrich sembra accettare troppo passivamente tutto. Non prende posizione, non sceglie.
Considerato anche che Stella Goldschlag è un personaggio realmente esistito, l’autore poteva metterci di più del suo.