Russia e Cina entrano a far parte del Consiglio per i diritti umani dell’ONU

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Tra i Paesi in lizza per la nomina c’era anche l’Arabia Saudita, che non è stata eletta. Approvati, invece, Pakistan e Cuba. Scioccati gli attivisti per i diritti umani, che avvisano che la credibilità del comitato dell’ONU sia in pericolo

La Russia e la Cina sono state elette all’UNHRC, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, con un mandato triennale. L’Arabia Saudita, invece, non è riuscita a guadagnarsi un seggio tra i 47 membri del gruppo. Questo risultato è stato un forte colpo agli sforzi del Paese di migliorare la propria immagine, dopo aver ammesso l’omicidio del cittadino saudita e giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi.

Anche Pakistan e Cuba sono stati votati nell’elezione segreta, avvenuta martedì 13 ottobre al quartier generale dell’ONU, a New York. Francia e Regno Unito hanno vinto incontrastati per rappresentare la loro zona dell’Europa. Secondo quanto riportato dal The Guardian, i Paesi della stessa area stringono accordi privati per sostenere una nazione, spesso per assicurare che tutti i candidati gareggino incontrastati all’interno della loro regione. Tutti i 193 Stati dell’ONU possono votare per ogni area.

L’unica regione contestata delle elezioni del 2020 è stata quella dell’Asia e del Pacifico, dove Cina e Arabia Saudita hanno dovuto rivaleggiare con Pakistan, Uzbekistan e Nepal. Pechino ha ottenuto 139 voti; l’ultima volta che si era candidata per un seggio, nel 2016, ne aveva ottenuti 180. L’Arabia Saudita, attuale presidente del G20, è arrivata quinta con solo 90 voti, battuta dal Nepal, che ne ha guadagnati 150.

Sarah Leah Whitson, direttrice esecutiva del Democracy for Arab World Now (DAWN), l’organizzazione fondata da Khashoggi, ha dichiarato: “Il fatto che Cina e Russia siano riuscite a ottenere un posto nel consiglio per i diritti umani dell’ONU e l’Arabia Saudita no, mostra quanto il principe ereditario Mohammed bin Salman abbia danneggiato l’immagine globale del suo Paese. Nonostante le centinaia di milioni di dollari che ha speso in pubbliche relazioni per coprire i suoi grotteschi abusi, la comunità internazionale non ha abboccato”.

 

La sconfitta saudita è avvenuta in seguito alle intense rimostranze da parte delle organizzazioni per i diritti umani.

Gli attivisti hanno avvisato che la credibilità del comitato sarebbe stata messa in pericolo se l’Arabia Saudita, la Russia e la Cina fossero state elette, considerata la loro storia recente.

Nelle ultime settimane, Mosca è stata accusata di aver utilizzato un agente nervino militare per avvelenare il leader dell’opposizione, Alexander Navalny. Da parte sua, Riad ha ammesso che alcuni suoi funzionari di governo hanno smembrato il corpo di Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul, due anni fa. Pechino, invece, è stata accusata di inviare centinaia di migliaia di musulmani uiguri in campi di rieducazione nella provincia dello Xinjiang.

Il ministro degli Esteri del governo ombra del Regno Unito, Lisa Nandy, ha fatto pressioni sul ministro degli Esteri, Dominic Raab, perché dichiari ufficialmente che Londra non sosterrà la Cina. L’uomo ha rifiutato di farlo, sostenendo che normalmente, anche in base all’operato dei precedenti governi laburisti e conservatori, il Regno Unito non ha mai svelato chi abbia votato o se si sia astenuto.

Prima del voto, Louis Charbonneau, direttore ONU presso Human Rights Watch, ha dichiarato: “Elezioni non competitive come questa alle Nazioni Unite prendono in giro la parola stessa di ‘elezione’. Gli elenchi regionali dovrebbero essere competitivi, così da assicurare la possibilità di scelta. Quando non c’è questa varietà, i Paesi dovrebbero rifiutarsi di votare per candidati inadeguati”.

Il compito di ogni nazione facente parte del consiglio è quello di promuovere e proteggere i diritti umani.

Ai candidati è richiesto di presentare dei resoconti agli altri membri dove illustrano le loro qualificazioni relative ai diritti umani.

Nel suo documento, l’Arabia Saudita ammette di aver imposto “restrizioni legali sulla libertà di opinione ed espressione per proteggere l’ordine pubblico, la sicurezza nazionale, la morale e la salute pubblica e i diritti o la reputazione di terzi. I mass media, gli editori e tutti gli altri veicoli di espressione devono impiegare un linguaggio civile ed educato, rispettare le leggi di Stato, contribuire all’istruzione della nazione e promuovere l’unità”.

