Il patriarcato ha paura. Il mostruoso femminile tra finzione e realtà
Attraverso cinema, letteratura, storie di cronaca, leggende e miti, Jude Ellison Sady Doyle apre le gabbie del patriarcato mostrando il potere femminile temuto e occultato dalle narrazioni dominanti.
«La mostruosità femminile si insinua in ogni mito», ci dice Jude Ellison Sady Doyle all’inizio de Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne (p. 11), saggio pubblicato da Edizioni Tlon grazie alla traduzione di Laura Fantoni. E capiamo subito che è tutto un fatto di potere. Il patriarcato, ponendo – arbitrariamente, artificialmente – l’egemonia dell’uomo sulla donna, genera un ordine in cui tutto ciò che si sottrae al suo disegno è mostruoso. Il testo è infatti significativamente diviso in tre sezioni – Figlie, Mogli, Madri – che coincidono con i ruoli entro cui il patriarcato imprigiona le donne.
Perché alla base di tutto c’è il sesso, o meglio la riproduzione, quella cosa incontrollabile – perfino dal corpo in cui concepimento e gestazione avvengono – su cui l’uomo imprime il suo dominio. E “incontrollabile” ci sembra la parola chiave che accompagna il lettore nell’esplorazione di queste storie di mostruosità (fra realtà e finzione, e dove realtà e finzione reciprocamente si alimentano) attraverso cui Doyle delinea i tratti del patriarcato e la sua paura delle donne. Perché paura e potere vanno a braccetto.
Paura è ciò tramite cui le donne percepiscono il loro stato di sottomissione. Paura è anche ciò che gli uomini provano verso il potere di cui hanno voluto appropriarsi. In quest’ottica capiamo bene il terrore che incutono le storie di possessioni demoniache che aprono la sezione dedicata alle Figlie. Sono quasi sempre adolescenti e preadolescenti, corpi, quindi, in transizione verso l’età adulta, corpi che acquisiscono la facoltà di procreare – facoltà temuta, demonizzata e imbrigliata dal sistema patriarcale. Capiamo meglio allora la trasformazione mostruosa di Regan ne L’Esorcista, film che ha fatto impennare i casi di esorcismi, che a loro volta hanno stimolato produzioni letterarie e cinematografiche: «la finzione plasma le superstizioni, che a loro volta plasmano la finzione» (p. 52). Funziona esattamente così.
Il cinema horrorha un forte legame con stereotipi e mostruosità femminili. Doyle apre a questo proposito uno spaccato sul genere slasher, ricordando che le donne sono grandi spettatrici di questi film, al pari del true crime, come se la visione di tali spettacoli fungesse per loro da catarsi: vedono messi in scena i pericoli che corre il corpo femminile in un mondo dominato dai maschi. Perché è di questo che si tratta: nel patriarcato la donna non ha potere sul proprio corpo. Nella seconda parte infatti, dedicata alle Mogli, anche qui in un intreccio di realtà e finzione – fra mogli reali uccise, leggendarie spose fatate e rettili alieni – Doyle passa in rassegna rappresentazioni mostruose di donne “anomale”, di mogli che non stanno al loro posto.
Ci preme sottolineare come Doyle metta bene in chiaro che dietro queste rappresentazioni mostruose c’è anche l’incubo maschile di un desiderio femminile non eterosessuale. Omofobia e transfobia entrano nel quadro. L’unico sesso legittimo nel patriarcato è quello eterosessuale. E matrimoniale. Un desiderio slegato da queste briglie è mostruoso e fa una brutta fine, come sa bene Lucy Westenra. Ma anche il matrimonio in apparenza più lieto cela incubi, ci dice Doyle nel capitolo dedicato al Matrimonio, dove il binomio matrimonio-felicità si scardina. Così come cela incubi la maternità: il mito dell’istinto materno è brillantemente smantellato in quanto finzione utile al patriarcato, che impone alla donna una disumana abnegazione per il “bene” dei figli. E infatti arrivano i fantasmi: la riemersione mostruosa dell’altra madre, quella messa a tacere.
l'eccellente Dead Blondes and Bad Mothers di Jude Ellison Sady Doyle, edito in italiano da @TlonEdizioni con una copertina di Caterina Ferrante che è abbastanza una bomba; pic.twitter.com/mllUDaIa6w
— Tostoini (@tostoini) April 29, 2021
La sezione dedicata alle Madri, che si apre sui sogni di Mary Shelley, arriva al nocciolo della questione: nel patriarcato l’uomo si appropria del potere di creare la vita. Capiamo allora che la mostruosità per eccellenza è un corpo femminile che si autodetermina. Doyle ci traghetta nell’antico mito di Tiāmat e nelle sue successive configurazioni (da Echidna a Godzilla), tutte forme di una maternità non preordinata dall’uomo-dio-civilizzatore. Di una riproduzione incontrollabile. Mostruosa.
Il patriarcato si pone con la forza (violenza) di una legge naturale e necessaria, ma è tutto fuorché naturale e necessario (come il capitalismo, verrebbe da dire a noi). Ha imposto il dominio di un genere sull’altro. Non solo: ha creato la stessa binarietà dei generi, «stabilendo quali forme possa avere un corpo e chi può definirsi maschio o femmina» (p.149). Questa affermazione illuminante – luminosa nel cuore del libro – decostruisce il sistema nelle sue ultime fondamenta.
Quello del patriarcato è un dominio costantemente minacciato dalla realtà che soggiace alle sue finzioni, dalla fluidità dei generi, dal caos primigenio, da Tiāmat, da Godzilla, dal T-rex di Jurassic Park. In questa meravigliosa rassegna mostruosa c’è infatti uno splendido paragrafo dedicato alla riproduzione anarchica e incontrollabile che regna nel parco di dinosauri gender fluid. Immancabile, colei che consapevolmente sta ai margini, la figura della strega conclude il viaggio. Anche qui fra cinema, mito, folklore, storia e attualità, Doyle tratteggia una figura complessa, ambigua, desiderante, indomita, incontrollabile, padrona di se stessa. Donna che prende il potere e uccide l’uomo violento, «mostro femminista per eccellenza» (p. 252). Modello di resistenza. Di sovversione.
Proprio come il libro di Doyle, che propone una contro-narrazione – costellata di un’ironia che spunta anche nella guida alle fonti posta in appendice, in luogo di una tradizionale bibliografia – in grado di farci vedere quello che non vediamo. E ci piace particolarmente che il testo sia «un’operazione di assemblaggio in stile Frankenstein» (p. 20), dove coesistono blockbuster, folklore, letteratura, cronaca, statistiche. Una ricchezza enciclopedica che si riverbera nella meravigliosa copertina data da Caterina Ferrante all’edizione italiana.
La dialettica tra realtà e finzione ci dice qualcosa sul meccanismo attraverso cui il patriarcato si autoconserva: le sue narrazioni infestano e determinano la realtà. Basti pensare alle leggi che limitano, se non ostacolano del tutto, l’autodeterminazione dei corpi, la genitorialità paritaria, la famiglia “non tradizionale”. I mostri ci aiutano a riconoscere e demolire le finzioni del patriarcato, a portare a galla l’oscurità necessaria a scardinare i cancelli delle sue gabbie, rendendo concepibile un’alternativa al sistema.
Il mostruoso femminile. Il patriarcato e la paura delle donne
Jude Ellison Sady Doyle
Traduzione di Laura Fantoni
Edizioni Tlon, 2021
pp. 304, € 18
Sara Concato
Immagine di copertina via shop.tlon.it