Il Perù “en espera” del nuovo Presidente
Il marxista Castillo è uscito vincente dal ballottaggio ma la rivale Fujimori ha chiesto di ricontare le schede per sospetta frode: il nome del nuovo Capo di Stato è in mano al Tribunale Elettorale.
Un Perù nettamente diviso in due attende di conoscere il nome del suo nuovo Presidente della Repubblica. Dopo il ballottaggio di domenica 6 Giugno a concludere un testa a testa all’ultimo spoglio, è il nome di Pedro Castillo ad ottenere la maggioranza. Un sorpasso che arriva veramente per un soffio, la differenza di voti è minimale: circa 60 mila in più a favore di Perù Libre su Fuerza Popular.
In questo modo Castillo, di estrazione comunista, sarebbe confermato con il 50,25% a fronte del 49,8% della rivale Keiko Fujimori, esponente della destra liberista. Ma, oltre una settimana dopo il turno elettorale, ancora non può dirsi vincente. Se la richiesta di annullamento di 200 mila schede e di riconteggio di 300 altre mila da parte di Fujimori trovasse fondamento e andasse a buon fine, il risultato sarebbe evidentemente ribaltato.
Keiko Fujimori, infatti, ha accusato di frode lo spoglio elettorale: il sospetto è legato all’assenza assoluta di voti a proprio favore nell’entroterra rurale dove, invece, il rivale è volato raggiungendo anche il 90% delle preferenze. Sebbene la prima valutazione dell’ONPE (l’Organo di Controllo Elettorale) rassicuri sulla validità della votazione, si attende una decisione ufficiale sulla possibilità di procedere con un’indagine da parte del Tribunale Elettorale. Il secondo turno, fino adesso, conferma l’esito del primo, avvenuto a metà Aprile, quando Perù Libre era andato oltre il 18% contro il 13% di Fuerza Popular.
Pedro Castillo, 51 anni, figlio di contadini, rappresenta la sinistra marxista–leninista ed è un insegnante elementare entrato nel mondo della politica in occasione degli scioperi del 2017, quando è stato leader sindacale. Nella sua strategia di governo, elementi chiave sarebbero l’investimento economico sul sistema scolastico, per cui ha promesso un incremento dal 3,5% al 10% del PIL, e la rinegoziazione dei contratti con le aziende che gestiscono le miniere locali e rappresentano una grande fetta dell’economica del Paese. Nei piani di Castillo c’è anche la riscrittura della Costituzione – voluta e promulgata dal governo di Fujimori padre – in nome della lotta alle diseguaglianze e del sostegno ai diritti umani, argomenti fortemente presenti nella sua campagna elettorale.
La politica di Castillo, come dicevamo, ha trovato largo consenso nelle aree rurali del Paese, dove le ineguaglianze imperversano e il COVID ha fatto il maggior numero di vittime. Ma non mancano i detrattori, tra lobbisti e classi elitarie, che temono una riforma troppo radicale e un attacco alla proprietà privata: durante la campagna elettorale Castillo è stato più volte associato alla guerriglia del Sendero Luminoso, in modo da gettare una luce di instabilità e insicurezza sul futuro della Nazione in caso di sua vittoria.Il candidato ha sempre respinto le accuse.
Keiko Fujimori, invece, è al suo terzo tentativo ed è figlia “d’arte”: il padre Alberto ha guidato il Paese negli anni novanta per essere poi condannato per strage e violazione dei diritti umani durante l’ultimo dei suo mandati. L’idea di una negativa eredità o, comunque, di un legame con la vecchia guardia ha sicuramente pesato sull’esito delle urne. Del resto la stessa Keiko ha sulle spalle un’accusa di finanziamento irregolare della campagna elettorale del 2018: libera su cauzione, se non dovesse essere eletta dovrebbe affrontare il processo.
Se, invece, dovesse spuntarla con la linea della frode, ha promesso una “demodura” ovvero democrazia ma al tempo stesso mano dura, per sua stessa definizione. Per il suo terzo tentativo presidenziale ha promesso sostegno economico per le famiglie delle vittime del coronavirus e l’assicurazione del 40% delle royalties minerarie alle popolazioni locali.
Per sapere quale sarà il futuro del Perù si dovrà attendere la fine del riconteggio, previsto per questa settimana ed allora vedremo se la parte sconfitta manterrà la promessa di riconoscere democraticamente il risultato, così come garantito sia dalla Fujimori che da Castillo.
Peru: Leftist Castillo wins popular vote in presidential race https://t.co/AjnXn7tALz
— BBC News (World) (@BBCWorld) June 16, 2021
Le tensioni post elettorali arrivano in un contesto già destabilizzato: il Perù ha cambiato tre presidenti dal 2018. Francisco Sagasti svolge la funzione ad interim dal 20 novembre 2020, quando è subentrato al dimissionario Manuel Merino che aveva ricevuto l’incarico solo dieci giorni prima.
Il COVID-19 ha contribuito a creare un sostrato di frustrazione e disperazione tra la popolazione che di certo finiscono per pesare sugli avvicendamenti politici. Nonostante due lockdown e le numerose restrizioni attuate già dalla primavera 2020, almeno a livello ufficiale, il Perù è la nazione latina con maggior numero di morti, si parla di 180 mila decessi su una popolazione di 33 milioni. In un contesto in cui le strutture abitative sono sovraffollate e gran parte del sostentamento familiare proviene dall’economia informale, è facile non attenersi alle disposizioni. A questo si aggiunga una struttura sanitaria debolissima che non ha permesso di disporre di ossigeno e terapie intensive adeguate. Anche la campagna vaccinale procede a rilento, con solamente il 4% dei cittadini raggiunti.
Chiunque risulti vincitore sa da quale emergenza dovrà iniziare a partire dal prossimo Luglio.