“Mi chiamo Francesco Totti”: il docufilm su un amore lungo una vita
“Mi chiamo Francesco Totti”, docufilm firmato Alex Infascelli, è arrivato nei cinema italiani e per molti era un appuntamento imperdibile: l’opera sulla vita calcistica di uno dei più grandi calciatori italiani della storia lascia gli spettatori con il naso all’insù, verso lo schermo, per tutta la durata del documentario, mentre ripercorre, passo dopo passo, tutti i momenti salienti della sua grande carriera
È un’aria surreale, quasi come se si fosse in attesa del calcio d’inizio di una partita, quella che si respira al cinema in attesa della prima scena de “Mi chiamo Francesco Totti”, il docufilm, uscito nelle sale italiane in edizione speciale per soli 3 giorni, sulla vita del capitano della squadra giallorossa.
La si può definire davvero la storia di un grande amore, quella di Totti per Roma e la Roma e quella di Roma (ma non solo) per Totti.
Venticinque anni a vestire la stessa maglia per scelta, battendosi in ogni centimetro di terreno, vivendo il bello e il brutto del calcio. Senza mai perdere la voglia, la grinta, la passione. Quella passione che gli ha fatto divorare il campo fino all’ultimo secondo.
Tutto ciò è racchiuso in questo documentario. Ma oltre al calciatore, quello che il regista Alex Infascelli riesce a mettere in scena è un Francesco Totti inedito, più intimo.
Proprio lui che per tutta la sua carriera ha tenuto alla riservatezza della sua vita privata, nonostante nel 2005 lo si vide sposare la showgirl Ilary Blasi, ora si spoglia e lo fa raccontandosi in grande.
Un sogno realizzato
Le luci in sala si abbassano e lo schermo mostra uno Stadio Olimpico completamente al buio con al centro una sola figura, come un gladiatore al centro della propria arena, ed è proprio da lì, da quella che è stata la sua seconda casa che Francesco Totti inizia a narrarsi.
Dai primi passi e i primi calci al pallone, al forte legame con la sua famiglia che lo accompagnerà in ogni scelta. Al suo esordio in prima squadra nel 1993 quando non era ancora maggiorenne: un ragazzino con il sogno di giocare nella squadra del cuore come tutti i ragazzini che sognano di fare i calciatori.
Ripercorre così la sua carriera, i suoi gol, l’emozione alla vittoria dello scudetto. L’intenso ed a tratti difficile rapporto con i tifosi, nei momenti di gioia e nei momenti bui. Passando per l’incontro con Ilary. Quando prima ancora del famoso “6 Unica” già sapeva sarebbe stata la donna della sua vita e che infatti poi l’ha reso papà dei loro splendidi figli.
Arriva poi ad ammettere le difficoltà nel gestire già da giovanissimo una notorietà che per certi versi gli ruberà parte della giovinezza e della libertà che ogni adolescente desidera, come la semplicità di passeggiare senza essere fermato, per la sua amata città.
Una frase in particolare colpisce: “Riuscirò un giorno, prima che moro, a vedemme Roma senza dovemme fermà a fa na foto o n’autografo”. Si, perché la voce narrante che accompagna la storia è proprio la sua, è lui che parla a cuore aperto al suo pubblico, a chi non l’ha mai lasciato solo.
Ripercorre e ricorda, il suo rapporto con i compagni e gli allenatori avuti negli anni, il grande legame che ha con suo preparatore atletico Vito Scala, al quale dedica un ringraziamento particolare, anche perché grazie a lui riesce a riprendersi dal doloroso momento dell’infortunio che metterà a rischio la sua presenza al mondiale del 2006. Lo stesso mondiale che poi ci ha visti sul tetto del mondo.
Infascelli in “Mi chiamo Francesco Totti” riesce infine a farci svelare anche qualche retroscena sul complicato rapporto con l’allenatore Luciano Spalletti: i momenti duri che con la forza anche della moglie è riuscito ad affrontare. Momenti che però lo hanno portato alla decisione che ha causato in tutti i tifosi un colpo al cuore, la scelta di appendere gli scarpini al chiodo e lasciare.
Il suo addio, grazie alla bravura degli sceneggiatori, riesce a commuovere anche a tre anni di distanza. Un momento toccante, che tutti gli amanti del calcio sicuramente ricorderanno.
Ottima la scelta di inserire video amatoriali durante tutta la durata del documentario, che permettono di entrare in sintonia più che col calciatore, con l’uomo.
Un vero racconto di sé in prima persona quindi che non si riesce a non apprezzare.
Anzi, le lacrime negli occhi di tutti i tifosi indipendentemente dalla fede calcistica, quel 28 maggio 2017, sono la dimostrazione di quanto possa dare questo sport, quanto possa trasmettere un campione vero, ma soprattutto fanno capire come Roma viva il proprio calcio, un legame passionale e viscerale che la città ha con i propri beniamini, quasi fossero tutti una grande famiglia.
Grazie a voi e al grande successo al box Office, #MiChiamoFrancescoTotti di Alex Infascelli resta ancora al cinema! pic.twitter.com/4dvtMGE8Uo
— Vision Distribution (@VisionDistrib) October 22, 2020
Chi ama il calcio, chi ama lo sport, non può non amare Francesco Totti. Questo che ci viene offerto è un documentario che sicuramente chi mastica il linguaggio del pallone apprezzerà. Uno sguardo su un mondo così tanto discusso e criticato che svela ciò che difficilmente si riesce a vedere dall’esterno.
Sicuramente imperdibile per chi, se la partita è alle 15, dalle nove del mattino è già davanti ai cancelli dello stadio e per chi, quando si gonfiava la rete ad un gol di Francesco, si sentiva abbracciato come se un gol fosse la dimostrazione dell’amore che lui stesso ha dichiarato al suo popolo e che porterà sempre dentro di sé.
Giada Giancaspro