Raffaella Carrà, la pop star che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso
Raffaella Carrà è un’icona culturale che ha rivoluzionato il mondo dello spettacolo italiano e ha dato alle donne rappresentanza in camera da letto. Ne parla, celebrandola, il The Guardian
All’inizio di Explota Explota, una nuova commedia musicale ispano-italiana ambientata in Spagna alla fine della dittatura di Franco, negli anni ’70, l’assistente aeroportuale Maria sta effettuando una consegna a uno studio televisivo, quando attira l’attenzione di Chimo, il direttore di un varietà. Quando gli dice di non essere una ballerina, l’uomo risponde: “Nessuna danzatrice vivente può resistere a questo ritmo”. Fa partire “Bailo Bailo“, una hit della pop star italiana Raffaella Carrà che, oltre ad essere diventata uno dei personaggi più famosi d’Italia, ha avuto successo anche nel mondo spagnolo del XX secolo.
La Svezia ha avuto gli Abba, l’Italia la Carrà, che ha venduto milioni di dischi in tutta Europa. Ovviamente, Maria non può resistere a Bailo Bailo, e Chimo la assume.
For the release of #MyHeartGoesBoom – a musical on the notes of @raffaella Carrà's great successes, produced by #TornasolFilms, @indigo_film, #ElSustitutoProducciones and @rtve – @guardian celebrated Carrà as a cultural icon that revolutionized Italian entertainment. #MiaMarket pic.twitter.com/6bJrR1J6Jb
— MIA | Mercato Internazionale Audiovisivo (@MIAmarket_Rome) November 19, 2020
Explota Explota – intitolato “My Heart Goes Boom!” in inglese – è diretto da Nacho Álvarez. Al momento, il film sta facendo il tour del circuito dei festival cinematografici, omaggiando le canzoni di Raffaella Carrà. Ma non si tratta di un film autobiografico: le sue musiche vengono utilizzate durante il varietà di fantasia “Las Noches de Rosa” e utilizzate durante la narrazione, accompagnando i personaggi nelle loro vite. Il film riflette sui diversi punti di vista su relazioni, sessualità e divertimento in un Paese cattolico. Uno dei principali campi di battaglia è la lunghezza dell’orlo della gonna delle showgirl. Ma si parola anche della giusta profondità di una scollatura, prima che si renda necessario posizionare un fiore finto per salvaguardare la decenza. Il film debutterà al Torino Film Festival, che si terrà dal 24 al 28 novembre.
Dagli anni ’50 in poi, la Carrà era una minaccia tripla: riusciva a cantare, ballare e recitare perfettamente. Inoltre, aveva una influenza impareggiabile sulla cultura e sulla musica pop italiana. L’inglese non era la sua prima lingua usata nello spettacolo, rendendola più un idolo nel Regno Unito. Tecnicamente, l’Italia aveva cantanti più abili vocalmente, che combinavano l’estensione con uno stile drammatico. Ad esempio, Mina, una magistrale mezzo soprano, o Milva, nota come “la Rossa”, a causa delle sue preferenze politiche e la sua focosa capigliatura, famosa per le sue interpretazioni di Brecht e Weill. Ma anche Patty Pravo, contralto androgino, o Giuni Russo, che sublimava la tecnica operistico in musica pop e aveva un’ampiezza di cinque ottave.
Ma Raffaella Carrà le superava tutte.
Quando, nel 1968, la cultura giovanile si intrise di politica e i suoi membri scendevano in piazza per protestare, la Carrà si recò in America per assistere al musical Hair ogni sera per un mese. Tornò a casa con la convinzione che il mondo dello spettacolo italiano aveva bisogno di più energia. “È stata la prima icona pop, ma alle casalinghe è sempre piaciuta. Ha rivoluzionato la televisione” aveva scritto la giornalista Anna Maria Scalise nel 2008. La stessa Carrà nel 1974 disse: “Non prendo ispirazione da nessuno. Parlo ai bambini, ai papà che guardano lo sport, alle mogli, e quindi alle famiglie italiane che guardano la tv”.
Il suo palcoscenico era il mondo del varietà italiano, che rappresentava canzoni e sequenze di ballo ispirate a Broadway. Acquistò la fama durante l’edizione del 1970 dello spettacolo Canzonissima, dove era co-presentatrice. Lo show collegò le sue canzoni originali direttamente alla sua danza e ai numeri musicali. Cantava e ballava durante la canzone dei titoli di apertura, “Ma che Musica Maestro”, indossando un completo con crop-top.
