Spazi pubblici e COVID-19: una risposta urbana in Vietnam, Bangladesh e India

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UN Habitat ha sviluppato una serie di progetti a livello di urbanistica in Vietnam, Bangladesh ed India. L’obiettivo è quello di favorire la coesione sociale, pur mantenendo tutte le misure per evitare la diffusione del COVID-19.

UN Habitat, noto anche come il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani e lo sviluppo urbano sostenibile, ha come obiettivo primario quello di rispondere alle sfide dell’urbanizzazione rapida. In questo settore, i suoi membri stanno sviluppando una serie di approcci innovativi, incentrati sulla partecipazione attiva della comunità.

Durante questa pandemia, gli spazi pubblici hanno avuto un ruolo vitale nella salute e nella sostenibilità delle comunità urbane di tutto il mondo”, ha dichiarato James Delaney, presidente di Block by Block, fondazione nata nel 2012 con l’obiettivo di integrare il videogame Minecraft per la pianificazione dello spazio pubblico e di conseguenza coinvolgere maggiormente la comunità.

Anzi, la gente ha bisogno di uscire, ora più che mai. Con l’obiettivo di fornire a questi spazi i mezzi per affrontare le sfide del COVID-19, UN Habitat e Block by Block nell’ultimo anno hanno iniziato a sostenere dieci città. Aiutate dai governi e dalle comunità locali, le iniziative hanno aiutato a creare spazi urbani aperti a prova di coronavirus, specialmente nei quartieri più indigenti, dove ci sono poche aree verdi condivise.

Si è cercato di fornire aiuto a coloro che lo necessitavano di più. Sono stati creati parchi giochi mobili per i bambini di Hanoi, in Vietnam; si è tentato di migliorare la vita dei venditori di strada a Dhaka e Khulna, in Bangladesh. Ma si è anche cercato di rendere “a prova di COVID-19” gli spazi pubblici degli insediamenti informali di Bhopal, in India.

Sfruttando il potenziale degli spazi pubblici, aree flessibili e resilienti, questi piccoli progetti sostengono le città a “riaprire lentamente, permettendo alle comunità di riacquistare fiducia nell’essere fuori casa e ad utilizzare gli spazi pubblici in sicurezza per motivi sociali ed economici”. Gli interventi sono indirizzati a diverse sfide. Decongestionare i mercati locali, aumentare igiene e sanità nei bassifondi e diffondere la consapevolezza della situazione attraverso cultura e arte, tra le altre cose.

I parchi giochi mobili per i bambini in risposta al COVID-19 di Hanoi, in Vietnam

Nonostante la città di Hanoi avesse allentato le misure di distanziamento sociale, agli alunni delle scuole primarie non era ancora permesso di rientrare in classe. Per mitigare l’impatto del coronavirus tra i bambini dei quartieri più svantaggiati, insieme a Healthbridge Vietnam, realtà non-profit del Paese asiatico, la proposta di UN Habitat si è concentrata sull’aumentare la sicurezza e l’inclusività dei parchi giochi comuni promuovendo attività fisiche e connessioni sociali.

Queste aree accrescono la capacità locale di gestire e sviluppare un modello di parco giochi mobile, utilizzando materiali riciclati e naturali che richiedono una manutenzione minima. All’inizio è stato difficile: sono stati necessari diversi incontri con 20 leader di comunità e autorità dei distretti per sottolineare i benefici di questi modelli. Inoltre, Healthbridge ha preparato 58 responsabili sulle misure di prevenzione del COVID-19 nelle aree gioco. Perfetti per gli spazi pubblici dei piccoli quartieri di città densamente popolate, questi parchi giochi mobili permettono ai bambini di accedervi facilmente, mentre i genitori li sorvegliano nelle vicinanze. Il progetto ha anche incoraggiato la comunità a delineare delle proprie misure di prevenzione per il coronavirus.

In partnership con HealthBridge Vitenam, Think Playgrounds, Women’s Unions, Youth Unions e i leader di comunità, grazie a questo progetto sono nati 7 parchi giochi mobili, sono stati formati 58 responsabili delle aree e si sono coinvolti 20 leader di comunità, tutto a beneficio di 400 bambini. “Questo progetto ha aiutato a cambiare il modo in cui utilizziamo il suolo pubblico. Prima qui c’era un parcheggio, che causava problemi ambientali e di traffico. Con l’approvazione della nostra comunità e il supporto del team del progetto, inclusi HealthBridge e Think Playgrounds, abbiamo potuto organizzare un parco giochi molto creativo. Da oggi in poi, il nostro quartiere avrà un’area pubblica divertente dove i bambini potranno giocare, e gli adulti incontrarsi per fare due chiacchiere. Le macchine non potranno più parcheggiare lì” ha raccontato Thanh Loan, leader di comunità e presidentessa della Women’s Unio del dipartimento Ngoc Ha, ad Hanoi.

