Ciao Luis, vola in alto
Lo scrittore cileno Luis Sepúlveda, scampato alle violenze e torture del fascismo di Pinochet, è morto in Spagna a 70 anni per complicanze da Coronavirus
Ha lottato per 48 giorni, la maggior parte dei quali intubato. Luis Sepúlveda era ricoverato da fine febbraio in un ospedale a Oviedo, a causa di complicazioni dovute all’infezione da Coronavirus. Si è spento a 70 anni in Spagna, dove viveva dal 1997.
Aveva partecipato, a febbraio, al Festival letterario Correntes d’Éscritas, in Portogallo, dove era stato accompagnato dalla moglie. In quell’occasione, entrambi, avevano contratto il COVID-19.
Lo scrittore, giornalista, sceneggiatore, regista e attivista era nato a Ovalle, in Cile, il 4 ottobre del 1949, era cresciuto in un quartiere proletario di Santiago del Cile. La sua vita, intensissima, fu scandita dalla lotta al regime fascista di Pinochet, durante il quale fu arrestato e torturato. Fu liberato, grazie alle pressioni di Amnesty International, dopo sette mesi vissuti una cella in cui era impossibile stare anche solo sdraiati o in piedi. Di quell’esperienza drammatica disse: “È difficile immaginare come una mente umana possa resistere e non svanire nella follia, in simili condizioni”.
Nel 1977 venne condannato all’esilio. Raggiunge poi il Nicaragua e dopo la fine della Rivoluzione si stabilisce in Europa, prima ad Amburgo poi in Francia. È però la Spagna, le Asturie, ad accompagnarlo negli ultimi anni della sua vita. Fu, per anni, militante al fianco di Greenpeace e membro dell’equipaggio di una delle loro navi e raccontò di “navi-fabbrica che trascinano a bordo balene esangui e si trasformano in mattatoi, inseguimenti tra le nebbie dell’Antartide, militanti ecologisti contro pescatori giapponesi”.
Come dichiarò nel 2017 in un’intervista al Manifesto, “L’ambientalismo è una delle mie preoccupazioni politiche, so benissimo che i crimini contro l’ambiente hanno un’origine economica e tutto ciò che è economico è intrinsecamente politico”.
Autore di oltre 20 romanzi, libri di viaggio, saggi e sceneggiature, Sepúlveda vinse il Premio Tigre Juan del 1989 con il suo romanzo ‘Il vecchio che leggeva romanzi d’amore’ dedicato a Chico Mendes, sindacalista brasiliano vittima dei latifondisti interessati alla deforestazione dell’Amazzonia. Arrivò, nel 2009, il Premio Primavera de Novela con ‘L’ombra di quel che eravamo’. Nel 2016 venne insignito del Premio Hemingway per la Letteratura.
Questo è stato uno degli ultimi momenti di vera felicità del nostro lavoro. #AlessandroLeogrande e #LuisSepulveda insieme. Fu bellissimo, e alla fine eravamo tutti allegri e combattivi.
Addio #Sepulveda, insieme ad #Alessandro sarai sempre con noi.@SalonedelLibro pic.twitter.com/kbJOksIqWX
— Nicola Lagioia (@NicolaLagioia) April 16, 2020
Tra le opere favolistiche che lo resero famoso in tutto il mondo e in Italia ricordiamo:
- Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare
- Storia di un topo e del gatto che diventò suo amico
- Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza
- Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà
- Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa
Con la sua penna leggera, elegante e sempre empatica è riuscito ad appassionare grandi e piccini. Sempre al fianco dei più deboli, degli emarginati, degli invisibili, dei dimenticati. Era la voce dolce e delicata di chi una voce non ce l’ha.
A un giornalista si raccontò così: “Mi considero un sognatore, ho pagato un prezzo abbastanza alto per i miei sogni, ma sono così belli, così pieni e intensi, che ogni volta tornerei da capo a pagarlo. Credo che non ci sia sogno più bello di un mondo dove il pilastro fondamentale dell’esistenza è la fratellanza, dove i rapporti umani sono basati sulla solidarietà, un mondo in cui siamo tutti d’accordo sulla necessità della giustizia sociale e ci comportiamo di conseguenza. I miei sogni sono irrinunciabili, sono ostinati, testardi, resistenti”.
Nella stessa intervista, Sepúlveda diceva: “Sono sempre stato molto orgoglioso della mia generazione militante, delle centinaia di migliaia di giovani che cercano di cambiare la società. Sono un sopravvissuto di una generazione sacrificata, molti di coloro che sono stati i miei compagni sono morti o stanno sparendo, io sono la loro voce. Finché vivrò le voci dei miei compagni rimarranno vive. Ecco perché scrivo”.
Il mondo perde un grande scrittore, un grande guerriero e un grande uomo.
In uno dei suoi scritti più famosi narrava: ”Vola in alto solo chi osa farlo”.
Vola in alto Luis e buon vento, noi continueremo a sognare e volare attraverso i tuoi scritti immortali.
Immagine di copertina via Facebook