Era la prima volta che qualcuno mostrava lo stomaco in televisione.
Il Vaticano e la gestione conservatrice della RAI erano scandalizzati. “La regina del così così” la definì il presentatore Maurizio Costanzo. Nonostante ciò, Raffaella Carrà fu assunta nuovamente l’anno seguente. Con il ballerino Enzo Paolo Turchi ballò la canzone jazz “Tuca Tuca“: uno dei danzatori tocca diverse parti del corpo dell’altro mentre la musica prosegue. I due dovettero filmare la performance quasi frontali alla telecamera, per mostrare alle famiglie italiane che non si stavano palpeggiando. La canzone divenne famosa poiché si concentrava sulla libertà femminile. “Ti voglio” canta, e poi “L’ho inventato io”.
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Il pubblico generale era contento della coreografia, che non richiedeva troppa bravura. Tuttavia, la censura cancellò il ballo dopo la terza volta che andava in scena. L’attore Alberto Sordi salvò la situazione: sarebbe apparso a Canzonissima solamente se avessero ripristinato Tuca Tuca, cementandone il successo. Nonostante ciò, la stampa catalogò la Carrà come una meraviglia da una sola canzone, paragonandola a dello spumante non più frizzante.
Ma Raffaella Carrà non smise di frizzare. Si vestì di tute proto-glam con oblò, mantelli, diamantini, piume e abiti dalla vita stretta (diventate, di recente, soggetto di una mostra) e guarnì il tutto con un caschetto biondo da far invidia ad Anna Wintour. Ciò che la fece distinguere, a parte le sue tre minacce, era una combinazione di sex appeal e facilità di approccio. Ha insegnato alle donne che avere libertà in camera da letto non è scandaloso, che non è un problema innamorarsi di un uomo gay e che non tutte le relazioni sono proprie sane. “Credo che Raffaella Carrà abbia fatto molto di più per liberare le donne che molte altre femministe”, ha dichiarato l’artista Francesco Vezzoli, il curatore di TV70, una mostra sulla televisione italiana degli anni ’70 per la Fondazione Prada nel 2017.
Nel 1976 cantò l’hit internazionale “A Far l’Amore Comincia Tu”, una chiamata alle armi per le donne perché facessero capire ai loro amanti cosa desiderassero a letto. Nella versione inglese, l’unica ad essere entrata nelle classifiche musicali britanniche in nona posizione, la Carrà dice alle donne “Do it, do it again – Fallo, fallo ancora”. In spagnolo, è stata tradotta con “In amore, dare il via è tutto”, ma in Germania il messaggio fu distorto. Il cantante schlager Tony Holiday trasformò l’originale osé in uno scialbo invito a ballare. Vi ricorderete della versione della Carrà: l’avete sentita in un episodio della serie tv Doctor Who, mentre Jep Gambardella, il protagonista del film di Paolo Sorrentino La Grande Bellezza, ne balla un frenetico remix durante la sua festa di compleanno.
Curiosamente, A Far L’Amore Comincia Tu venne rilasciata insieme a “Forte Forte“, una ballata col messaggio opposto. Lei capisce di essere condiscendente in una relazione di sesso rude. La Carrà riconosce che il piacere può provenire sia dal prendere iniziativa sia dall’essere guidati.
Nel 1976 fece successo in Spagna.
Ci vediamo in Italia! 💥💥☝🏼♥️ https://t.co/ixNZCRFsUE
— Nacho Álvarez (@NachoAlvarezOle) October 24, 2020
Francisco Franco era appena morto e lei presentò “La Hora de Raffaella”, cantando e ballando così come faceva in Italia. “Sono stata fortunata, il mio show venne mandato in onda proprio dopo delle partite importanti come Real Madrid contro Barcellona, per questo ho avuto successo” ha dichiarato al Corriere della Sera nel 2018, con troppa modestia. Il suo impatto sulla cultura pop spagnola fu così grande che, nel 2018, il re di Spagna l’ha nominata dama, “al orden del mérito civil”, per essere “un’icona di libertà”.
