Donne di Gesso: donne forti e Abruzzo nel romanzo d’esordio di Valeria Masciantonio
Valeria Masciantonio, al suo primo romanzo, crea personaggi femminili forti e generosi e ricrea l’entroterra abruzzese in pagine che ammaliano e costringono a farsi leggere d’un fiato nella speranza che tutto vada a finire bene
Sono donne le protagoniste di questo romanzo ambientato nell’entroterra abruzzese. Donne pratiche, umili e forti. Donne che non si lamentano mentre lavorano. Donne che comprendono e che proteggono.
Tutto inizia a Gesso, con una giovane Carmina che ha la forza di rompere un fidanzamento che le fa prefigurare un futuro infelice. Carmina che da brava figlia aveva accettato quel fidanzamento. Carmina che dell’amore non sa ancora niente. Carmina che in cuor suo sa che sarà infelice sposando quel ragazzo ma che non vuole ammetterlo per non disonorare la sua famiglia.
La madre però, altra donna di poche parole e di cuore grande, si accorge della preoccupazione della figlia, riesce a farsi confessare dalla ragazza il suo stato d’animo e le sue ragioni. E, non volendola vedere infelice, la supporta.
Ci vorranno anni perché le male lingue smettano di ricordarle l’affronto e il disonore che ha arrecato alla famiglia. E nel frattempo Carmina semplicemente lavora, aiuta la famiglia, non si stanca mai. Ha il rispetto della sua famiglia e tanto le basta. L’amore arriverà e si farà conoscere, con i suoi tremori immotivati e le emozioni irrazionali. Arriverà il matrimonio e arriveranno i figli. Ci sarà gioia e ci sarà dolore.
L’inizio della seconda parte del romanzo crea una cesura inaspettata nella narrazione. Da Gesso l’ambientazione si sposta alle Calavrisi. Un’altra famiglia è protagonista delle vicende. Tanto che per alcuni capitoli si ha quasi il dubbio che non si tratti di un romanzo unitario ma di una raccolta di racconti. Ma presto la narrazione si ricongiunge alla parte iniziale con il fidanzamento di Antonietta (una delle figlie di Carmina) che, passata la trentina, si aspettava tutto tranne che una proposta di matrimonio.
Antonietta sposa un vedovo. La suocera, troppo affezionata alla prima nuora, non la accetterà mai e la tormenterà fino alla sua morte avvenuta poco dopo la nascita di Giuseppina. Seguiamo quindi le vicende della nipote di Carmina che nasce, cresce, va a vivere con la nonna e la zia, si sposa e aspetta un bambino.
La narrazione si conclude il giorno del funerale di Carmina.
Le vicende vanno dall’inizio del secolo scorso fino all’incirca agli anni novanta seguendo diverse generazioni della stessa famiglia, in questo non dissimile da altri romanzi. Il trascorrere del tempo da un punto di vista storico viene solo accennato. Il marito di Carmina parte per la guerra che capiamo essere la prima guerra mondiale. Il marito di Antonietta lo conosciamo al ritorno dalla seconda guerra mondiale.
Giuseppina prende la patente, guida una cinquecento e porta i pantaloni a zampa di elefante. Dettagli minimi in un tempo che a Gesso sembra pressoché congelato e immutabile fatta eccezione per il trascorrere delle stagioni. La natura e il suo evolversi per certi versi accompagna e impone il ritmo alla narrazione delle vicende.
E poi c’è un’altra protagonista: la superstizione. Le donne si ritrovano la sera davanti l’uscio delle case e parlano di Quelli della buona sera, rigorosamente con i piedi incrociati per non farsi sentire. Si tratta di uomini e donne che hanno fatto un patto con il maligno, responsabili della cattiva sorte e della morte prematura dei bambini. Quelli della buona sera sono temuti ed evitati. A Gesso nessuno dà la mano a nessuno perché è così che Quelli della buona sera fanno diventare le persone come loro. Ma la superstizione, si sa, è solo un modo per spiegare ciò che non si riesce a spiegare. Per trovare una ragione nel dolore e nella sofferenza.
In circa 160 pagine l’autrice Valeria Masciantonio, al suo esordio, immerge il lettore nella vita del piccolo paese di Gesso e questi si affeziona alle sue protagoniste. Le pagine ammaliano e costringono a farsi leggere d’un fiato nella speranza che tutto vada a finire bene.
Il finale è spiazzante: forse dovevamo intuirlo ma neppure Carmina l’aveva indovinato prima.