Crisi climatica: il giornalismo riesce a fare la differenza?
Riportando le problematiche mondiali riguardanti la crisi climatica, i media possono influenzare il cambiamento?
“Questo articolo riuscirà a fare la differenza?”. È una domanda che i giornalisti si fanno tutti i giorni. La risposta è raramente lampante. Sono tantissime le storie che riescono a malapena a suscitare una reazione. Ma, negli ultimi anni, ci sono state numerose occasioni nell’ambiente del Guardian dove la risposta è stata affermativa.
I media sono parte di un sistema nervoso sociale, allertando il pubblico di pericoli remoti nello stesso modo in cui i neurotrasmettitori comunicano al cervello che le punte delle dita stanno bruciando. Siamo amplificatori che permettono a voci deboli o remote di raggiungere un ampio pubblico e i centri decisionali. E, ovviamente, siamo anche dei cani da guardia, facendo sì che le autorità politiche si assumano le proprie responsabilità.
Climate change and poverty: why Indira Gandhi's speech matters | Working in development | The Guardian https://t.co/xqL3yfwysI
— Fawzia Tarannum (@fawziat) October 26, 2020
Questi ruoli – di trasmissione, amplificazione e indagine – sono tutti elementi vitali in ogni risposta efficace alla rottura ambientale mondiale.
La Terra è un pezzo straordinario di ingegneria evoluzionistica che si autoregola da milioni di anni. Questa omeostasi è attualmente destabilizzata dalle attività umane. Gli scienziati ci avvertono che non è troppo tardi per invertire la rotta, ma dobbiamo cominciare velocemente i lavori. I giornalisti sono in grado di facilitarli. Ciò è possibile perché riusciamo a connettere il locale e il globale, che è una parte essenziale di ogni soluzione. La crisi climatica, il collasso dei sistemi di supporto della vita naturale, l’aumento di malattie trasmesse dagli animali all’uomo e l’inquinamento di aria, acqua e terreno sono spesso le prime manifestazioni in regioni distanti e comunità povere, nonostante la causa e le conseguenze ultime possono essere trovate in città più benestanti e più densamente popolate.
Come abbiamo imparato con la pandemia causata dal COVID-19, a meno che i problemi non siano identificati e gestiti anticipatamente e a livello locale, i costi per la salute e per l’economia possono essere terribili, in quanto in seguito si diffonderanno e espanderanno nel mondo.
«Il #Coronavirus ci insegna qualcosa in termini di crisi del #ClimateChange […], siamo più vulnerabili di quanto pensassimo, ed è necessario diventare più resilienti e meglio preparati per l’ignoto, e alla svelta», scrive il @nzherald. https://t.co/KgvE8SXCKZ
— Ghigliottina News (@Ghigliottina) April 20, 2020
Il Guardian attua tali connessioni poiché ha una prospettiva internazionale e sociale e non è nelle mani di un tycoon o di interessi aziendali. Questa indipendenza lo separa dalla maggior parte delle altre organizzazioni mediatiche, che hanno un focus domestico ed economico più ridotto, o si considerano intrattenitori che devono distrarre i lettori, o eco che rinforzino i pregiudizi. Invece di distanziare il Regno Unito dal resto del mondo, cerchiamo di esplorare cosa ci accomuna, che è essenziale se vogliamo risolvere i problemi ambientali globali.
Scoprire come sono colpite le persone e lottare a livello locale è stato un obiettivo della serie Green Blood, sulle minacce contro gli attivisti per l’ambiente e contro i giornalisti che coprono il settore dell’attività estrattiva. Ciò ha fatto la differenza. Non appena i risultati sono stati pubblicati dal Guardian e dalle sue 35 organizzazioni partner, la corte costituzionale del Guatemala ha ricevuto la richiesta, da parte degli attivisti indigeni, di sospendere le operazioni presso una delle più ampie cave di nickel dell’America Centrale, a causa dell’impatto ambientale sulla zona.
Allo stesso modo, alcuni resoconti relativi all’abuso dei diritti umani e alla negligenza ambientale alla miniera d’oro di North Mara, in Tanzania, hanno fatto sì che alcune multinazionali quali Apple, Nokia e Canon abbiano rivisto i loro processi di distribuzione. Il raffinatore, MMTC-PAMP, e il proprietario della cava, Barrick, in seguito hanno messo su un’inchiesta relativa alle pratiche di gestione del rischio a North Mara. Il The Guardian continua a controllare la promessa dell’operatore di prestare molta più attenzione alle preoccupazioni della comunità e dell’ambiente locale.
