Venezuela, la pandemia COVID-19 acuisce il caos politico

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L’opposizione si fa spazio puntando sull’isolamento del chavismo, gli Stati Uniti irrompono tra promesse e minacce
Venezuela, Maduro, Guaidò

Fonte immagine: Globalist.it

Ci sono Paesi in cui la pandemia dilaga in situazioni già a rischio collasso. Il Venezuela, è tra questi. In crisi socio-politica da anni, un’inflazione ormai all’800,000% che ha causato l’emigrazione di quasi 5 milioni di persone, il Paese caraibico ha enormi difficoltà a far fronte all’emergenza ospedaliera e sanitaria. Il calo dei prezzi del petrolio non fa che acuire la gravità.

E sono in milioni i venezuelani impossibilitati a seguire la quarantena perché si sostengono di un’economia informale. O di quella sommersa. Sebbene il Venezuela, ad oggi, conti meno di 200 casi di COVID-19, in patria è già allarme.

Uno scenario che asfalta la strada per un cambiamento governativo? E’quello che scommette Juan Guaidó, leader dell’opposizione che da un anno si è autoproclamato Presidente del Venezuela ad interim. Carica non riconosciuta dal chavismo al governo di Nicolás Maduro ma appoggiata da 60 nazioni. Tra cui gli Stati Uniti.

In questi giorni Guaidó è tornato alla carica proponendo un Governo di Unità Nazionale composto da tutte le forze politiche ma che escluda la figura di Maduro. L’idea di Guaidó, adesso, non è più quella di ricorrere ad un governo di transizione che porti a nuove elezioni con procedure di democrazia garantita. Un passo indietro che potrebbe, però, rilanciarlo definitivamente verso l’insediamento ufficiale. “In questo momento dobbiamo pensare a qualcosa di realizzabile. Un governo di emergenza non può costituirsi soltanto da chi è come noi o la pensi come noi – ha motivato la sua scelta – ma ha bisogno dello sforzo di tutte le parti sociali presenti nel Paese”.

Per sottolineare la necessità di un governo di emergenza, il leader liberale fa leva sull’isolamento internazionale del Paese: il Fondo Monetario Internazionale, infatti, ha da poco rifiutato un prestito di 5 milioni di dollari richiesto da Maduro proprio perché non ne riconosce il ruolo né ne legittima l’attuazione politica.

Venezuela, Trump, Maduro

Fonte immagine: Agenpress.it

Chi sostiene in modo attivo la politica di Guaidó sono gli Stati Uniti di Donald Trump. Due settimane fa, a fine Marzo, il presidente US aveva posto una taglia di 15 milioni di dollari sulla testa di Maduro, per chiunque fornisse informazioni che sostanziassero il suo arresto, denunciandolo per narco-traffico, riciclaggio, corruzione e traffico di droga. Un’accusa che ha coinvolto lui insieme ad altri dirigenti e ufficiali del chavismo, tra cui il Ministro della Difesa ed il Presidente della Corte Suprema. La Procura statunitense, nella persona di William Barr, ha ufficialmente accusato Maduro di aver cospirato con una fazione del gruppo ribelle colombiano FARCper inondare gli Stati Uniti di cocaina” e poter così “devastare le comunità americane“.

Non pago, qualche giorno dopo (2 Aprile) ha annunciato di muovere un attacco via mare e via cielo contro le regioni caraibiche per intercettare ed interrompere traffici di droga che diretti verso l’America del Nord. Secondo Trump, l’operazione avverrebbe con l’accordo di altre 22 nazioni partner, ad oggi non conosciute. Il Presidente ha già promesso di raddoppiare la presenza bellica sulla costa caraibica con cacciatorpedinieri della Marina, navi da combattimento, mezzi della Guardia Costiera e dell’Aereonautica militare. Nicolás Maduro ha liquidato l’uscita dell’avversario con “Un tentativo di distogliere l’attenzione della pandemia in corso attraverso una nuova escalation di accuse contro il Venezuela”.

Ma lo spiegamento degli Stati Uniti arriva due giorni dopo che il segretario di Stato americano Mike Pompeo aveva offerto la revoca delle paralizzanti sanzioni economiche poste contro il Venezuela se Maduro e Guaidó avessero concordato un accordo di condivisione del potere. L’ennesimo tentativo di insediamento nella politica venezuelana come “negoziatore” (sui generis) tra chavismo e opposizione: recentemente, infatti, aveva proposto un piano che avrebbe portato ad elezioni in Venezuela in sei – otto mesi passando prima da un Consiglio di Transizione, un nuovo organo dal quale sarebbero stati esclusi sia Guaidó che Maduro. Nelle richieste degli Stati Uniti, anche la ritirata dal Venezuela delle forze militari di Russia e Cuba, le potenze che, insieme alla Cina, appoggiano Maduro.

La strategia è stata sostenuta dall’opposizione, chiaramente, ma anche dall’Unione europea, dai Paesi del Gruppo di Lima e dall’Organizzazione degli Stati Americani. Il Governo venezuelano, invece, resiste saldamente, almeno nelle dichiarazioni. Jorge Arreaza, agli Affari Internazionali, esprime la posizione: “Venezuela è un Paese libero che non accetterà mai tutoraggio da parte di alcun paese straniero”.

La tensione tra chavismo e opposizione non verrà risolta per dare priorità a questa pandemia e l’ingerenza interessata degli Stati Uniti avrà l’opportunità di giocarsi altre carte.

Sara Gullace

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