Ghigliottina media partner dell’ASperger Film Festival
Il 14 e 15 novembre torna a Roma l’ASperger Film Festival per la sua ottava edizione. Una manifestazione dove l’inclusione è protagonista assoluta e che vede il nostro giornale come media partner. La nostra intervista al direttore artistico Giuseppe Cacace
Perché è nato questo festival, quali sono le sue peculiarità e cosa vi aspettate per il 2020?
ASperger Film Festival è una di quelle cose che nascono per caso, o più precisamente per una concomitanza di eventi. Le persone giuste al momento giusto. La prima edizione è del 2013 ma per capire come ci siamo arrivati, devo fare un piccolo salto indietro, nel 2008. All’epoca ero tra i soci del Detour, storico e cineclub romano, e avevo iniziato a curare proiezioni pomeridiane per un gruppo di ragazzi con disabilità varie, per lo più neurodiversi. Tra una rassegna di cinema di genere ed una retrospettiva d’autore, il nostro piccolo cinema si trasformava in uno spazio per persone che, diversamente, avrebbero avuto serie difficoltà a vedere un film in sala.
Più o meno inconsapevolmente avevamo organizzato le prime proiezioni friendly, in cui gli spettatori potevano esprimersi liberamente, l’audio era più basso di quello di un cinema normale e, all’occorrenza, il film poteva essere interrotto e ripreso. Si sparse la voce e ad un certo punto incontrai i genitori del Gruppo Asperger interessati ad organizzare un cineclub per i loro figli. Erano anni in cui la parola Asperger era ai più sconosciuta. E io ero tra i più. Il cineclub era un esperimento per vari motivi: innanzitutto perché l’idea di far socializzare ragazzi Asperger (al tempo si parlava di autismo lieve o ad alto funzionamento) con la scusa del cinema, non era una novità, almeno in Italia, e non a caso furono diverse le tesi scritte sul progetto. In più, molti dei ragazzi coinvolti (parliamo di giovani tra i 16 e i 25 anni) non avevano mai avuto occasioni reali di socializzazione.
Non sapevamo quindi come sarebbe andata. Il primo giorno la saletta del Detour era piena di ragazzi che per tutto il tempo si guardavano l’uno con l’altro senza fiatare. Ma già dal secondo incontro tutto prese una piega diversa, i ragazzi iniziarono a conoscersi e a socializzare. Il passo successivo fu la richiesta di alcuni di loro di decidere autonomamente la scelta dei film, cosa che nei primi mesi era fatta in accordo con psicologi in modo da favorire un dibattito tra i ragazzi su temi chiave, l’amicizia, la sessualità, l’autonomia…
Colsi la palla al balzo e proposi ai ragazzi di autogestire il cineclub per una volta al mese e di aprire le proiezioni ad un pubblico eterogeneo. Ne venne fuori una meravigliosa rassegna sul cinema Noir americano degli anni ’50 e ’60 e soprattutto “Lo sguardo degli aspie”, un documentario interamente girato dai ragazzi, in cui si raccontava l’organizzazione di questa rassegna. Il documentario fu selezionato al Cinemautismo di Torino, una rassegna di cinema e neurodiversità, e con Marco Manservigi, il più appassionato del gruppo, partimmo (la sua prima volta da solo fuori casa) per presentare il film. Fu lì, mentre aspettavamo dietro le quinte del cinema, che a Marco venne l’idea folle di organizzare il primo festival del cinema con uno staff di persone autistiche. Dall’idea alla realizzazione fu un attimo, e nel giro di pochi mesi eravamo al Maxxi a presentare la prima edizione di ASFF.
La manifestazione è diventata negli anni un appuntamento fisso per chi ama il cinema, la cultura e ha una particolare sensibilità nei confronti delle persone. Non a caso vi dichiarate un festival uguale a tutti gli altri con proiezioni, ospiti, giuria, premi, a parte una cosa, il punto di vista.