Non si fa menzione delle attiviste in carcere per aver manifestato per il diritto a guidare. Non sono stati nominati neanche gli altri membri della famiglia reale saudita trattenuti senza la possibilità di contattare la loro famiglia o gli avvocati.

Il resoconto della Russia sostiene che “la promozione e la protezione dei diritti umani è una priorità assoluta della politica estera della Federazione Russa”. Promette anche “di contrastare i tentativi di utilizzare la protezione di tali diritti come uno strumento per esercitare pressione politica e interferire negli affari interni degli Stati, incluso come modo per destabilizzarli e sostituire i loro governi legittimi”.

Nella sua dichiarazione, la Cina ha posto una grossa enfasi sull’emancipazione economica. Tuttavia, ha dichiarato che “garantisce a tutti i gruppi etnici la libertà di utilizzare e sviluppare le loro lingue, in maniera scritta e orale”. Inoltre, si legge: “C’è sempre spazio per migliorare i diritti umani. Non c’è un modello applicabile a livello universale, e tali diritti possono avanzare solamente in un contesto di condizioni nazionali e di necessità delle persone”.

Anche il Venezuela ha conquistato un posto nel consiglio dell’UNHRC, guadagnandosi un seggio per la regione America Latina e Caraibi. Per l’Africa, invece, hanno vinto Namibia (che ha sostituito il Benin all’ultimo minuto), Libia, Mauritania e Sudan.

UN Watch, che si preoccupa di vigilare sull’operato delle Nazioni Unite, ha esposto le falsità espresse dai candidati nei loro resoconti relativi ai diritti umani.

La Russia è considerata un candidato inadeguato per le sue violazioni e aggressioni in tutto il mondo, come ad esempio in Siria, dove è accusata di crimini di guerra; in Crimea, che ha annesso illegalmente; e in Georgia, dove nel 2008 ha commesso una pulizia etnica e ha occupato illegalmente l’Abcasia e l’Ossezia del Sud.

Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, sempre UN Watch la ritiene incandidabile in quanto governata da una monarchia assoluta e teocrazia. “I cittadini non hanno alcuna possibilità di influenzare il governo attraverso pratiche democratiche. La magistratura è altamente influenzata dal governo e legata alla legge della Sharia. Il governo e la corte negano sistematicamente la libertà di espressione, perseguendo e imprigionando gli anticonformisti e i critici pacifici delle politiche del governo o della religione Islamica”.

La Cina non è considerata qualificabile per l’entrata nel Consiglio per i Diritti Umani in quanto ha un sistema politico autoritario monocolore, guidato dal presidente Xi Jinping. Il leader è anche il Segretario Generale del Partito Comunista Cinese. UN Watch obietta che nessun politico nazionale è eletto liberamente e ha sottolineato che, nel 2018, il leader cinese ha modificato la costituzione per eliminare il limite di mandato, permettendogli di governare a tempo indeterminato. Inoltre, il resoconto sostiene che Pechino silenzi brutalmente qualsiasi critica e dissenso attraverso diverse tattiche quali tortura, sparizioni forzate e detenzioni arbitrarie.

Tra i potenziali candidati all’elezione risultavano anche Cuba e Pakistan, e l’UN Watch ha stilato anche per questi Paesi una serie di motivazioni circa la loro incandidabilità.

L’isola caraibica è definita uno stato autoritario. Fino a qualche tempo fa era guidata da Raúl Castro, che ricopriva anche tre delle più potenti posizioni al governo. Era presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri, primo segretario del Partito Comunista e comandante in capo delle forze di sicurezza. “Oggi, sotto il presidente Miguel Diaz-Canal, Cuba continua ad essere uno Stato comunista monocolore. Il Partito Comunista è l’unico partito legale riconosciuto dalla costituzione e controlla tutti gli uffici di governo e la maggior parte delle istituzioni civili. Pertanto, non c’è una magistratura indipendente. Secondo l’Ong Freedom House, la sovrapposizione tra Stato e partito è quasi totale”.

Infine, il Pakistan è considerato incandidabile in quanto estese aree del Paese continuano ad essere colpite da violenze terroristiche contro civili ed esercito. La maggior parte perpetrate dal Movimento dei talebani del Pakistan (TTP). “L’esercito e le forze di sicurezza pakistani sono accusati di aver utilizzato tattiche troppo pesanti nelle risposte contro i militanti. Si parla di omicidi extragiudiziali, detenzioni arbitrarie e sparizioni forzate. Inoltre, nel Paese sono comuni le torture da parte della polizia e delle forze di sicurezza”.

 

Traduzione di Chiara Romano da theguardian.com, aljazeera.com, unwatch.org

Immagine di copertina via ilbolive.unipd.it

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