In Zimbabwe si passa la notte in fila, aspettando l’acqua
A causa della siccità nella città di Bulawayo, in Zimbabwe, alcune famiglie sono costrette a fare anche dodici ore di fila per accaparrarsi un secchio d’acqua pulita
Due volte a settimana, Nothi Mlalazi si unisce a decine di altre persone – alcune delle quali hanno dormito lì – e aspetta in fila, per ore, in attesa di recuperare dell’acqua. Accade nella seconda città più grande dello Zimbabwe, Bulawayo.
Il Paese africano sta attraversando la siccità peggiore degli ultimi anni, un problema che gli scienziati ricollegano al cambiamento climatico. La continua emergenza a Bulawayo ha lasciato i residenti di alcuni quartieri di periferia senza acqua corrente per più di tre mesi. Le autobotti che il consiglio comunale invia a cadenza regolare sono spesso l’unica speranza di acqua pulita per i residenti. Molti di loro passano la notte al punto di distribuzione per essere sicuri di riempire i loro secchi prima che le autocisterne terminino le riserve.
“Ricevere l’acqua dalle autobotti è una grossa sfida per molti cittadini. Passiamo la maggior parte del nostro tempo in code lunghe e tortuose, aspettando impazienti di riempire i nostri contenitori” ha spiegato Mlalazi. Ha 45 anni e vive nel povero e sovraffollato quartiere di Pumula South. “Già dall’una di notte ci sono persone in fila” ha aggiunto la donna, in fila con le sue due figlie che sorvegliano i loro secchi.
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— Daily Climate (@TheDailyClimate) June 17, 2020
Dopo anni di siccità e piogge saltuarie, i livelli del bacino idrico sono diventati pericolosamente bassi. Ciò ha spinto il consiglio comunale di Bulawayo a limitare la distribuzione d’acqua, nel tentativo di conservare la risorsa sino all’inizio della stagione delle piogge, a ottobre.
Il mese scorso, le autorità hanno iniziato a chiudere i rubinetti sei giorni a settimana, comunicando che le tre dighe che rappresentano la fonte d’acqua primaria della città erano a meno del 30% della loro capacità. La città ne ha già smantellate altre tre poiché il livello dell’acqua era sceso al di sotto di quello delle pompe.
Alcuni residenti hanno cominciato ad attingere l’acqua necessaria per lavarsi da fonti non protette, ad esempio dagli stagni.
Altri sfruttano le fuoriuscite d’acqua dai condotti, mentre altri cittadini ancora attingono dai canali delle fogne da utilizzare per scaricare i wc, come ha dichiarato Charles Siziba, residente a Pumula South. L’uomo ha spiegato che la pandemia del coronavirus ha reso la situazione ancora più disperata, in quanto la mancanza d’acqua corrente aumenta il rischio di ammalarsi e di infettare gli altri. È praticamente impossibile lavarsi le mani regolarmente come suggeriscono gli esperti, una delle armi migliori contro il virus. “Inoltre, non c’è nemmeno il giusto distanziamento sociale, perché quando arrivano le autobotti i cittadini si accalcano per riempire i loro secchi” ha aggiunto Siziba.
Molte aree occidentali e centrali dell’Africa meridionale, incluso lo Zimbabwe, stanno attraversando il periodo con le più basse precipitazioni dal 1981, secondo quanto riportato dalle Nazioni Unite. Il sindaco di Bulawayo, Solomon Mguni, ha attribuito i bassi livelli del bacino idrico alla continua siccità, che va avanti dal 2018.
L’uomo ha paragonato la situazione attuale a quella del devastante periodo di aridità avvenuto all’inizio degli anni ’90.
“L’attuale livello dell’acqua ci ricorda la situazione del 1992. In quell’anno, una disastrosa siccità aveva colpito il deposito e i rifornimenti d’acqua della città” aveva spiegato Mguni a giugno, rilasciando una dichiarazione.
Il sindaco ha altresì aggiunto che il consiglio comunale ha chiesto più di una volta al Ministero del Governo locale, dei Lavori Pubblici e dell’Edilizia abitativa di dichiarare Bulawayo un’area con scarsità di risorse idriche. Ciò potrebbe incanalare una serie di risorse per la riabilitazione delle infrastrutture della città.
Ad aprile, un ingegnere indipendente assunto dal Ministero aveva concluso che le dighe di Bulawayo avevano abbastanza risorse per 14 mesi e che il suo fatiscente sistema di rifornimento idrico era il responsabile delle carenze. I funzionari locali avevano confutato queste dichiarazioni, spiegando che non si trattava solamente di un problema di infrastrutture.
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— Thabo Siziba #TheWalk (@TorontoThabo) May 18, 2020
La portavoce del consiglio comunale Nesisa Mpofu ha spiegato a Reuters che più del 30% dell’acqua che corre attraverso le tubature della città fuoriesce prima ancora di raggiungere i consumatori. Anche nell’unico giorno della settimana in cui i rubinetti tornano a funzionare nel quartiere di Mlalazi, lei e i suoi vicini rimangono a secco. La rete idrica ha difficoltà a far arrivare l’acqua fin alle loro case.
Simela Dube, direttore dei servizi d’ingegneria del consiglio comunale, ha confermato a Reuters che alcuni cittadini rimangono totalmente a secco a causa della bassa pressione dei sistemi di pompaggio della città. “Quando la pressione del bacino è bassa, l’acqua non riesce a raggiungere le aree più elevate” ha spiegato. “Per ovviare a questa situazione, in quelle zone vengono inviate le autobotti”.
Ma, secondo i residenti, quelle autocisterne non sono sempre affidabili.
Sichelesile Mahlangu, membro del Parlamento della circoscrizione di Pumula, ha spiegato di aver incontrato alcuni cittadini che si trovavano in fila da 12 ore aspettando l’acqua. Per migliorare la situazione, Dube, l’ingegnere idrico, ha dichiarato che il consiglio ha avviato il processo per l’installazione di “chioschi di autocisterne”. Si tratta di contenitori da 10.000 litri d’acqua da posizionare in 25 zone dove ci sono più di 6.000 abitazioni in emergenza.
I chioschi, dal costo di 4.500 dollari ognuno, consisterebbero in grandi cisterne con diversi rubinetti. Le autobotti le riempirebbero ogni settimana e i cittadini potrebbero andare a rifornirsi d’acqua in qualsiasi momento, evitando così le file.
Secondo la portavoce Mpofu è già stato installato un chiosco nel quartiere di Pumula Est. Finora, la città ha identificato già altre 6 aree dove installare gli altri. Il mese passato Thabo Siziba, un investitore immobiliare dello Zimbabwe che vive in Canada, ha lanciato una campagna online con GoFundMe. Il suo obiettivo è raccogliere 15.000 dollari per costruire almeno altri due chioschi. Fino ad ora, la campagna ne ha raccolti più di 4.000.
Traduzione di Chiara Romano da iol.co.za
Immagine di copertina via twitter.com/TRF_Climate