MusicaIn3D: maggio con gli Evanescence, The Offspring e i Baby Strange

Tempo di lettura 5 minuti
Il numero di MusicaIn3D di maggio vede due ritorni eccellenti con i nuovi dischi di Evanescence e The Offspring e un’esplosiva novità: i Baby Strange.

 

Evanescence – The Bitter Truth

 

Fallen (2003) è stato un successo planetario che ha catapultato la band di Amy Lee in vetta alle classifiche dell’epoca e ridisegnato il trend del nu metal. Bring Me to Life è stato (ed è tutt’ora) un capolavoro inimitabile che raggiunse il quinto posto nell’American Billboard Hot 100 e nel 2004 portò la band a vincere due Grammy Awards: uno come Best Hard Rock Performance e l’altro come Best New Artist.

 

Complice il videoclip mozzafiato che veniva passato a tutte le ore su MTV e quel sound che cercava di avvicinarsi sempre di più alle sonorità dei Linkin Park – che proprio in quegli anni hanno riscosso i maggiori successi commerciali – gli Evanescence hanno guadagnato con un solo album (e un tour mondiale di successo) un posto d’onore nell’olimpo degli dei del Rock. E poi?

E poi, purtroppo per loro, non sono riusciti a tenere botta e a difendere, con le successive produzioni musicali, lo status che si erano guadagnati. Complici i problemi interni alla band, qualche bega discografica e questioni personali, The Open Door (2006), Evanescence (2011) e Synthesis (2017) non sono mai riusciti neanche ad essere una brutta copia in carta carbone del loro primo lavoro.

Oggi però Amy Lee, la fondatrice degli Evanescence, al massimo delle sue abilità sia come autrice sia come musicista torna con il resto della band in ottima forma. The Bitter Truth rappresenta una ventata di aria fresca per gli appassionati del genere che non si sentiranno traditi ma anzi troveranno gli elementi fondamentali per un genuino ritorno di fiamma verso la band americana.

Sicuramente la produzione di Nick Raskulinecz (che ha firmato produzioni di, tra gli altri, Foo Fighters, Korn, Deftones e Alice in Chains) è stata un grande valore aggiunto, ma si deve tanto anche alla batteria di Will Hunt che ricorda la golden age della band. Inoltre, la presenza di Taylor Momsen (dei The Pretty Reckless) e Lzzy Hale (Halestorm) in Wasted on You e Use My Voice danno un ulteriore lustro alle due migliori canzoni del lotto. A queste vanno aggiunte sicuramente Better Without You, Brocken Pieces Shine e Feeding The Dark che diventeranno imprescindibili nel curriculum vitae della band.

Svolta definitiva? Ritorno alle origini? Forse è ancora presto per valutare sulla lunga distanza questo disco, ma una cosa è certa: se rinasco voglio rinascere corista degli Evanescence e calcare con loro i palchi di mezzo mondo.

 

 The Offspring – Let the Bad Times Roll

Quando hai qualcosa che funziona pensi “Oh, cavolo. Non vedo l’ora di farlo uscire!” Ma a volte devi tornarci su e aspettare. Voglio dire, ci siamo presi il nostro tempo da quando è iniziata la pandemia, perché abbiamo pensato: “Questo probabilmente non è il momento migliore per pubblicare un disco, perché poi non possiamo andare in tour, non possiamo promuoverlo, non possiamo suonarlo ai ragazzi”. Abbiamo continuato a lavorare sul disco, adattandolo e modificandolo, ed effettivamente è migliorato nel corso di quest’anno. Poi abbiamo pensato che non potevamo aspettare per sempre decidendo quindi di pubblicarlo. (Dexter Holland ai microfoni di American broadcaster 100.3 The X Rocks)

 

Questo e diverse altre ragioni legali e creative hanno portato i fan della band californiana ad aspettare quasi 10 anni per vedere nei negozi un nuovo disco degli Offspring, ma l’attesa e la ponderazione del gruppo (che ormai poggia quasi esclusivamente sulle spalle larghe di Dexter Holland e di Kevin “Noodles” Wasserman) non è stata vana e oggi tornano con Let the Bad Times Roll che rappresenta un ritorno al passato senza velleità di introiettare la loro musica con sonorità distanti da quel punk rock che li ha resi celebri.

Affascinante fin dalla copertina, il disco è impreziosito dalla produzione di Bob Rock (per chi non lo conoscesse, è a lui che dobbiamo capolavori come Black Album dei Metallica o Dr. Feelgood dei Mötley Crüe).

12 tracce per poco più di 33 minuti di musica che vi faranno ricordare il meglio della discografia degli Offspring con pezzi dal piglio chorus pop come la title track e pezzi più rumorosi e rapidi come Braking These Bones, The Opioid Diaries o Hassan Chop senza tralasciare canzoni più melodiche con tanto di fiati (We Never Have Sex Anymore).

L’album si chiude in bellezza con una versione piano e voce di Gone Away che, per chi ha seguito i live degli ultimi anni della band, sa che ormai è un classico della loro scaletta.

Piccola curiosità: in tutti questi anni di inattività discografica, Dexter Holland è riuscito ad entrare nel club dei punk in carriera universitaria. È tornato con la testa sui libri ed è riuscito a prendere il dottorato in biologia molecolare e adesso può appendere l’attestato accanto a quello di Greg Graffin dei Bad Religion (docente di paleontologia e scienze) e a quello di Milo Aukerman (Discendents), laureato in biochimica. 

 

Baby Strange – Land Of Nothing

La rubrica di questo mese si chiude con una band da tenere sicuramente d’occhio. Questo power trio formato da Johnny Madden (voce e chitarra), Connaire McCann (batteria) e Aidan McCann (basso) che prende il nome da una canzone dei T. Rex è attivo a Glasgow dal 2012, ma il disco che li ha fatti acclamare da pubblico e critica è del 2016 (Want It Need It).

Oggi i Baby Strange tornano con un minidisco di sole 5 tracce che non ha niente da invidiare alla fiorente scena post-punk inglese e scozzese.

La loro musica ricorda un po’ Franz Ferdinand, un po’ gli Interpol dei primi anni e un pizzico di Arctic Monkeys. Oggi questi tre ragazzi scozzesi ci fanno rivivere quella scena alt rock infuocata da dance floor e, forse, disegnano a colpi di chitarra e ritmi serrati una nascente primavera per gli amanti del genere.

Land Of Nothing può essere il punto di partenza per un nuovo Antics o un You Could Have It So Much Better  oppure un Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not.

Provare per credere.

Damiano Sabuzi Giuliani

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