L’inguaribile di Tommaso Soldini e il surreale viaggio del suo Michè
Michele Incassa affronta, come un nuovo Alice trascinato dagli eventi, un viaggio per certi versi surreali
La copertina di questo libro rivela molto del suo contenuto.
L’inguaribile di Tommaso Soldini, uscito a fine febbraio per Marcos y Marcos, non ha assolutamente un’evoluzione lineare. Ma procediamo con ordine, almeno qui.
Michele Incassa, per gli amici Miché, nel corso di una serata in famiglia come tante in cui lui e la moglie Gemma leggono un libro alle loro bambine scopre che il suo matrimonio è finito. Da un momento all’altro finisce fuori di casa.
Tra notti passate a dormire tutto storto sul sedile posteriore della sua macchina, poi a casa di amici, infine in un appartamento tutto per sé, si ritrova completamente basito e frustrato dagli eventi.
Giornalista per uno degli ultimi giornali di carta (come con orgoglio ama affermare), troverà un po’ di entusiasmo e di vivacità nello studiare il caso Ratter, un caso di cronaca nera che sta monopolizzando l’attenzione pubblica.
Nel frattempo una sua collega, Giorgia, si prende amorevolmente cura di lui attendendo con speranza e pazienza il momento in cui Michele, dopo aver finalmente dimenticato Gemma, si getterà tra le sue braccia.
Dopo circa un anno dalla sera in cui la sua vita è cambiata, Miché firma le carte per il divorzio accettando tutte le condizioni imposte da Gemma. Con lei, di fatto, non c’è stato un confronto se non qualche lista di colpe ammesse e rimproveri minuziosi scambiati per lettera e tramite avvocati. È ancora prevalente lo stato d’animo di chi ha capito ben poco di tutta la faccenda.
Uscito dallo studio dell’avvocato riconoscerà la moglie nella donna col cappello rosso che sta entrando in un club per scambisti e la seguirà ignaro di cosa vi troverà dentro ma determinato a trovarla.
Sono numerosi i riferimenti letterari presenti in questo libro: il fantasma di Canterville, l’Odissea e molti altri. Ma primo fra tutti, e particolarmente utile per capire l’ispirazione e il risultato cercato e trovato dall’autore, è quello di Alice nel paese delle Meraviglie.
Michele ha i suoi personali Coniglio Bianco e Stregatto sia nella ricerca analitica e al contempo creativa intorno al caso di cronaca nera su cui lavora sia nella ricerca di comprensione rispetto alla decisione di Gemma.
È un viaggio come lo era quello di Alice e, come Alice, Michè si trova in tante microstorie non necessariamente collegate tra loro e con una certa componente onirica. Michè si lascia trascinare dagli eventi, non sembra poter o essere veramente capace di decidere il proprio percorso.
Le date degli eventi corrono continuamente avanti e indietro (si guardi attentamente la copertina per averne una rappresentazione efficace).
Interessante lo stile che, con l’utilizzo di frasi incompiute, rende bene la difficoltà di comunicazione tra Michè e Gemma.
Ho apprezzato, nella parentesi della ricerca sul caso Ratter, la capacità di descrizione dei personaggi: Miché si immedesima in loro cercando di capire cosa può averli mossi, cosa verosimilmente hanno detto, come probabilmente hanno agito. E, in questo procedimento creativo con cui cerca di ricostruire la propria versione della vicenda a partire dai dati oggettivi o ad essi agganciandosi per verificare le ipotesi o confutarle, il lettore vede distintamente i personaggi davanti a sé e ne comprende le verosimili motivazioni.
Ma è solo una parentesi: il romanzo non è un romanzo giallo né un thriller e il caso Ratter è solo una delle tappe del viaggio di Alice-Miché. È uno dei tasselli per comprendere l’uomo protagonista delle vicende ma a livello di trama rimane un’ansa nella narrazione che, nel percorso narrativo, avrebbe potuto essere superata con un ponte, un sentiero parallelo o una scorciatoia. O che, al contrario, avrebbe meritato un finale che conferisse maggiore dignità e significato a quella deviazione dal percorso principale.
Il culmine dell’elemento onirico, anche se di sogno non si tratta, sta nell’espediente dello swinger club, un locale per scambisti e/o amanti con gusti particolari in cui Miché, alla ricerca di Gemma, finisce per passare 8 lunghe ore perdendo completamente la cognizione dello spazio e del tempo. Come un novello Ulisse affronterà la battaglia dei proci per riprendersi la sua amata Penelope, attraverserà stanze e corridoi e luci, finirà sommerso dalle acque per poi riemergere, fare a pugni e ritrovarsi nella stanza di casa e poi rendersi conto che era solo una fedele imitazione.
La scena più bella rimane per me quella della serata conclusiva con Giorgia: mentre parla (come Gemma non ha mai fatto) e il rimmel cola a macchiarle il viso, Miché vede Gemma. Gemma e Giorgia si sovrappongono senza combaciare richiamando un effetto simile a quello di alcuni film in cui l’immagine ologrammica va e viene e labile svela dietro i pixel la realtà dietro di essa.
Se pure è possibile trovare la rotta nelle evoluzioni della trama, alcuni elementi risultano innecessari: il finale nel complesso è povero e fa così retroattivamente perdere pregnanza a elementi narrativi che, con uno scioglimento diverso, avrebbero invece potuto essere valorizzati.
Manca la definizione del personaggio di Gemma soprattutto considerando che è dalla sua decisione che scaturisce tutto: non è diverso in fondo dal finire in un mondo parallelo solo per inseguire un Coniglio Bianco parlante e, probabilmente, gli amanti della favola di Carroll apprezzeranno più di me questo romanzo.
Gemma rimane una Penelope un po’ distante impegnata a tessere e ritessere la trama di un telaio a suo uso e consumo. Ma forse così la voleva il suo autore.