La casa delle madri, la complessità delle relazioni familiari
Il romanzo di Daniele Petruccioli pubblicato da Terrarossa è tra i 12 candidati al premio Strega 2021.
L’autore, al suo esordio come romanziere, è molto conosciuto soprattutto come traduttore, in particolare di opere letterarie dell’area lusofona, collaborando ormai da anni con diverse case editrici e avendo prestato le sue parole a numerosi autori e ai loro romanzi.
Terrarossa è una casa editrice pugliese la cui proposta editoriale lascia spazio alle possibilità del linguaggio, all’invenzione e alla sperimentazione. Anche se questo vuol dire allontanarsi dal mainstream, non andare necessariamente incontro al pubblico ma intercettare lettori curiosi e disponibili a camminare su percorsi meno battuti.
Ma veniamo al romanzo. Delineare la trama in questo caso è poco utile e a poco serve.
“La casa delle madri” si costruisce e vive intorno ai suoi personaggi. E non tanto sul loro agire, quanto sul loro essere.
Ognuno di loro costruisce la propria identità per reazione e sottrazione rispetto agli altri personaggi. A cominciare da Sarabanda e Speedy. Entrambi, ognuno a modo suo, sono il prodotto del contesto in cui nascono – le convenzioni sociali degli anni ’50 e ’60 e la tradizionale morale patriarcale – e si definiscono rispetto alle aspettative sociali e alle loro madri, Nina e Ilide.
Sarabanda diventa la donna che è per reazione e ribellione. E lo stesso accade per Speedy, che però inizialmente cerca di rispondere alle aspettative degli altri su di sé. E lo stesso – lo scarto, la sottrazione, in questo caso anche come separazione e allontanamento – diventa la cifra del rapporto tra loro due. E in qualità di genitori, seppure ognuno con la propria identità, Sarabanda e Speedy influenzano il formarsi di quella dei loro figli e determinano anche il rapporto con e tra i loro figli, i gemelli Ernesto ed Elia, che non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro.
Quello tra Ernesto ed Elia è un rapporto di amore e odio, più di odio forse, ma non si capisce se verso se stessi o verso l’altro. Una sorta di rapporto sadomasochista nelle dinamiche. Responsabilità dei genitori e anche colpa di un “peccato originale”: il loro legame viene inficiato da subito, a partire dalla privazione originale per cui Ernesto nasce malato (a causa dell’uso del forcipe) mentre Elia è sano.
Da qui il senso di colpa dell’uno e la rabbia dell’altro. Sono asimmetrici nel corpo e nelle singole scelte che, consapevolmente o inconsapevolmente, operano per affermare il proprio essere per differenza verso l’altro.
È un continuo movimento in direzioni uguali e contrarie, un romanzo che spesso si costruisce su iati interni.
Osservando i personaggi dalla prospettiva privilegiata che ci offre l’autore, vediamo scorrere la vita in un movimento che ha un po’ della risacca del mare, con quell’andare avanti, ritrarsi e poi tornare, con alcune scene e dettagli che vengono narrati e poi ripresi e richiamati più volte. Una vita che scorre senza particolari eventi se non quelli che appartengono alla vita di tutti: le nascite, la malattia, le morti, le feste di compleanno dei bambini, le veglie funebri (bellissima e teatrale la scena della morte del notaio), le feste, il sesso.
E così sono inevitabilmente numerosi i temi che il romanzo, quasi incidentalmente, affronta: le relazioni familiari, la perdita, il ruolo genitoriale – ruoli, quello della madre e quello del padre, magari diversi eppure entrambi in qualche modo condannati inevitabilmente a sbagliare -, la disabilità, e altre tematiche che la sensibilità del lettore può cogliere in maniera maggiore o minore a seconda della risonanza con le proprie corde.
Anche i luoghi, altro cardine su cui si muove il romanzo, prendono vita tra le pagine, spesso per scarto tra quello che sono stati e la nuova fisionomia che i nuovi proprietari vogliono dare loro.
E la casa, anzi le case – quella che è stata del notaio, quella del mare, quella sopra i tetti – diventano emanazione dell’essere, si trasformano mentre vengono abitate, vivono con i loro abitanti e nel ricordo vivono intrecciati ad essi.
A condurci attraverso le pagine, lungo i corridoi, sopra i tetti e attraverso i giochi di luce e ombre, è una scrittura fatta di periodi lunghi, di incisi, di parentesi, una scrittura che – parafrasando Giovanni Turi, direttore editoriale di Terrarossa – assomiglia a rivoli e affluenti, ognuno con il suo corso, che poi si raccolgono e sfociano nello stesso fiume.