Il claim “Uguale agli altri, però diverso” è stato fin dalla prima edizione un modo per dire al pubblico che stava assistendo ad un festival cinematografico come gli altri, ma voluto, pensato e organizzato in un’ottica neurodiversa. Quindi non un festival sull’autismo o sulla disabilità, come purtroppo tanti ancora pensano, ma un festival fatto in gran parte da persone autistiche e quindi con un punto di vista altro. E questo, se frequenti il festival, è evidente in tutto: nel modo di presentare gli ospiti, nel modo di accogliere il pubblico, nella scelta dei film che proponiamo.
È un festival in cui tutti, il pubblico, gli ospiti, persino il personale del MAXXI che ci aiuta nella gestione della sala, tutti loro, si sentono a proprio agio, forse perché lo facciamo seriamente ma senza prenderci sul serio. Però sia chiaro, questo non vuol dire che il nostro è un festival buonista, come ci si aspetterebbe, secondo l’idea diffusa per la quale il disabile è buono, tenerone, da trattare con gentilezza, che poi è il modo più fastidioso di trattare un qualunque disabile; il nostro è un festival cattivissimo. Ogni anno ci sforziamo di rendere la programmazione un pò più morbida, e invece diamo certe mazzate micidiali. Persino la selezione dei corti d’animazione, che dovrebbero essere più accessibili… siamo costretti a verificare che non ci siano bambini in sala!
L’ASperger Film Festival 2020 sarà ospitato dal Museo MAXXI, in un anno in cui la pandemia di Covid-19 ha stravolto la vita di tutti. Dunque Giuseppe, per riprendere il claim della manifestazione (Oh! Ma ‘ndo stanno tutti?), come accoglierete il pubblico che parteciperà?
L’accoglienza sarà quella di sempre, anche se dovremo inevitabilmente fare i conti con le disposizioni di legge. Il rammarico è che la sala potrà ospitare un numero ridotto di persone… Ma almeno possiamo farlo a differenza di tanti altri festival che nei mesi precedenti sono stati costretti a rinunciare. Abbiamo ragionato sulla possibilità di andare in streaming ma non ha senso perché verrebbe meno uno dei presupposti chiave del progetto e cioè il confronto tra gli ospiti, il pubblico e noi organizzatori. Forse lo streaming porterebbe qualche spettatore in più, ma toglierebbe umanità e spontaneità al tutto.
In ultimo, ci racconti la storia dell’associazione culturale Not Equal, promotrice del festival?
L’associazione Not Equal è nata nel 2008, parallelamente al cineclub. Ecco quando parlo di concomitanza di eventi. Con mia moglie Elisa, architetto con il pallino per l’abbattimento delle barriere architettoniche, e mio fratello Simone, matematico con un talento per la programmazione, avevamo vinto il bando dell’allora Ministero delle Politiche Giovanili “Giovani idee cambiano l’Italia” con il progetto di un videogioco, Not Equal appunto, in cui, per la prima volta in assoluto il giocatore poteva mettersi nei panni di una ragazzina in sedia a rotelle.
Il bando chiedeva ai vincitori di costituirsi in associazione, ecco perché fondammo Not Equal. Nel frattempo i ragazzi che frequentavano il cineclub manifestarono il desiderio di costruire un progetto culturale autonomo rispetto al Detour e ci venne naturale coinvolgerli nel direttivo e nelle attività di Not Equal. Il resto è, come si dice, la nostra storia, fatta di laboratori di alfabetizzazione cinematografica, podcast radiofonici, riviste cartacee, mostre fotografiche e di illustrazioni, conferenze sulla neurodiversità e tantissime altre cose sempre rigorosamente gratuite. Negli anni, ai soci storici si sono aggiunti tanti altri ragazzi e ragazze e, grazie ad un altro bando siamo riusciti a mettere in piedi il primo centro culturale Autism friendly della Capitale, in via Tripolitania 57. Solo pochi giorni prima del lockdown avevamo organizzato un open day per promuovere nuove attività e laboratori. E invece… Oggi siamo fermi e, temiamo, lo saremo ancora per un po’. Ecco perché, nonostante tutto, vogliamo che questa ottava edizione di ASperger Film Festival sia la più bella di tutte.
Intervista a cura di Graziano Rossi
Asperger Film Festival
14-15 novembre 2020
Museo Maxxi
Via Guido Reni, 4a – Roma
asfilmfestival.org/it