Green New Deal: l’Europa verde si prepara al post pandemia
In vista della ripartenza si stringe un’alleanza europea per preservare le misure del Green New Deal: 17 i Paesi firmatari, tra cui l’Italia
Quando la pandemia causata da COVID-19 si attenuerà o verrà tenuta sotto controllo, potremo ripartire. Socialità, servizi, produzione. Allora sarà importante capire il come di questa ripartenza. E non solamente per prevenire un devastante ritorno del virus, ma per garantire un miglioramento delle condizioni globali del pianeta e della sua umanità. Una sostenibilità eco-ambientale di cui si era cominciato a mettere le basi a fin anno, proprio mentre la Cina veniva invasa, per prima, dal COVID-19.
Lo scorso dicembre la Commissione Europea aveva varato il “Green New Deal for Europe” (GND) per un Europa a produzione e consumi free-carbon, decarbonizzata. In previsione di una corsa da ripresa, adesso è nata una lega che intende assicurarsi il prosieguo e l’attuazione del Patto Verde: 79 eurodeputati di 17 Paesi EU, 37 dirigenti di multinazionali e grandi imprese, 28 tra associazioni aziendali e sindacati e 7 ong hanno composto l’Alleanza Europea per una Ripresa Verde.
Aziende come L’Oreal, Ikea, Danone, Volvo, Enel e Iberdrola e associazioni ambientaliste come WWF e Birdlife insieme a Danimarca, Paese promotore, Italia, Francia, Svezia, Germania, Austria, Spagna, Portogallo, Finlandia, Lettonia, Olanda e Lussemburgo la passata settimana hanno richiamato l’attenzione dell’Unione Europea con una lettera che sottolinea l’importanza di non tralasciare le misure pensate dal Green New Deal quando si tratterà di investire per una ripartenza produttiva. “La lotta al cambiamento climatico – si legge nella lettera controfirmata – dovrà essere centrale nella strategia di ripresa economica. Gli investimenti massivi che saranno necessari dovranno attenersi ai principi ecologici già pattuiti”.
I Paesi firmatari non vogliono che la ripartenza post pandemia avvenga a scapito della progettualità economica ecosostenibile che si stava avviando. Il timore si fonda sulle spinte propulsive di realtà come quella cinese e statunitense e della loro foga per una risalita immediata. Spinta che, si teme, potrebbe essere presa ad esempio anche da nazioni dell’Unione: la Polonia, ad esempio, ha già chiesto che durante la crisi venga sospeso il sistema di controllo monetarizzato delle emissioni inquinanti e di gas serra: un passo indietro nella strada alla decarbonizzazione.
L’allarme posto a Bruxelles, quindi, è proprio verso la tendenza a queste soluzioni che possono avere un effetto di ripresa sicuramente più rapido ma che risulteranno essere poco lungimiranti in termini ecologici: “Gli investimenti per il rilancio dell’economia e delle possibilità di impiego dovranno riguardare la mobilità sostenibile, energie rinnovabili ed efficienza energetica”. Questo uno dei punti chiave del testo, così come la pretesa di insistere al cospetto dell’ONU per la condivisione di un piano di riduzione di emissioni a livello globale.
Ma quali sono le fondamenta del Green New Deal firmato in Commissione il passato 11 Dicembre? Parliamo di una serie di misure che cambierebbero la struttura dell’economia del continente europeo attraverso la transizione internazionale all’energia verde.
Si tratta di puntare ad un’economia circolare in grado di ridurre drasticamente i rifiuti, di rimettere in circolo i materiali scartati nella produzione industriale ed in grado di proteggere la biodiversità. Cambiamento che coinvolgerà tutti i settori dell’economia: a partire, chiaramente dall’energia per riguardare poi l’industria, le infrastrutture, i trasporti, le costruzioni, il consumo, la tassazione, la ricerca, la concorrenza, l’agricoltura e il cibo.
La strategia della trasformazione prevede uno sforzo che comporterà un forte investimento in tecnologie pro-ambiente, in innovazione, nell’introduzione di forme di trasporto privato e pubblico più pulite e al tempo stesso economiche, nel decarbonizzare il settore energetico e nel garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici.
Ci si aspetta che i diversi comparti produttivi delle nazioni lavorino in una sinergia internazionale. L’obiettivo zero emissioni di gas a effetto serra nel 2050. Per il periodo 2021-2027 è previsto un investimento iniziale di almeno 100 miliardi di euro.