COVID-19: Africa sospesa tra rilancio economico e confinamento
Il continente africano costretto a posticipare l’avvio del piano commerciale per incentivare le economie nazionali
Il 2020 per l’Africa doveva essere l’anno del rilancio economico: rischia, invece, di diventare quello della battuta d’arresto. Il prossimo 1° Luglio sarebbe dovuto partire l’Accordo di Libero Commercio Africano (AfCTA), ma l’emergenza COVID-19 ne ha obbligato il rinvio. Nuova data, al momento, pensata per Gennaio 2021.
Doveva essere l’estate della strada per l’indipendenza industriale e commerciale, ma isolamento e chiusura delle frontiere rendono impossibile l’avvio di un sistema che punta allo scambio e alla circolazione internazionale di prodotti e materie prime locali. Un accordo negoziato in oltre due anni e firmato lo scorso Luglio da 54 dei 55 Paesi del continente, eccezion fatta per l’Eritrea.
Ad oggi le nazioni africane sono fortemente dipendenti dalle economie straniere: accordi commerciali, leggi e tariffe doganali ostacolano gli scambi all’interno del continente – che rappresentano una percentuale molto più bassa rispetto a quella dei movimenti con Stati Uniti, Asia ed Europa. Parliamo di situazioni per cui una materia prima africana viene venduta oltre oceano per essere poi riacquistata per la lavorazione nel territorio africano. La Commissione Economica per l’Africa (ECA) ha stimato un commercio interno del 17% rispetto al totale, stimandone invece una potenziale crescita di addirittura il 50% entro il 2022. Con questi dati, per l’Africa si prospetterebbe tutt’altro scenario socio-economico.
E invece scie neocolonialiste, interessi personali e sistemi di corruzione alimentano questa situazione di dipendenza cui dovrà mettere fine l’AfCTA: una forte spinta alle economie locali, industrializzazione e commercio alleggeriti dall’eliminazione o abbassamento delle tariffe doganali sul 90% dei prodotti pianificata in modo graduale nei prossimi cinque anni e solamente sulle lavorazioni locali, made in Africa. Questo, per evitare che anche le merci importate possano ottenere gli stessi vantaggi. Da questi stimoli ci si aspetta anche un significativo aumento di posti di lavoro.
Per il momento, questo piano di rilancio è bloccato ed il futuro, da roseo, potrebbe diventare ancora più plumbeo. La previsione delle Nazioni Unite prima del COVID-19 era di una crescita del 3,2%, mentre attualmente si attesta intorno al 1,8%: una recessione che peggiora il trend del continente degli ultimi venti anni.
L’emergenza sanitaria reca con sé un dilemma che per l’Africa assume contorni ancor più drammatici: concentrarsi sul contenimento dei contagi trascurando il quadro economico o viceversa?. Simile a quella dei leader occidentali è la posizione del commissario per l’economia e il commercio dell’Unione Africana, contrario ad un isolamento prolungato: “È comprensibile che gli Stati chiudano i confini. Ma per combattere le conseguenze di questa pandemia, la cooperazione tra i paesi africani è obbligatoria e il grande mercato creato dall’AfCFTA offre opportunità per una ripresa più rapida e per avviare una trasformazione strutturale” ha spiegato Albert Muchanga.
Sulla stessa lunghezza d’onda il Presidente nigeriano, Muhamadu Buhari: “Nessuno può permettersi di subire l’impatto economico di un confinamento totale in attesa che venga trovato il vaccino”. Ed è così che da questa settimana anche nazioni dove il lockdown era stato più serrato come la stessa Nigeria, Tunisia, Ghana, Sudafrica e Algeria hanno intrapreso misure di alleggerimento: ripresa di commercio e spostamento con obbligo di mascherina, rimane il coprifuoco notturno. L’Africa, come il Sudamerica, è un continente dove oltre la metà della popolazione vive di economia informale, quella che maggiormente subisce le misure anti pandemia.
L’alleggerimento precauzionale arriva nonostante la curva di contagio sia in crescita: oltre 44.500 i contagi, quasi 1.800 i deceduti e circa 15 mila i guariti. Sudafrica, Marocco, Egitto ed Algeria i Paesi più colpiti. Secondo dati della scorsa settimana. Il continente africano, attualmente, resta tra quelli con il numero di campione effettuati più bassi.