Vaccini anti COVID-19, MSF: “Dall’Ue solo sterili promesse”

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Abbiamo contattato Elda Baggio, vicepresidentessa di MSF Italia e chirurgo d’emergenza, per parlare della distribuzione dei vaccini anti COVID-19 e sui risultati del COVAX, la coalizione nata per combattere la pandemia.

Bruxelles nel corso dei mesi ha chiuso accordi per 4,5 miliardi di dosi per una popolazione di 450 milioni di persone, ma ad oggi il COVAX ne ha distribuite solamente 250 milioni. Perché ci si trova in questa difficile situazione?

La risposta più semplice è una sola: ancora una volta, gli interessi delle case farmaceutiche hanno prevalso su quelli della popolazione globale. Le società farmaceutiche che hanno sviluppato i vaccini hanno ricevuto miliardi di finanziamenti dai governi senza avere alcun vincolo, sentendosi così libere di imporre il proprio prezzo e di vendere al miglior offerente.

In questo contesto, il COVAX, formato da GAVI (alleanza per i vaccini), OMS e UNICEF con l’obiettivo di condividere competenze e di esperienze e allestire una rete di distribuzione del vaccino unica, è stato progressivamente lasciato indietro mentre i governi più ricchi si sono assicurati le loro dosi attraverso accordi bilaterali con un’industria che ha agito come da copione, vendendo le dosi prima a quegli acquirenti che offrivano di più, come ha fatto quando ha venduto le dosi di vaccino ad Israele, prima di inviare le dosi concordate agli Stati europei, a fronte del prezzo molto più alto che Israele era disposta a pagare. Il rallentamento dell’invio dei vaccini ha fatto sì che mentre ad oggi nei Paesi dell’Ue ci sono dieci dosi per ogni abitante, in quelli a basse risorse solo lo 0,3% della popolazione ha ricevuto almeno una dose di vaccino. 

Christos Christou, presidente internazionale di MSF, ha usato parole dure nei confronti dell’Unione europea parlando addirittura di azioni di osteggiamento. Eppure la Commissione europea si ritiene soddisfatta dell’operato.

All’Unione europea piace l’idea di essere capofila in fatto di equità nella distribuzione dei vaccini, ma il divario tra le belle parole e le azioni concrete è imbarazzante. L’Ue, infatti, continua ad ostacolare le iniziative che permetterebbero ad altri Paesi di produrre in autonomia i vaccini. Infatti l’Unione europea è tra gli oppositori alla sospensione, come fu fatto a suo tempo per i farmaci generici contro l’AIDS, degli accordi commerciali noti con l’acronimo di TRIPS (Trade-Related aspects of Intellectual Property rights), accordi relativi ai diritti di proprietà intellettuale (Brevetti) attinenti al commercio, che l’Italia ha ratificato nel 1994. Infatti ancora nell’ottobre 2020 India e Sudafrica hanno presentato una richiesta («TRIPS Waiver request») con cui propongono di sospendere l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio dei vaccini.

Inoltre le dosi promesse non sono state condivise in modo tempestivo, e a quattro mesi dalla fine dell’anno oltre il 90% di queste dosi non sono ancora state donate. Anche la scelta di non riconoscere i vaccini prodotti nei Paesi a basso e medio reddito (nonostante siano stati approvati dall’OMS) per il suo “Certificato Digitale COVID-19”, alimenta ulteriormente le disuguaglianze globali esistenti e oltre a far crescere la titubanza nei confronti del vaccino.

Ma la battaglia contro il COVID-19 non è una battaglia che si può vincere in solitaria: lasciare una larga parte della popolazione globale fuori dalla campagna vaccinale significa dare la possibilità al virus di andare incontro a nuove mutazioni, con il rischio di ridurre l’efficacia dei vaccini e contribuendo alla sua diffusione in Europa e nel resto del mondo. Ricordiamo poi che, a dispetto di quanto si è letto recentemente, le mutazioni sono legate alla circolazione del virus che se libero di riprodursi, va incontro a mutazioni.

Intervista a cura di Graziano Rossi

Immagine di copertina via msfaccess.org

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