Aspettando l’America di Joe Biden

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Il neo eletto Presidente degli Stati Uniti si prepara per ridisegnare il Paese davanti agli occhi del mondo: clima, sanità, razzismo e riforme fiscali tra le sfide più attese

A due settimane dall’Election Day di Martedì 4 Novembre il Presidente eletto Joe Biden è impegnato a definire le nomine dell’Amministrazione con cui guiderà il Paese per i prossimi 4 anni. Dal 21 Gennaio si insedierà alla Casa Bianca come 46° Presidente degli Stati Uniti, nonostante Donald Trump continui a twittare slogan come “Le elezioni più disoneste della storia” – parlando di brogli, frodi e gap nei conteggi – e nonostante i suoi elettori manifestino pubblicamente e non sempre in modo pacifico – a Washington la settimana scorsa sono state diverse decine gli arresti – reclamando la vittoria del loro leader.

L’assenza di transizione sta generando caos e incertezze in un Paese già profondamente diviso. Ricordiamo che Biden ha conquistato il Campidoglio con l’appoggio di 306 grandi elettori, mentre l’uscente Trump si è fermato a 232. A Gennaio si assesteranno i seggi delle due Camere, ad oggi in bilico (maggioranza repubblicana al Senato e democratica alla Camera).

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Joe Biden e Kamala Harris (Fonte immagine: Abc.net.au)

Un testa a testa durato giorni, che ha lasciato il mondo con il fiato sospeso. Adesso l’attesa generale è rivolta alla probabile inversione di tendenza, per scoprire gli Stati Uniti di Joe Biden e Kamala Harris. Intanto, il primo impegno dei democratici sarà riposizionare il Paese rispetto al resto del mondo, abbandonando il concetto di “America First” del precedente governo repubblicano per tornare a dialogare con l’Europa, con l’Iran sul nucleare, con la Cina sui mercati ma anche con la NATO e l’OMS. In poche parole, Joe Biden dovrà guidare l’America fuori dall’isolazionismo in cui l’ha spinta la presidenza Trump.

Internamente, le aspettative sono molteplici sotto molteplici aspetti. Sanità, clima, immigrazione, economia e fisco, diritti civili. La sfida sarà confermare gli intenti della campagna elettorale con l’opposizione repubblicana pronta a remare contro, portando come prima motivazione l’attuale incertezza economica dovuta alla pandemia. In primis e trasversale la gestione resiliente del COVID-19, per cui Biden ha promesso una task force speciale e un approccio molto più rigido nell’uso di dispositivi di sicurezza.

Tema caldo, naturalmente, è la questione razziale. I gravissimi accadimenti della scorsa primavera hanno spostato l’elettorato verso Biden, ma adesso Black Lives Matter non può rimanere uno slogan: deve diventare realtà. Intanto, ci si aspetta che il razzismo sia riconosciuto come un problema trasversale al Paese e, di conseguenza, che venga presa una serie di provvedimenti esecutivi a livello federale – così come la nomina di un procuratore speciale per fare giustizia sui casi Floyd, Taylor, Blake, Cole e Anderson. Biden ha scartato soluzioni suggerite dall’ala più a sinistra dei Dem, che prevedeva smantellamento e riforma dei dipartimenti di polizia, ma ora il neo eletto dovrà prendere una posizione più decisa.

Per quanto concerne la Sanità, Biden vuol fare meglio di Obama. Ha pensato ad un’assicurazione federale pubblica che livelli l’offerta sul mercato e che si aggiunga all’opzione privata. Primaria sarà l’espansione della sfera pubblica: più ampie soglie di accesso a Medicare, canale dedicato agli anziani, ed a Medicaid, per famiglie al di sotto di certe fasce di reddito.

Altro argomento chiave e di forte peso sull’elettorato è la gestione dell’immigrazione. Biden ha parlato più volte di una road map  per regolarizzare i 12 milioni di immigrati illegali, con speciale attenzione ai minori arrivati nel Paese con i genitori, i dreamers, circa 700 mila. In agenda anche l’aumento della soglia di rifugiati e l’eliminazione del “travel ban” posto da Trump, lo sbarramento alla provenienza da paesi a maggioranza musulmana. Ovviamente stop ai finanziamenti per il muro al confine con il Messico ma il grande problema adesso sarà relativo al suo smantellamento.

Altra questione impegnativa, le politiche fiscali. Aumentare la previdenza sociale per le pensioni, sostenere le piccole imprese ed un piano di 2 trilioni di dollari da investire in infrastrutture, energia pulita e trasporto pubblico. In campagna elettorale, Biden ha promesso di contribuire alla distribuzione della ricchezza: in agenda l’annullamento dei tagli fiscali del 2017 voluti da Trump e l’aumento del 7% delle aliquote alle imprese, in modo da raccogliere oltre 3 trilioni di dollari nei futuri dieci anni. Con l’economia in forte crisi causa COVID-19, dicevamo, le resistenze dei Repubblicani a queste soluzioni saranno ancora più forti.

Rispetto all’Ambiente, e qui tutto il mondo è in finestra, le difficoltà saranno analoghe: Biden è chiamato ad una vera e propria inversione di tendenza rispetto all’operato trumpiano. Intanto, si è affrettato ad assicurare il rientro degli USA negli Accordi di Parigi. Nella sua agenda compaiono la riduzione di gas serra del 45-50% entro il 2030, la vendita di auto a zero emissioni, l’elevazione degli standard di energia elettrica pulita, l’agevolazione di sistemi di sostituzione del fossile ed il miglioramento del riciclo. Ottenere questi obiettivi, che gli analisti hanno definito come i più ambiziosi della storia degli States, sarà necessario un investimento di 400 miliardi di dollari nella ricerca sulle energie rinnovabili, un inasprimento delle normative sull’inquinamento delle automobili, l’abbattimento degli inquinatori aziendali e la costruzione di 500.000 stazioni di ricarica per veicoli elettrici.

Un aspetto che Biden non potrà trascurare, però, è la sopravvivenza del trumpismo: le manifestazioni di queste settimane, la sfida all’ultimo voto, la perdita di fiducia dell’elettorato dei latinos e della Florida sono campanelli d’allarme sui quali la nuova amministrazione dovrà agire in modo primario per rafforzare la propria credibilità.

Sara Gullace

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