Mali in crisi tra jihadisti, dissesto economico e corruzione

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Proseguono le tensioni tra governo e popolazione, che chiede le dimissioni del presidente
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Il presidente maliano Ibrahim Boubacar Keita (Fornte immagine: Wikipedia.org)

Ha provato a calmare le acque per mantenere la propria posizione, giocandosi la carta istituzionale, ma il tentativo non è valso la fine delle turbolenze in Mali e la richiesta delle sue dimissioni. Per Ibrahim Boubacar Keita, presidente della Repubblica, l’estate 2020 è il momento della contestazione. Società civile e opposizione gli contestano sicurezza, crisi economica ed elezioni parlamentari manipolate per confermarsi al potere.

Dopo un mese di tafferugli e violente proteste nella capitale Bamako (dove sono state prese di mira la sede del partito governativo Raggruppamento per il Mali e le abitazioni di diversi esponenti politici nonché  l’emittente tv nazionale, costretta a interrompere le trasmissioni per diverse ore) che hanno portato, fino ad ora, a 11 morti e almeno 158 feriti, Keita ha fatto un mezzo passo indietro sciogliendo la Corte Costituzionale e dichiarandosi pronto a nuove elezioni parlamentari. La Corte, del resto, era nell’occhio del ciclone per le votazioni di Aprile: l’opposizione gli contesta di aver agevolato lo status quo per la rielezione, avendo invalidato almeno 30 voti degli oppositori.

Ma la mossa presidenziale, ormai, non basta più: l’opposizione vuole proprio la sua testa. “Chiediamo le dimissioni di Keita perché ha tradito il popolo del Mali“: questa è stata la ferma richiesta di Yeah Samake in nome delle parti politiche all’opposizione. Samake, che ha corso tre volte alla candidatura presidenziale (2012, 2013 e 2018), due anni fa aveva finito per appoggiare Keita ed il fronte socialdemocratico riuscito vittorioso sull’avversario Soumaile Cissè. Ed adesso è tra i fuoriusciti che formano l’opposizione nel M5 – RFP cioè Movimento 5 Giugno con Raduno delle Forze Patriottiche, una mescolanza di leader religiosi, parti politiche e società civile che chiede un’inversione di rotta.

La problematica più urgente è l’ombra dei jihadisti in Mali: i combattenti legati ad Al Qaeda e all’Isis, infatti, controllano il centro ed il nord del Paese ormai da diverso tempo e anche il versante sudorientale adesso sembra in difficoltà. Lo scorso Marzo, proprio a ridosso delle legislative, è stato sequestrato Cissè: ancora in mano alla jihad, il governo non riesce ad intervenire né su questo né su altri fronti.

Solamente dieci giorni fa 24 soldati dell’Esercito sono caduti per mano degli integralisti armati nel centro sud del Paese. Un’incapacità cui una parte della popolazione ha fatto fronte costituendo gruppi di autodifesa: allo sbando e senza regolamentazione, queste realtà non fanno che aumentare il senso di insicurezza tra i civili. La popolazione si sente insicura e la situazione economica, peggiorata in questa epoca di pandemia, esaspera gli animi.

Animi guidati da un personaggio di spicco: l’imam Mahmoud Dicko, anche lui ex estimatore di Keita ed oggi tra i più convinti critici del suo operato. Dicko è, però, figura controversa: fortemente conservatore, nel corso degli anni si è dimostrato restio ad argomenti quali emancipazione femminile e riconoscimento dell’omosessualità. Anche nei confronti dei jihadisti, in realtà, si è sempre mostrato aperto al dialogo ed alla negoziazione.

Una figura che desta preoccupazione tra l’opinione pubblica internazionale. Del resto sia le Nazioni Unite che l’Unione Africana e l’Unione Europea hanno richiesto lo stop delle tensioni appellandosi sia alla popolazione civile che al Governo, chiedendo la liberazione degli arrestati durante le manifestazioni. Al momento, hanno ottenuto le scuse ufficiali della Difesa per l’irruenza

Più concreto è stato l’intervento dell’Ecowas, la Comunità Economica degli Stati Occidentali, che, nelle ultime ore ha proposto alla popolazione un “governo condiviso a metà” tra la maggioranza attuale e le diverse parti dell’opposizione. Cui si aggiungerebbe la costituzione di una nuova Corte Costituzionale. Già la scorsa settimana Keita aveva proposto una soluzione analoga, ricevendo un rifiuto netto.

Si vedrà se la pressione internazionale fiaccherà la ribellione dei maliani.

Sara Gullace

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