“Emily in Paris”: promossa ma non per tutti
Sta facendo discutere dalla sua uscita su Netflix, eppure tra le tante critiche “Emily in Paris” è tra le prime 10 serie tv più viste delle ultime due settimane. Un piccolo successo per il regista che sta facendo parlare di sé ma, forse, non tanto per la storia che lascia invece tutti divisi
Poteva essere una sorta di “Diavolo veste Prada” o un “Sex and the city” in versione 2.0 “Emily in Paris“, nuova serie tv targata Netflix. Invece, questa volta Darren Star, autore anche della famosissima serie cult anni ‘90 non ce l’ha proprio fatta a ricreare una nuova Carrie Bradshaw, a tal punto che sta facendo molto discutere, dividendo il pubblico.
In questa nuova commedia romantica troviamo Lily Collins che veste i panni di Emily Cooper, giovane americana responsabile marketing in un’azienda di Chicago, che vola a Parigi al posto di una collega incinta, e per un anno dovrà portare “il punto di vista americano” all’azienda partner francese che collabora con brand di lusso.
Affascinata dalla città dell’amore e della moda, Emily cerca di integrarsi ma lo scontro di culture totalmente diverse non le rende la vita facile: non parla per nulla francese (inaccettabile per colleghi e parigini), i francesi vengono descritti come freddi e distaccati. Il capo ufficio è una donna in carriera dai modi di fare alla Miranda Priesley: è l’inizio di una serie di luoghi comuni (un po’ già visti e superati) che continuerà per tutti gli episodi, facendoci sorridere per certi versi e storcere il naso per altri.
Appena arrivata in azienda Emily cerca di far capire ai francesi che una folata di vento dall’America può essere utile per rinnovare l’azienda, per crescere e modernizzarsi, ma questo non è visto bene da chi, in quell’ufficio ci lavora e fa già funzionare tutto alla perfezione per i loro standard. Anche il nuovo regolamento aziendale che cerca di introdurre viene categoricamente rifiutato.
Inizia così questa sua nuova avventura lavorativa e di vita che la vede destreggiarsi tra carriera, nuove amicizie e vita amorosa.
Quello che crea empatia con la giovane ragazza è forse quello sguardo sognante mentre vaga tra le vie di una Parigi da cartolina, una città che da sempre lei sognava, che profuma di romanticismo e sex appeal ad ogni angolo e che inizierà a godersi una volta scaricata dal fidanzato, incapace di sostenere una relazione a distanza e che preferisce rimanere nell’adorata ed emancipata America.
Emily non si perde d’animo, inizia a prendere lezioni di francese con l’obiettivo di integrarsi e ingraziarsi capo e colleghi, esplora la città, trasforma i suoi account social in una sorta di “diario di viaggio” che la fanno diventare immediatamente una influencer (Darren Star qui pecca un po’ di superficialità) e affronta le difficoltà di una ventenne che si trova in un Paese molto lontano da casa che la fa sentire spesso non adatta.
Pian piano riesce a farsi qualche amico: prima il suo vicino di casa Gabriel, poi conosce Mindy, una ragazza “straniera” come lei che la aiuta a capire meglio il punto di vista dei francesi ed infine Camille, simpatica ereditiera che poi si rivela la ragazza di Gabriel e che si troverà coinvolta inconsapevolmente in un classico triangolo amoroso con Emily ed il suo ragazzo.
Nel mentre ci sarà qualche amante ogni tanto, per mettere in risalto questa “dote” che gli americani vedono evidentemente nei francesi, e per evidenziare anche il fascino che “l’americana” esercita su quasi tutti gli uomini che incontra.
Tra un successo e l’altro nel fidelizzare grandi clienti, non mancheranno nemmeno frequenti gaffe che metteranno a rischio il suo posto di lavoro in Francia, ma, con la complicità di due colleghi che a fatica riesce a conquistare e il suo essere “così social”, riuscirà a non essere licenziata e a portare a casa delle idee vincenti.
Con Parigi a fare da sfondo, regista e costumista non potevano non sbizzarrirsi con abbinamenti alla moda, quasi a voler dimostrare come anche in questo campo l’America sia un passo avanti e non si smentiscono, mettendo in scena abbinamenti che catturano l’attenzione e conquistano consensi.
Quanto poi alla colonna sonora, non poteva esser fatta scelta più azzeccata, che a chiudere gli occhi e stando ad ascoltare sembra quasi di immaginarci sotto la Tour Eiffel e che un po’ ricordano le musiche del famoso ed intramontabile Midnight in Paris di Woody Allen.
Alla fine, una volta iniziata, questa serie che la si ami oppure no, si porta comunque fino alla fine.
Sono molti gli aspetti per cui non ha convinto, tanto da essere in dubbio una seconda stagione. Eppure viene da chiedersi se davvero è così pessima.
Non sarà sicuramente un prodotto di altissimo livello, ma dopotutto, è perfetta da guardare la sera dopo una pesante giornata di lavoro per avere quel po’ di leggerezza che la nostra quotidianità spesso ci fa desiderare.
Immagine di copertina via facebook.com/yarkdoonung x Yarklengame