Stati Uniti: Joe Biden si prepara a sfidare Donald Trump
L’ex vice di Obama proiettato verso la corsa alla Casa Bianca
Sarà una corsa a due ai prossimi appuntamenti delle primarie democratiche, con un chiaro favorito: Joe Biden si appresta a sfidare Donald Trump alle presidenziali di Novembre. Le sfide del 3 e 10 Marzo, infatti, hanno lanciato l’ex vicepresidente – che ha staccato di netto il rivale Bernie Sanders – conquistando, finora, 16 Stati contro 7. Il prossimo Martedì si corre in Arizona, Ohio, Illinois e Florida.
Lanciatissimo verso la candidatura finale, Biden ha salutato così i risultati: “Non lasceremo nessuno indietro, l’America deve tornare a guidare il mondo e non a isolarsi come sta facendo questo Presidente. È in gioco la nostra democrazia“.
La svolta è arrivata con il Super Tuesday, l’appuntamento di inizio Marzo così chiamato per sottolineare l’importanza strategica del momento: voto indiretto (i cittadini eleggono i delegati, non il candidato) in 14 Stati che mette in palio 1.357 delegati, il 35% dei 3.979 totali. Per diventare il candidato alla Casa Bianca in opposizione a Donald Trump, strariconfermato dal Partito repubblicano, saranno necessari 1.991 voti di altrettanti delegati: la conta finale è prevista per quest’estate, con la votazione del Congresso Democratico che metterà fine ai giochi.
Una nuova sfida alle Primarie Democratiche si è tenuta martedì scorso, con una sorta di minisupertuesday che coinvolgeva solamente 6 Stati confermando i risultati della settimana precedente: Joe Biden, questa volta non a sorpresa, ha vinto in Michigan, Mississippi, Idaho e Missouri e Washington. Sanders ha continuato a perdere terreno e consenso, potendo contare sul solo North Dakota.
I giochi sembravano fatti già la settimana precedente. Il Super Tuesday aveva incoronato Biden con 565 delegati ottenuti in: Nord Carolina, Tennessee, Oklahoma, Alabama y Arkansas, Texas, Minnesota, Virginia, Massachusetts y Maine. Dietro di lui Sanders con 501 delegati grazie a California, Colorado, Utah e Vermont. Un passo indietro per il Senatore di estrema sinistra che non si è confermato in Maine, Minnesota e Oklaoma – che aveva, invece, conquistato nel 2016, quando correva contro la Clinton.
L’appuntamento del 3 Marzo ha fatto da spartiacque, tra chi ha continuato la corsa e chi si è ritirato. Distaccati di netto gli altri tre concorrenti: Mike Bloomberg, Tulsi Gobbard ed Elizabeth Warren. Il magnate ed ex sindaco di New York, Bloomberg, dopo aver speso mezzo miliardi di dollari per la campagna elettorale il 4 Marzo ha conquistato solamente Samoa: immediato il suo ritiro con lo spoglio ancora in corso e l’annuncio che lo vedrà sostenere Biden. La Warren, Senatrice in Massachussets, invece, ha atteso l’indomani per abbandonare la scena. Ancora in corsa la Gobbard, membro della Camera dei Rappresentanti – che però non ha conquistato alcuno stato in questo turno e non sembra avere più alcun margine di ripresa.
Per Biden si è trattato di un risultato a sorpresa: nel turno di inizio Febbraio, i caucus in Iowa, New Hempshire e Nevada aveva perso molto terreno finendo addirittura ultimo – mentre avevano primeggiato Sanders e Pete Buttigieg, giovane sindaco in Indiana. La risalita però è avvenuta a inizio Marzo, con il turno in Carolina del Sud che aveva invertito i valori: Buttigieg era rimasto parecchio indietro e, insieme alla Senatrice del Minnesota Amy Klobuchar aveva fatto un passo indietro scegliendo di sostenere proprio Biden nella corsa alla candidatura “Per restare uniti e battere Trump”, nelle parole dello stesso Buttigieg.
Chi sono e, soprattutto, cosa propongono i due sfidanti per un nuovo corso statunitense
Entrambi esponenti dell’area liberale, Biden ne è il volto moderato mentre Sanders spinge verso la sinistra più radicale. Entrambi non sono nuovi nell’ambizione alla Casa Bianca: Sanders si è piegato a Hillary Clinton nel 2016 mentre per Biden è la terza partecipazione dopo il 1988 ed il 2008. Sono diversi però nei loro programmi soprattutto nella sfera economica.
Joe Biden, 77enne della Pensilvania, è stato il Vice dell’era Obama. Per questo, eredita l’appoggio di buona parte dell’elettorato afroamericano. Il suo programma politico ed economico ha per protagonista la classe media: aumento del salario minimo a 15 dollari orari, lotta alla contrazione dei poteri contrattuali dei sindacati e rilancio delle infrastrutture. Ha promesso 10 milioni di posti di lavoro nella green-economy e 1.300 miliardi spalmati in 10 anni per rispondere alla necessità di trasporti, banda larga ed emissioni gas a zero in tutto il Paese.
Bernie Sanders, un anno più anziano e originario della Grande Mela, punta, invece, ad una riabilitazione della classe operaia – sia in temi di accesso ai diritti civili che per quanto riguarda una redistribuzione della ricchezza. Una svolta epocale sarebbe ottenere università ed assistenza sanitaria pubbliche, così come mettere fine al regime delle assicurazioni private. Un programma che si concentra molto sull’aspetto finanziario: stop alle agevolazioni fiscali speciali sulle plusvalenze e sui dividendi a beneficio dell’1% più ricco, aumento dell’aliquota marginale sui redditi oltre i 10 milioni di dollari e stop a tutta quella serie di scappatoie fiscali a beneficio delle società di grandi dimensioni.
Più vicini tra loro, i due candidati, sembrano essere in politica estera: ad accomunarli è la negazione delle misure di Trump per quanto riguarda la gestione dell’immigrazione, in modo particolare sul Travel Ban. Maggiore apertura, e più ampia da parte di Sanders, anche alla ripresa dei rapporti con l’Iran. Sanders, inoltre, propone un ritiro da Yemen, Afghanistan, Siria e Iraq – argomenti vecchi.
Fermo restando lo stop a Trump, per gli statunitensi democratici si tratta di andare un po’ più sul sicuro, o sul già visto, con Biden, o dare una virata epocale con il “socialista” Sanders.
L’appuntamento finale è per metà Luglio con il Congresso di Milwuakee.