Ancora, la serie Defenders sull’omicidio degli attivisti dell’ambiente e del territorio continua a ramificarsi. Negli ultimi due anni, due degli attivisti hanno vinto cause storiche. In Sudafrica, la corte si è espressa contro la proposta relativa alla cava di titanio che avrebbe lacerato il territorio appartenente alla comunità Xolobeni sulla Wild Coast. In Kenya, i giudici hanno destinato 12 milioni per i danni ai residenti della baraccopoli di Owino Uhuru, per le morti e l’impatto sulla salute dovute a una vicina fonderia per il riciclo delle batterie.
In entrambi i casi, gli attivisti locali hanno rischiato le loro vite per protestare contro i potenti interessi economici. Erano preoccupati dell’inquinamento e di altre forme di degrado ambientale. I media non hanno avuto un ruolo fondamentale nella loro causa. Ma senza il palcoscenico internazionale, il loro coraggio e la loro determinazione non avrebbe ricevuto la stessa importanza che avrebbe potuto invertire la rotta.
Un caso recente riguarda i piani di una azienda mineraria cinese di esplorare i depositi di carbone nel parco nazionale Hwange dello Zimbabwe. Gli ambientalisti locali erano desiderosi di diffondere il messaggio a livello internazionale, poiché i resoconti domestici suggerivano che il governo era pronto a mettere gli interessi economici davanti la santità di uno dei luoghi più importanti al mondo che ospita elefanti, rinoceronti, ghepardi, giraffe e altri animali selvatici. Ha funzionato. Alcuni giorni dopo che la storia è stata pubblicata sul Guardian e su altri media, le autorità hanno annunciato di voler bloccare il piano.
In una situazione simile si è trovato il Brasile, dove la più grande compagnia al mondo di imballaggio della carne, la JBS, a settembre ha annunciato di voler licenziare tutti i fornitori connessi alla deforestazione dell’Amazzonia. Questa scelta è stata una marcia indietro rispetto alla linea precedente ed è giunta in seguito a una serie di articoli del The Guardian in collaborazione con Repórter Brasil e il Dipartimento di Giornalismo Investigativo riguardanti l’indulgente supervisione dell’azienda sul suo processo di produzione.
Ovviamente, molti altri fattori hanno contribuito a tale decisione. Calcolare l’influenza di una storia è molto più difficile di contare le visualizzazioni e le condivisioni sui social media. Ma è chiaramente importante, o le aziende e i governi non spenderebbero miliardi in campagne sulle relazioni pubbliche per evitare la pubblicità negativa. In questo senso, il Guardian ha fatto numerosi passi per cercare di formare l’opinione pubblica a favore di più grandi azioni per la crisi climatica.
Il più grande progetto giornalistico ambientale degli ultimi anni è stato The Polluters, un pezzo di giornalismo investigativo di vecchio stampo che aveva come obiettivo quello di esporre le aziende di combustile fossile, quelle finanziarie, quelle che si occupano di relazioni pubbliche, i gruppi di esperti e i politici che hanno maggiormente contribuito alla crisi climatica. Si è trattato di una collaborazione multidisciplinare di più di 20 giornalisti attraverso ambiente, affari, investigazioni, giornalismo di dati, video, podcast, grafiche e notizie dall’estero in cinque Paesi, con il sostegno di università e ONG.
Dopo otto mesi di lavoro, il giornale e il sito web hanno esposto schiettamente quanto scoperto ogni giorno per una settimana. Questo intenso focus ha dimostrato l’importanza che il Guardian pone su un argomento di crescente preoccupazione pubblica. Il progetto ha generato un dibattito in tutto lo spettro politico e nelle sale riunioni di alcune delle aziende più grandi del mondo. Inoltre, ha contribuito – insieme alla crescente ondata di attivismo climatico – a un crescente numero di annunci da parte di compagnie quali BP, Shell e numerose aziende d’assicurazioni e banche per accelerare il cambiamento nelle industrie che usavano in modo intensivo il carbone.
Today we can reveal the 20 fossil fuel companies whose relentless exploitation of the world’s oil, gas and coal reserves can be directly linked to more than one-third of all greenhouse gas emissions in the modern era: https://t.co/Ve6KqVTPq7 #ThePolluters
— The Guardian (@guardian) October 9, 2019
Sappiamo anche che possiamo e dovremmo fare di più. Come hanno sottolineato Greta Thunberg e altri, la crisi climatica e ambientale dovrebbe essere nei titoli di ogni sito web e di ogni notiziario, tanta è la sua importanza e la sua pressione. Ci sono ancora innumerevoli storie non raccontate o non segnalate. Gli scienziati hanno comunicato che il mondo deve accelerare la trasformazione nel sistema energetico, dei trasporti e alimentare in una scala mai vista prima. Si tratta di qualcosa di allarmante, ma anche di emozionante.
Fare affari come al solito non è abbastanza. E nemmeno il giornalismo.
Traduzione di Chiara Romano da theguardian.com
Immagine di copertina via forbiddenstories.org