Decadenza e natura: Alessio Torino ci porta al centro del mondo
Alessio Torino ci fa immergere nella storia di una famiglia con i propri dolori alle spalle o talvolta seduti accanto
Al centro della storia c’è Damiano, un adolescente con disturbi. Lo troviamo all’inizio del romanzo ad aggredire improvvisamente una quercia rea di essere quella cui si è impiccato il padre dieci anni prima e rea soprattutto di non essere morta anche lei e di rimettere ora foglie nuove e verdi sui rami che si pensava fossero secchi.
Tutta la vicenda o quasi è vissuta dal lettore attraverso gli occhi del ragazzo benché il narratore sia in terza persona. È con gli occhi di Damiano che osserviamo le stagioni mutare e la natura rivelarsi.
L’estate si annunciava da lontano ogni volta che una folata di vento portava in camera un odore che era un misto di santoreggia, muschio lasciato a invecchiare per il presepe e sterco secco. Il rettangolo della tenda diventava più bianco con la luce.
Così come è attraverso gli occhi di Damiano che osserviamo gli altri personaggi.
Il nonno silenzioso seduto sotto il ciliegio, un passato da partigiano di cui non gli piace parlare. Nonna Adele, il cuore della famiglia, un amore senza condizioni per quel nipote così particolare. Zio Vince che vorrebbe vendere tutto, sradicare la famiglia da quei luoghi nella speranza che si possa ricominciare una vita altrove.
Sì perché la famiglia di Damiano, e poche altre persone che gravitano loro intorno, vive in un borgo del marchigiano di quelli che in fondo ne è piena l’Italia. Un borgo che in tempi più o meno recenti era vivo, in cui c’erano masserie e casolari abitati con famiglie che si prendevano cura della terra e degli animali. Sappiamo, da questo punto di vista, come è andata la storia, lo spopolamento, l’attrazione di attività più remunerative nelle città. E i borghi come quello in cui è ambientata la storia sono rimasti a se stessi, e alle cure di poche mani e schiene curve che faticosamente hanno cercato di trarvi frutti, poche case per lo più abbandonate o lasciate ai pastori di passaggio.
Il borgo di questa storia non è diverso. Villa la Croce. Che però qualcuno ha ribattezzato Villa dei Matti.
Siamo nel 2017 e negli scarsi due anni a seguire. Ma di fatto potremmo essere in qualunque epoca. E se per lo spopolamento dei borghi rurali potremmo essere in un punto temporale qualsiasi dell’ultimo secolo circa, con il vissuto di una famiglia – con i propri drammi e con i figli che vorrebbero non essere condannati alla vita dei genitori – potremmo essere in un qualunque momento della storia dell’uomo, complici anche i pochi riferimenti alla contemporaneità.
Se Zio Vince è desideroso di andare via da lì, i vecchi genitori non vogliono lasciare quella terra che è il loro centro del mondo. Qui è passato l’esercito di Napoleone che ha dato fuoco alla chiesa. Qui è arrivata la guerra, qui hanno dovuto nascondere delle persone e prendere posizione. Qui ci sono le api che hanno resistito a tutto e producono del miele che pare abbia poteri miracolosi. Qui hanno cresciuto due figli piantando un ciliegio alla nascita di ognuno di loro.
Erano stati piantati rispettivamente alla nascita di suo padre e di Zio Vince, e adesso erano campane di panna che odoravano d’api.
E se una certa percezione di decadenza aleggia un po’ ovunque, la natura predomina in tutto il suo splendore, con il suo mutare lento e costante, con il suo esserci nonostante tutto, forse a ricordarci che in fondo noi uomini siamo poco più che passeggeri su questa terra. Le descrizioni bellissime attivano tutti i sensi e li mescolano.
La siepe del lauroceraso si era mossa con il vento e le foglie di gomma gli avevano scoccato un riflesso. [..] Poi a chiamarlo fu il pruno. Scuoteva la chioma di ruggine e faceva un ombrello di luce rossa che si spostava sull’erba, come un salice che si fosse bagnato in un fiume d’acqua ricca di ferro.
La natura evoca suggestioni e nella testa di Damiano si trasforma. Nella mente del ragazzo ogni ombra è l’ombra del Diavolo. E nella sua mente il bene e il male, Maria e il Diavolo, combattono incessantemente, metafora del dissidio tra il bene e il male che appartiene all’essere umano per definizione. L’autore coerentemente non offre soluzione lasciandoci in un finale aperto a partire dal quale può essere tutto e il contrario di tutto.
Mondadori, 2020