Migliorare la vita dei venditori ambulanti durante il COVID-19 a Dhaka, in Bangladesh

Per permettere il distanziamento sociale durante la pandemia, gli affollati mercati temporanei nell’insediamento informale di Dhaka erano stati spostati in un campo aperto. Il progetto ha come obiettivo fornire supporto immediati ai venditori dei mercati, nonostante le scarse misure igieniche e la difficoltà di operare. Cambiando il modo di pensare della comunità, si tenterà poi di riproporre l’approccio negli altri quartieri in Bangladesh.

Dopo averne valutata la necessità, UN Habitat, “Pratyasha”, Come for Road Children e i consiglieri comunali hanno deciso di distribuire 200 ombrelli per proteggere i venditori ambulanti. Inoltre, sono state identificate famiglie estremamente indigenti e sono stati forniti loro dei carretti per vendere le verdure, così da sostenere la loro situazione economica.

Inoltre, UN Habitat insieme a Paraa, una organizzazione di ricerca volontaria, ha fornito una serie di semi di ortaggi di stagione, insieme ad alcune nozioni agricole, ai residenti più poveri di Korail Slum, che utilizzano i terreni lungo il lago per coltivare piccoli orticelli per supportare le loro famiglie.

In partnership con il Prottasha-Anti Drug Club, gli uffici dei consiglieri distrettuali, la North e la South City Corporation di Dhaka, Come for Road Children e Paraa, il progetto ha fornito 9 laboratori di comunità e ha distribuito 200 ombrelli, coinvolgendo 200 persone e 9.600 beneficiari.

Vivo a Khulna e prima della pandemia del coronavirus vendevo cibo per strada a Tootpara. Ho perso il lavoro ad aprile 2020, durante il lockdown, ed è stato difficile per la mia famiglia, dato che non avevamo molti risparmi da parte. Ho ricevuto un carretto per vendere il cibo da UN Habitat e Come for Road Children a ottobre 2020. Adesso vendo di nuovo cibo per strada e riesco a sfamare i 6 membri della mia famiglia. Mantengo anche misure sanitarie per evitare la trasmissione del COVID-19 tra i miei clienti. Sono felicissimo e grato per questi aiuti. Spero che altre ONG e donatori intraprendano iniziative simili che sostengono direttamente le persone più povere che vivono nei bassifondi e hanno perso ogni mezzo di sostentamento durante la crisi da coronavirus” ha raccontato Md Rubel Ahmed, venditore ambulante di Tootpara.

Rendere gli spazi pubblici a prova di COVID-19 negli insediamenti informali a Bhopal, in India

A Bhopal, in India, la pandemia è stata particolarmente minacciosa negli insediamenti informali, densamente popolati. L’obiettivo del progetto è stato migliorare l’accessibilità agli spazi pubblici, sostenere le persone e mantenere la coesione sociale in 10 diversi insediamenti di questo tipo della città.

L’intervento, che durerà 3 mesi, migliorerà gli spazi pubblici e li renderà sicuri. Ad esempio, installando delle panchine per incoraggiare la pratica del distanziamento sociale e l’aumento di luoghi d’incontro nei bassifondi.

In partnership con HealthBridge e CFI Trust, il progetto ha coinvolto più di 3.000 persone attraverso consultazioni di comunità, formazione volontaria, distribuzione di mascherine e il coinvolgimento dei fornitori. “Gli spazi erano abbandonati alla comunità. Erano ricettacoli di vandali e per le donne era difficile passarvi. Adesso l’area è stata convertita in un amichevole spazio di quartiere. Sempre più famiglie e membri della comunità passano il loro tempo lì e si sentono al sicuro” ha spiegato la 24enne Lalitha Yadav.

Il lockdown era diventato un incubo per noi. Intorno a questo slum non c’è alcuno spazio aperto. Il progetto ha installato le panchine e ha creato spazi decenti per sedersi e chiacchierare con gli amici. Inoltre, ci ha aiutato a imparare nuovi comportamenti, quali lavarsi le mani e indossare le mascherine per proteggerci” ha spiegato il 19enne Nita Yeduvanshi.

 

Traduzione di Chiara Romano via archdaily.com

Immagine di copertina via archdaily.com

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