Di libri che restano: “Educazione europea” di Romain Gary
In un mercato editoriale alla ricerca del Sacro Graal, non tutti i libri superano la prova del tempo. “Educazione europea” di Romain Gary fino ad ora l’ha fatto. Da leggere anche se non è una novità.
Qualche settimana fa su La lettura (numero del 15 agosto) era riportata un’interessante conversazione a cura di Ida Bozzi. Si discuteva a proposito di longevità del libro e a farlo erano l’editrice Eugenia Dubini (NN editore), l’editor e scrittore Antonio Franchini, il traduttore e autore Daniele Petruccioli e il premio Strega 2021 Emanuele Trevi.
Vi faccio sintesi e ci metto in mezzo del mio: il mercato editoriale attuale ci bombarda di novità.
Lasciando da parte la difficoltà di orientarsi nelle molteplici sollecitazioni di marketing, di fatto il lettore si trova di fronte a un’offerta che ha due caratteristiche principali: la quantità (la qualità ancora esiste ma ovviamente va cercata con sempre maggiore attenzione) e la velocità. Accade sempre più spesso che un libro prima sovraesposto, pochi mesi dopo possa essere già scomparso dal radar e dagli scaffali.
Ma del resto il mercato editoriale, per quanto mosso dal sacro fuoco della letteratura (quando va bene!), è specchio di altri settori della nostra economia e della società nel suo complesso: si produce a dismisura, la quantità non riesce ad essere assorbita dalla domanda che affoga sotto ondate e ondate di novità, quello che non viene assorbito va al macero.
Ci sono una serie di elementi che gli editori cercano di dominare per individuare il titolo che possa vincere la sfida del tempo. Ma le variabili sono così mutevoli e imprevedibili che non è possibile formulare una regola aurea.
Il libro che si attesta nel tempo diventa una sorta di Sacro Graal.
In questa categoria possono rientrare i classici ovviamente, magari riproposti come novità in una nuova traduzione o con una nuova curatela. Ci sono anche quei libri che, al momento della loro prima pubblicazione (se sono riusciti a trovare un editore), non vengono degnati dell’attenzione che meritano fino a quando, anni o decenni dopo, qualcosa – non meglio definito! – li porta alla ribalta posizionandoli in modo definitivo. E poi ci sono quei testi che appena pubblicati vendono subito tantissimo e continuano a essere venduti e letti per lungo tempo. Di questi, soprattutto per i nostri contemporanei, bisognerà aspettare la prova del tempo.
Da lettrice oggi scelgo di parlare di un libro di quelli che sono riusciti a imporsi nel tempo e rimanere nel cuore dei lettori. Il libro in questione è “Educazione europea“ di Romain Gary, pubblicato nel 1945.
Né il libro né il suo autore hanno in alcun modo bisogno di un’ulteriore pagina di commento.
Il mio è un omaggio da parte di una lettrice che vuole condividere questo libro con altri lettori che, magari più giovani o solo distratti da tante novità in continua uscita, possono non aver ancora incontrato questo romanzo sulla loro strada.
Partiamo dal principio. Educazione europea è il romanzo d’esordio di Gary allora trentenne. Lui personaggio affascinante: origini lituane, aviatore nella resistenza francese, carriera diplomatica. Unico autore ad aver vinto per due volte il prestigioso Premio Goncourt, tra i suoi libri più famosi La vita davanti a sé e La promessa dell’alba. Cito anche Cane Bianco, forse sua opera minore che a me però ha comunque stritolato un po’ lo stomaco.
Siamo nella Polonia occupata dai Nazisti, nei primi anni Quaranta. Nel freddo delle foreste c’è un’umanità che resiste. Sullo sfondo gli echi della battaglia di Stalingrado.
Il libro si divora pagina dopo pagina seguendo le vicende di Janek e degli altri partigiani che fronteggiano l’occupazione tedesca.
Ma nel corso del romanzo la loro storia, il suo respiro abbraccia un’umanità più ampia.
Da una parte la foresta innevata, gli alberi silenziosi muti testimoni di vita e di morte, l’isolamento in cui i partigiani si trovano a vivere e che li fa stringere tra loro alla ricerca di calore e umanità. Nella forza della natura, nel freddo dell’inverno, nel bianco che copre ogni cosa, quella foresta diventa quasi un non luogo e tutti i luoghi.
Dall’altra i riferimenti ad un’Europa culla di libertà, dignità e fraternità, dove si trovano le migliori università, le più grandi biblioteche e le più alte cattedrali, dove esistono i libri e la musica. Un’Europa che in ogni dove (Grecia, Jugoslavia, Norvegia, Francia) sta combattendo per la libertà.
L’istanza di libertà diventa universale. Non è più solo la storia di un gruppo di uomini che resistono nelle foreste polacche. È la storia dell’umanità.
È la storia degli uomini che in fondo sono poco più che formiche su questo mondo ma hanno la capacità di creare bellezza e di sperare con coraggio in un futuro libero che di quella bellezza possa fare la sua cifra.
Il romanzo di Gary diventa così una storia di dolore e di speranza allo stesso tempo. Come l’educazione europea cui rimanda il titolo, che è l’educazione fatta di bombe, massacri, uomini costretti a nascondersi come bestie nelle tane. Ma è anche la capacità degli uomini di creare bellezza, arte e musica, di rifiutarsi di consegnarsi alla disperazione e conservare la propria dignità, di sacrificarsi in nome di ideali che vanno oltre se stessi. Perché se per i grandi ideali tanti uomini sono morti è vero anche che “nessuna cosa importante può morire”.