L’ospite è saltato, “Gianni Morandi è scomparso”
Gianni Morandi è scomparso è il brillante esordio letterario di Silvana Calcagno, che ci conduce dietro le quinte della tivù, con irresistibile ironia. Un giallo rutilante come lo showbiz, per raccontare la complessità di trovare la propria strada.
“Si versano più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte” recita l’epigrafe di Preghiere esaudite di Truman Capote, lasciando intendere che le parole di una santa, anziché spronarci a credere nei miracoli, servono a più disincantate constatazioni. Non sempre quello che sogniamo di ottenere è all’altezza delle aspettative. Tradotto. Alcuni pacchetti luccicanti, quando li scarti, non sono così glamour.
Lo sa bene Anita Giordano, protagonista di Gianni Morandi è scomparso (G.M. Libri, 2021). Un percorso di studi brillante in Lettere moderne concluso cum laude e bacio accademico, che però non le risparmia l’annosa questione di come capitalizzare intelligenza, svariate qualifiche e la conoscenza di numerose lingue straniere alla stregua di un traduttore.
In un Paese dove il diritto al lavoro è debole, le magnifiche sorti sono precarie, come gli stage gratuiti e i lavori a tempo determinato che Anita ha svolto nell’attesa di una solida e gratificante assunzione.
Abituata, come molti, all’idea che grandi cose spettano a chi soffre tanto, Anita si emoziona, ma non si scompone, quando scopre di aver superato il concorso per diventare una dipendente Rai. Finalmente un lavoro prestigioso l’avrebbe ripagata di tutti i sacrifici. Per questo senza indugi lascia la Sicilia alla volta della Capitale. Del resto illustri conterranei hanno lasciato la sua amata isola per sfondare in tivù, da Pippo Baudo a Rosario Fiorello.
Silvana Calcagno con la sua opera prima ci racconta il dietro le quinte del fare televisione, mostrando una realtà diversa da quella scintillante a cui siamo abituati da telespettatori. Una dimensione molto complessa, fatta di duro lavoro, talvolta frustrante, ma anche affascinante, e un’occasione di crescita.
La scatola magica, la televisione, in passato centro del focolare domestico. Maestra di italiano e di esperienze, che ha contribuito all’evoluzione dei costumi e all’unificazione di fatto degli italiani. Additata dai suoi critici come cattiva maestra. Uno strumento potente che forma e influenza l’opinione pubblica. Fanno eco gli allarmismi apocalittici sull’imperante videocrazia, cioè la realtà sostituita dal suo surrogato televisivo, solo ciò che va in video esiste. Televisione che ha unito le famiglie davanti allo schermo, catodico prima e digitale poi, per separarle seguendo una visione frantumata dal second screen e dalle piattaforme digitali.
Come cantano cinicamente gli Afterhours “Sarà che dentro è triste, e starne fuori è una prigione”? Insomma, amata e odiata televisione. Digressioni accademiche sul medium a parte, chi non ha sognato di lavorare in Rai? O anche solo di partecipare a una delle sue trasmissioni? La Rai. L’emittente pubblica. L’industria culturale più grande e importante del Paese.
Sicuramente i familiari, gli amici e i conoscenti di Anita hanno desiderato di passare dall’altra parte dello schermo. Infatti alla notizia della sua assunzione reagiscono con la curiosità emozionata che accomuna gli spettatori. Ognuno di loro pensa al programma preferito, ai presentatori del cuore diventati come persone di famiglia, con i quali c’è una frequentazione più assidua e regolare che con i parenti in carne ed ossa.
Gli indirizzi delle sedi Rai sono familiari a tutto il Paese. Via Teulada, viale Mazzini compongono una mappa condivisa da chi partecipa ai riti officiati secondo un palinsesto ben preciso.
Gianni Morandi è scomparso è una finestra aperta sul primo giorno di lavoro di Anita in Rai. Principalmente presso il centro di produzione di via Teulada e nella sede di viale Mazzini, quella dove è di guarda l’iconico cavallo.
Una giornata di ordinaria follia che coincide con le celebrazioni per i venticinque anni di Storie di Vita. Programma storico del pomeriggio, in onda dal mitico Studio Uno, che per l’occasione avrà l’onore della prima serata.
Inizia per Anita il viaggio nella macchina produttiva di un programma di successo. Tante luci, alcune ombre e una sfilza di personaggi archetipi e di dinamiche professionali che, al netto delle routine produttive televisive, nella loro essenza sono riscontrabili in ogni settore professionale. Ogni collega con le proprie specifiche fissazioni e suscettibilità, che diventano più o meno evidenti in base al livello di mansione dell’interlocutore, secondo una gerarchia ben precisa.
L’avvio della macchina narrativa di Gianni Morandi è scomparso è innescato dalla preparazione della puntata speciale. Pippo Baudo, re indiscusso della tivù e ospite d’onore della serata, all’ultimo momento non può più partecipare. L’ospite è saltato, come si dice in gergo, e questo genera l’effetto domino di uno tsunami. A poche ore dalla diretta e con il vitale bisogno di fare una puntata di successo, pena la cancellazione del programma dal palinsesto, scatta l’ansia di trovare un degno sostituto.