Tornò in Italia nel 1978 con tantissime nuove possibilità artistiche. La tv a colori era finalmente arrivata nelle case italiane, e lei diventa la presentatrice del varietà “Ma Che Sera”. La canzone di apertura, “Tanti Auguri”, diventò un inno al sesso e alla sessualità. “Ma girando questa terra io mi sono convinta che non c’è dio non c’è guerra quando a letto l’amore c’è”. Un altro famoso verso ricorda quanto sia bello fare l’amore da Trieste in giù.
“Riuscite a immaginare una donna bionda cantare questa canzone ad alta voce alle 20.30 alla televisione italiana, con 30 milioni di spettatori?” chiede Vezzoli. “È un atto così innovativo e liberatorio! Immaginate tutte quelle donne nelle periferie di Roma o nella provincia di Brescia che pensavano di poter fare l’amore solo coi loro mariti, tristemente”.
Un’altra delle sue provocazioni a Ma Che Sera consistette in indossare un vestito da suora sexy appollaiata su una mela, durante un mix di canzoni dei Beatles, mentre dei ballerini seminudi volteggiavano sotto di lei. Tutta la sequenza è un’opera d’arte di primissimi effetti speciali. La Carrà debuttò anche con il suo singolo “Luca” durante lo spettacolo, dove parlava della sua tristezza dopo essersi innamorata di un “ragazzo dai capelli d’oro”. Tuttavia, lui la tradisce con un altro ragazzo biondo, e quella è l’ultima volta che lei lo vede. “Sono uscita solamente con ragazzi gay: loro non cercano di palpeggiarti al cinema” ha detto al Corriere della Sera nel 2017, ricordando la sua adolescenza.
Que grande @raffaella premio #WorldPride2017 más que merecido. #LGTBIQ @RaffaCarraFan pic.twitter.com/0REdAUapQ4
— Euprepio Padula (@EuprepioPadula) July 4, 2017
Il suo parlare di omosessualità così leggermente e prendendola come un dato di fatto era una cosa nuova in Italia, Paese cattolico, represso e sconvolgibile. Non sorprende constatare come la Carrà sia diventata un’icona gay internazionale, al punto che gli era stato consegnato il World Pride 2017 a Madrid.
Dodici giorni dopo l’inizio di Ma Che Sera, il 16 marzo 1978, i terroristi di sinistra rapirono il primo ministro italiano, Aldo Moro, e lo uccisero. Raffaella Carrà cercò di far sospendere lo show, ma dato che 30 milioni di persone si sintonizzavano per vederla ogni sabato, la sua richiesta non fu esaudita. Nel 1979, lasciò l’Italia. “Mi vergognavo così tanto che non tornai per tantissimo tempo” disse nel 1999.
Diventò così un’attrice e pop star in America del Sud, ma tornò in Europa.
Negli anni ’80 si trasformò in presentatrice di talk show, ruolo che ricopre ancora all’età di 77 anni. “Ha ricevuto più applausi del presidente Pertini, è più costosa del giocatore di calcio Michel Platini, fa più miracoli di Padre Pio”. È così che L’Espresso la descriveva nel 1984.
La maggior parte dei suoi inni pop sex-positive sono un prodotto della tv italiana degli anni ’70, ma non sono reliquie del passato. Gli italiani conoscono ancora le sue canzoni a memoria e le cantano a squarciagola alla prima occasione (Tanti Auguri è stato il suono della sveglia del mio pacchiano Motorola Razr negli anni 2000). L’apice della sua carriera giunse prima dell’edonistico “I Feel Love” di Donna Summer e dell’inno disco sex-positive di Cher “Take Me Home”, quasi dieci anni prima dell’inno alla masturbazione di Cyndi Lauper, “She Bop”, e 15 anni prima di “Erotica” di Madonna. Il verso “Tell me what you want, what you really really want” delle Spice Girls ricordava la Carrà che spronava milioni di donne dell’Europa del sud ad essere le prime ad aprire le danze nel sesso.
Oggi, tra canzoni sessualmente esplicite come “WAP” o “Side to Side“, incoraggiare a godersi il sesso suona abbastanza diretto. Ma Raffaella Carrà è stata l’apripista che ha aiutato le persone ad avere vite più piene, usando ritmi che nessun essere vivente può resistere.
Traduzione di Chiara Romano via theguardian.com
Immagine di copertina via facebook.com/telegiornale70