India versus Cina: tensioni all’ombra dell’Himalaya
Nuovi attriti sulla Linea di Attuale Controllo: esercito cinese e indiano in perenne scontro per gli sconfinamenti
È un confine caldissimo, quello che percorre i 3.400 chilometri della regione del Ladakh ai piedi dell’Himalaya e che costeggia il fiume Galwan separando le più popolose nazioni dell’Asia, la Cina e l’India. Si tratta della Linea di Attuale Controllo (LAC), stabilita nel 1962 dopo il conflitto Cino-Indiano per la ripartizione dei territori. Una zona limite, dove esercito cinese e indiano si trovano faccia a faccia. Una zona che non è mai stata area veramente tranquilla: fino alla metà degli anni settanta, infatti, era motivo di continua tensione ma dal 1996, quando le parti hanno deciso per il disarmo – vige il divieto di utilizzo di armi da fuoco – si era parlato quantomeno di relativa calma.
Da alcuni mesi la tensione è risalita: lo scorso Giugno 20 soldati indiani ed un numero non indicato di militari cinesi hanno perso la vita in uno scontro a colpi di mazze ferrate, sassi e bastoni. L’occasione, stando a Pechino, è stata data da una provocazione del governo indiano, reo di aver costruito una strada lungo la linea di confine. Da quel momento si sono verificati diversi momenti di scontro, sempre con la reciproca accusa di sconfinamento della LAC.
Ad ogni modo, è già da qualche anno che Cina e India avanzano, anche se in modo silente. Entrambe le nazioni, infatti, stanno rinforzando la loro presenza ai piedi dell’Himalaya con campi militari, strade, ponti, linee ferroviarie e piste di atterraggio. Inoltre è stata rinforzata la connettività dell’area. Una preparazione tattica per rinforzare la presenza logistica e spianare la strada ai mezzi militari in caso si arrivasse ad un attacco su vasta scala. Il conflitto, si capisce, è un’idea mai abbandonata dalle due parti.
La domanda è: quanto conviene la disputa per l’Himalaya? Questa è una riflessione su cui si impegnano ampiamente gli analisti internazionali, che spesso concordano nel negare l’opportunità di uno scontro aperto. Del resto, è di quest’estate il tentativo di distensione tra i due Paesi: i ministri degli esteri Wang Yi e Jaishankar si erano ritrovati a Mosca durante l’incontro per l’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai, concordando nella necessità di ripristinare “pace e tranquillità” lungo il confine.
Pandemia e avanzamento nel mercato internazionale sembravano essere le priorità di entrambe le parti. Tentativo non riuscito, visto che a settembre c’è stato la violazione dell’accordo bilaterale sul disarmo del ’96: la Cina accusa l’India di aver fatto fuoco contro le proprie truppe ma l’India rivendica la legittima reazione dopo che la rivale aveva esploso dei colpi in aria. Questa è la situazione, da mesi.
Le tensioni sulla Lac, le dispute su infrastrutture e territori sono specchio di una rivalità politico – economica tra Nuova Delhi e Pechino, entrambe impegnate ad incidere sul panorama internazionale. Con l’aumentare del peso di Cina ed India nei mercati internazionali, è aumentata anche la tensione ai piedi dell’Himalaya.
Perché se Xi Jinping vuole confermare la superiorità della Cina ed il ruolo di competitor degli Stati Uniti, Narendra Modi ha tutto l’interesse a fare da contraltare al vicino. Del resto l’India, negli ultimi 13 anni, ha avuto un giro d’affari di 20 miliardi di dollari con Washington. Ma se è vero che, ancora una volta, il rapporto con gli Stati Uniti sia la posta in palio, non bisogna dimenticare che i commerci reciproci abbiano un certo peso: tra Aprile 2019 e Marzo 2020, le importazioni dell’India sono state per il 14% dalla Cina e quest’ultima, nello stesso periodo, si conferma secondo partner commerciale (dopo gli USA) dell’India con acquisti per oltre 16 miliardi di dollari.
Il destino di India e Cina sembra controverso e delicato: farsi la guerra potrebbe essere una mossa sbagliata, e questo, a Nuova Delhi e Pechino lo sanno bene.
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