La scelta geniale cade su Gianni Morandi. Da poco tornato in ottimi rapporti con Magalli, padrone di casa di Storie di vita, come testimoniato da un selfie postato sui social che immortala i due abbracciati. L’organizzazione produttiva riparte insieme alle vicende degli organizzatori e degli ospiti.
Una serie di celebrità del pantheon del piccolo schermo come Pippo Baudo, Fiorello, Giancarlo Magalli e Gianni Morandi si mischiano ad artisti come Katia Ricciarelli, Ornella Vanoni, Enrico Montesano e a una folla di personaggi. Ci sono gli ospiti minori dello show, dal prete patito dei Ricchi e Poveri che fa le omelie cantando e ballando, al trans missionario in Africa fan dei Cugini di Campagna. Poi ci sono i colleghi di Anita.
Mirco Marco, autore a caccia permanente di storie e citazionista irriducibile. Giulio Giurdanelli, regista che si sente un dio e come tale semina il panico in sala regia e urlando all’interfono. Micaela Formosini, neo soubrette che mira a ben più di quindici minuti di celebrità, dotata di un cervello che passa inosservato, offuscato dalla sua bellezza. Gino Fortunato, produttore esecutivo desideroso di riscatto. Mariella Caruccia, neo capostruttura con vecchi conti da saldare, antiche ferite da rimarginare e una incontenibile fissazione per l’astrologia. Infine Aldo Magnifichini, il potente e affascinante direttore di rete. Personaggi catturati in un gioco di specchi, aggrappati all’immagine che gli rimandano gli altri. Inevitabilmente segnati da momenti cruciali del passato, che per alcuni è diventato un fermo immagine di un eterno presente.
Anita dovrà gestire delle emozioni contrastanti anche sul versante sentimentale. Quando la rapidità di una innegabile attrazione la convince di aver trovato l’uomo della sua vita in uno dei suoi colleghi, il più bello. Ma è amore o Anita è innamorata dell’idea dell’amore? E il suo interesse è autenticamente ricambiato o è frutto del desiderio di novità? O di un narcisistico bisogno di conquista? Anche il curriculum sentimentale di Anita anela al riscatto e sembrerebbe giunta l’ora di ottenerlo.
In produzione e tra i vari settori la situazione è da battaglia senza esclusione di colpi, tra sabotaggi, veri o presunti, colpi bassi, incomprensioni. Ogni personaggio fa il proprio gioco, spietatamente perseguendo il proprio obiettivo. Più che Mamma Rai è Matrigna Rai.
Lo sguardo “fresco”, perché non abituato a certe dinamiche, di Anita ci mostra l’assurdità di situazioni vissute con un pathos talvolta sproporzionato o di circostanze appesantite da un’acredine gratuita, idiosincrasie ed esaurimenti vari. Non stupisce Jonathan, assistente di produzione senior che affianca Anita, quando le consiglia come comportarsi con i colleghi, “Vanno maltrattati al punto giusto”.
Più che dai consigli di Jonathan, Anita è aiutata da un superpotere, frutto dell’evoluzione di una sensibilità fuori dal comune. Si trasmette per discendenza matrilineare. Prima di lei già sua mamma e sua nonna ne hanno sperimentato il peso. Grazie a questo “dono” Anita riuscirà a vedere i suoi colleghi, apparentemente cinici e disillusi, con maggior compassione, perché sarà capace di andare al di là delle apparenze e delle maschere che ognuno di loro indossa.
A fronte di un giudizio affrettato, basterebbe ricordarsi che ogni persona racchiude in sé un mondo sfaccettato e complesso. La maschera non è che la punta di un iceberg, che affiora in superficie dalla cartografia dell’anima, dove sono impressi i segni di gioie e dolori. Non ci sono buoni o cattivi assoluti, ma soltanto persone meno risolte di altre, o meno coraggiose, o più ferite, ma tutte capaci di riscatto. Sarà proprio un gesto di gratuita generosità compiuto in passato da uno di loro a rivelarsi decisivo.
Tra episodi divertenti, spiazzanti, talvolta tragici, il romanzo scorre piacevolmente in un crescendo rocambolesco, tra battute fulminanti e scene memorabili.
Sostenuta da una scrittura matura e sicura, la costruzione della storia abilmente giostra con più generi – giallo, fantasy, romanzo di formazione – mantenendo costante uno sguardo ironico che però non impedisce di sperimentare la ricchezza emotiva regalata dalle storie che si incastonano nella vicenda più generale. Storie di vittorie ma anche di perdite. Risate e lacrime.
Il viaggio dell’eroe di Anita, alla fine della giornata più lunga della sua vita e degli inevitabili strascichi, le permetterà di individuare i desideri più veri e di diventare la protagonista indiscussa della sua vita, guidata dalla consapevolezza e dal non più negoziabile mantra “decido io”.
Giusy Andreano
Gianni Morandi è scomparso
di Silvana Calcagno
G.M. Libri, 2021
pp. 312, € 17,10