“All’orizzonte” di Lois Lowry: un’autobiografia in versi per raccontare la guerra ai ragazzi
All’Orizzonte di Lois Lowry, scrittrice statunitense per ragazzi, è un racconto autobiografico in versi adatto sia ai giovani che agli adulti e che ci riporta a momenti terribili della storia dell’umanità per poterli non ripetere mai più. La nostra intervista.
Lois Lowry, vincitrice di due medaglie Newbery, già autrice di The Giver, diventato un film nel 2014 con attori protagonisti come Maryl Streep, Jeff Bridge e Taylor Swift, e La famiglia Willoughby, cartone disponibile su Netflix, torna con un’opera autobiografica, All’orizzonte.
Pubblicato da 21 Lettere editore, appartiene a un progetto con cui si impegnano a pubblicare 6 titoli l’anno. Pochi selezionatissimi titoli su cui investire, scelti in base a un criterio: lasciare una traccia. All’orizzonte certamente ci riesce.
Il libro è diviso in tre parti: l’apertura inizia con l’attacco dei giapponesi a Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, dove affondò la nave Arizona.
Una fortuita coincidenza ha voluto che l’autrice, allora bambina, non si trovasse in quell’esatto luogo ma che fosse in gita con la nonna e il padre sulla spiaggia di Waikiki.
Da quella spiaggia, all’orizzonte, anni dopo, rivedendo un vecchio filmino di suo padre, Lowry nota che sullo sfondo si scorgeva la nave Arizona. La nave che di lì a poco diventerà nulla.
I versi delicati di questa prima parte riescono a narrare in maniera toccante le storie di chi giace sul fondo dell’oceano da quel giorno, le storie e le tragedie delle loro famiglie, viste attraverso gli occhi di una bambina.
La seconda parte del libro affronta invece la fine del conflitto mondiale: lo sgancio della bomba atomica su Hiroshima. L’autrice ha vissuto la sua infanzia tra Stati Uniti e Giappone e anche in questa parte, con l’innocenza dei suoi versi, trasmette la tragedia e il dolore di un avvenimento indelebile.
La terza parte è raccontata a partire dal suo trasferimento in Giappone. Narra un incontro tra due culture e popoli opposti ma legati, che hanno subito entrambi una tragedia che ha segnato profondamente la loro storia, e lo fa sempre con l’innocenza dello sguardo di una bambina, cercando di raccontare ciò che è rimasto dopo che l’atomica ha spazzato via ogni cosa.
All’orizzonte è una lettura breve e delicata ma con parole essenziali lascia il segno, facendo capire anche ai più giovani le atrocità che la guerra lascia dietro di sé.
21lettere raddoppia e lancia una collana per ragazzi con “All’orizzonte” di Lois Lowry @LoisLowryWriter https://t.co/wdlnlXtdv1 via @LibrandoMagazi1 #21lettere
— Librando Magazine (@LibrandoMagazi1) January 22, 2021
In questa intervista a Lois Lowry riusciamo a capire maggiormente l’anima delicata di questa autrice e il senso profondo della sua opera.
Lois, da quell’innocente bambina sulla spiaggia ad affermata scrittrice, in All’orizzonte regala versi di vita vissuta durante uno dei periodi più tragici della storia dell’umanità. Come si è sentita a rivivere un momento così personale e delicato e a lasciarlo come un dono nelle mani di giovani lettori?
Apprezzo che tu abbia fatto riferimento a “un regalo”. Penso che sia un dono per i bambini, per rispettare la loro sensibilità e intelligenza. Fingere che i tragici eventi del passato non siano importanti o che non influenzino le loro vite significa render loro un disservizio. Ironia della sorte, alcuni anni fa ho scritto un romanzo distopico, The giver, che è molto popolare tra i lettori adolescenti; ritrae un futuro in cui la storia è stata cancellata, al fine di creare un senso di conforto e sicurezza. Ho provato, in All’Orizzonte, a ritrarre il costo umano della guerra nella speranza che i giovani – gli stessi, spesso, a cui piacciono i videogiochi violenti! – inizieranno ad apprezzare ciò che la nostra storia ci ha insegnato, svilupperanno un senso di empatia.
Nella prima parte il punto di vista statunitense, nella seconda il vissuto giapponese, fino alla terza parte in cui queste due culture si mescolano nella tua vita. Da alcuni versi fa capire la diffidenza del popolo giapponese verso lo straniero subito dopo la fine della guerra, tanto che l’ultimo verso è “Essere amici no. Non allora, non ancora”. Si capisce bene la difficoltà di integrarsi e vivere in un popolo che doveva ricucire un’enorme ferita.
Sì, e questo è vero in molti ambiti della nostra vita, non solo nel contesto della guerra. Negli Stati Uniti siamo solo all’inizio della lotta con la nostra storia di schiavitù; le ferite sono profonde e la guarigione è lenta. Non molto tempo fa ho visitato Dachau e ho guardato gli scolari tedeschi che venivano portati attraverso il campo per assorbire quello che era successo lì tanti anni fa. Sono i giovani di oggi, i bambini di questa generazione, i guaritori. Ci vuole molto tempo. Il ragazzino che ha visto la bomba atomica distruggere Hiroshima, Koichi Seii, ora è mio amico; abbiamo pranzato insieme non molto tempo fa. Ma quando eravamo bambini? Era troppo presto. Viviamo in un mondo molto accelerato. Ma il processo di conciliazione è lungo, lento e spesso doloroso.
Oggi, che vive negli Stati Uniti, quanto resta dentro di lei della cultura giapponese? Quanto è stata segnata negli anni a venire tutti gli accadimenti vissuti in prima persona, quando ancora era piccola per capire realmente cosa stava accadendo?
Quando si è bambini non si comprende appieno. Ma la sensazione rimane ed è importante. Ho lasciato il Giappone quando avevo tredici anni e ora ne ho ottantaquattro. Eppure, il Giappone resta con me: la riservatezza, lo stoicismo, la cortesia, la purezza si trovano nell’arte e nella letteratura. Torno di tanto in tanto e mi ritrovo di nuovo immersa in quelle cose. Mi dispiaccio nel vedere la Tokyo della mia infanzia trasformata, ora, in una frenetica città di grattacieli. Ma ci sono ancora, ovviamente, quegli angoli di dolce quiete che ricordo. E in campagna, nelle isolette del mare interno… molto di tutto ciò sembra fortunatamente immutato. E penso di conservarne un pezzo dentro di me ovunque mi trovi.
Il libro si conclude con un messaggio molto importante e soprattutto molto attuale, vedendo la realtà in cui viviamo: onorare il passato promettendo di adoperarci per un migliore e più pacifico futuro. Viene da chiedersi se siamo davvero sulla strada giusta.
Ho dedicato The Giver, molti anni fa, a “i bambini ai quali affidiamo il futuro”. Forse avrei dovuto usare la stessa dedica per On the Horizon. Entrambi i libri sono racconti di che mettono in guardia, in realtà, ma ognuno termina con un barlume di speranza. Anche se vediamo tanti politici di oggi cadere vittime dell’avidità e dell’interesse personale, vediamo la prossima generazione lavorare per un futuro migliore e meno egoista. Il mio cuore (e la mia speranza) sta con i bambini del mondo.
All’orizzonte
Lois Lowry
21 Lettere editore, 2020
pp. 79, € 9